TUTTO FA PENSARE CHE L'UOMO D'OGGI SIA PIÙ
CHE MAI UN ESTRANEO VIVENTE TRA ESTRANEI E CHE L'APPARENTE COMUNICAZIONE DELLA
VITA ODIERNA - UNA COMUNICAZIONE CHE NON HA PRECEDENTI - AVVENGA NON TRA UOMINI
VERI MA TRA I LORO DUPLICATI auto da fè Quale imbecille ha potuto affermare che manca
nel mondo attuale ogni possibilità di comunicazione ? Mai sono esistiti tanti mezzi di
comunicare, né così facili né così irresistibili .
L’importante è che fra questi mezzi sia sacrificata la parola,
che ha il torto di non essere abbastanza polivalente e di pretendere a
qualche durevole verità . L’industria della comunicazione
sarebbe minata alla base se i mezzi espressivi pretendessero di avere
qualche durata nel tempo. Quel che occorre non è il linguaggio, ma
l’interiezione, l’accenno, il grido,
il lampo, l’arabesco che nasce e muore nel giro di pochi
istanti. Quel che abbisogna è ciò che si vede, si ascolta, si
tocca per un attimo solo e poi viene bruciato e sostituito da un’altra
analoga eccitazione . In questa corsa verso il nulla la letteratura sembra
alquanto sacrificata . Non rinunzia però ad aggiornarsi .
I romanzieri descrivono ancora l’uomo ma lo riducono alla figura dei
mannequins di De Chirico, ignorandone i pensieri e
i sentimenti . Restano in coda gli scrittori tradizionali, che
dell’uomo pretendono di non ignorare nulla. Battono una strada buona, ma
sono quasi tutti mediocri, e per essi resta vero che la cattiva
letteratura si fa coi buoni sentimenti. Eppure è proprio su
quella strada che presto o tardi noi incontreremo ancora - di tanto
in tanto - qualche scrittore leggibile .
da auto da fé - 1966 - books.google
le parole se si ridestano
rifiutano la sede
più propizia la carta
di Fabriano l'inchiostro
di china la cartella
di cuoio o di velluto
che le tenga in segreto le parole quando si svegliano
si adagiano sul retro
delle fatture sui margini
dei bollettini del lotto.
sulle partecipazioni
matrimoniali o di lutto le parole non chiedono di meglio
che l'imbroglio dei tasti
nell'Olivetti portatile
che il buio dei taschini
del panciotto che il fondo
del cestino ridottevi
in pallottole le parole non sono affatto felici
di essere buttate fuori
come zambracche e accolte
con furore di plausi
e disonore; le parole preferiscono il sonno
nella bottiglia al ludibrio
di essere lette vendute
imbalsamate ibernate le parole sono di tutti e invano
si celano nei dizionari
perché c'è sempre il marrano
che dissotterra i tartufi
più puzzolenti e più rari le parole dopo un'eterna attesa
rinunziano alla speranza
di essere pronunziate
una volta per tutte
e poi morire
con chi le ha possedute. le parole - satura II - 1962-1970
corno inglese Il vento che stasera suona
attento - ricorda un forte scotere di lame - gli strumenti dei fitti
alberi e spazza l' orizzonte di rame dove strisce di luce si
protendono come aquiloni al cielo che rimbomba ( Nuvole in viaggio,
chiari reami di lassù ! D' alti Eldoradi malchiuse porte
! ) e il mare che scaglia a scaglia livido, muta colore lancia a
terra una tromba di schiume intorte il vento che nasce e
muore nell'ora che lenta s'annera
suonasse te pure stasera
scordato strumento
cuore
L’anima che dispensa furlana e rigodone ad ogni
nuova
stagione della strada, s’alimenta della chiusa passione, la
ritrova a ogni angolo più intensa . La tua voce è quest’anima
diffusa . Su fili, su ali, al vento, a
caso, col favore della musa o d’un
ordegno ritorna lieta o triste. Parlo
d’altro ad altri che t’ignora e il suo
disegno è là che insiste do re la sol
sol ...
le occasioni - 1939
non chiederci la parola
non chiederci la parola che squadri da ogni lato
l'animo nostro informe e a lettere di fuoco
lo dichiari e risplenda come un croco
perduto in mezzo a un
polveroso prato.
ah l'uomo che se ne va sicuro
agli altri e a se stesso amico
e l'ombra sua non cura che la canicola
stampa sopra uno scalcinato muro!
non domandarci la formula
che mondi possa aprirti
sì. qualche storta sillaba e secca come un ramo.
codesto solo oggi possiamo dirti
ciò che non siamo ciò. che non vogliamo.
Non chiedere a noi poeti le parole che descrivano chiaramente la nostra anima
confusa e che con lettere luminose la definiscano e risplendano come un giallo
fiore di zafferano che si stacchi solitario in mezzo a un prato polveroso.
Fortunato l’uomo che avanza senza dubbi in accordo con gli altri e con sè stesso
e non si preoccupa dell’ombra che il sole cocente proietta su un muro
sbrecciato! Non chiederci una formula che sappia svelarti nuovi mondi bensì solo
qualche sillaba imprecisa e secca come un ramo. Solo questo oggi possiamo
rivelarti: quello che non siamo quello che non vogliamo.
presso un rovente muro d'orto,
ascoltare tra i pruni e gli sterpi
schiocchi di merli, frusci di serpi.
nelle crepe del suolo o su la veccia
spiar le file di rosse formiche
ch'ora si rompono ed ora s'intrecciano
a sommo di minuscole biche.
osservare tra frondi il palpitare
lontano di scaglie di mare
mentre si levano tremuli scricchi
di cicale dai calvi picchi.
e andando nel sole che abbaglia
sentire con triste meraviglia
com' é tutta la vita e il suo travaglio
in questo seguitare una muraglia
che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia.
ossi di seppia 1925
SPIEGAZIONE -
uno dei primi componimenti di Montale ... poesia è formata da quattro strofe di varia
lunghezza, la prima e la terza in rima baciata (AABB), la seconda in
rima alternata (CDCD), mentre nella quarta compaiono delle
consonanze . Ad ogni
strofa può essere attribuito un titolo : Strofa 1 > rumori del mezzogiorno Strofa 2 > osservare il suolo Strofa 3 > guarda ... le cicale e
il mare ! Strofa 4
> la vita e le sue fatiche studenti.it
- 2019
e' ridicolo credere
che gli uomini di domani
possano essere uomini
ridicolo pensare
che la scimmia sperasse
di camminare un giorno
su due zampe
é ridicolo
ipotecare il tempo
e lo é altrettanto
immaginare un tempo
suddiviso in più tempi
e più che mai
supporre che qualcosa
esista
fuori dall'esistibile
il solo che si guarda
dall'esistere.
satura II
tramontana Ed ora son spariti i circoli d’ansia che discorrevano il lago del cuore e quel friggere vasto della materia che discolora e muore. Oggi una volontà di ferro spazza l’aria divelle gli arbusti, strapazza i palmizi e nel mare compresso scava grandi solchi crestati di bava. Ogni forma si squassa nel subbuglio degli elementi; è un urlo solo, un muglio di scerpate esistenze: tutto schianta l’ora che passa: viaggiano la cupola del cielo non sai se foglie o uccelli – e non son più. E tu che tutta ti scrolli fra i tonfi dei venti disfrenati e stringi a te i bracci gonfi di fiori non ancora nati come senti nemici gli spiriti che la convulsa terra sorvolano a sciami mia vita sottile, e come ami oggi le tue radici. ossi di seppia1925
felicità raggiunta si cammina
per te sul fil di lama.
agli occhi sei barlume
che vacilla
al piede, teso ghiaccio
che s'incrina
e dunque non ti tocchi
chi più t'ama.
se giungi sulle anime
invase
di tristezza e le
schiari
il tuo mattino è dolce e turbatore
come i nidi delle
cimase.
ma nulla paga il pianto
del bambino
a cui fugge il pallone
tra le case.
ossi di seppia
altro effetto di luna
la trama del carrubo che
si profila
nuda contro l'azzurro sonnolento
il suono delle voci, la trafila delle
dita d'argento sulle soglie,
la piuma che si invischia, un trepestìo
sul molo che si sciogliere
la feluca già ripiega il volo
con le vele dimesse come spoglie. le occasioni
non recidere forbice quel volto
solo nella memoria che si sfolla
non far del grande suo viso in ascolto
la mia nebbia di sempre.
un freddo cala... duro il colpo svetta.
e l'acacia ferita da sé scrolla
il guscio di cicala
nella prima belletta di novembre.
I LIMONI Ascoltami, i poeti laureati
si muovono soltanto fra le piante
dai nomi poco usati: bossi ligustri o acanti. io, per me, amo le strade che riescono agli erbosi
fossi dove in pozzanghere
mezzo seccate agguantano i ragazzi
qualche sparuta anguilla:
le viuzze che seguono i ciglioni,
discendono tra i ciuffi delle canne
e mettono negli orti, tra gli alberi dei limoni.
Meglio se le gazzarre degli uccelli
si spengono inghiottite dall'azzurro:
più chiaro si ascolta il sussurro
dei rami amici nell'aria che quasi non si muove,
e i sensi di quest'odore
che non sa staccarsi da terra
e piove in petto una dolcezza inquieta.
Qui delle divertite passioni
per miracolo tace la guerra,
qui tocca anche a noi poveri
la nostra parte di
ricchezza
ed è l'odore dei limoni. Vedi, in questi silenzi in cui le cose s'abbandonano e sembrano vicine
a tradire il loro ultimo segreto,
talora ci si aspetta
di scoprire uno sbaglio di Natura,
il punto morto del mondo, l'anello che non tiene,
il filo da disbrogliare che finalmente ci metta
nel mezzo di una verità.
Lo sguardo fruga d'intorno,
la mente indaga accorda disunisce
nel profumo che dilaga
quando il giorno piú languisce. Sono i silenzi in cui si vede
in ogni ombra umana che si allontana
qualche disturbata Divinità.
Ma l'illusione manca e ci riporta il tempo
nelle città rurnorose dove l'azzurro si mostra
soltanto a pezzi, in alto, tra le cimase.
La pioggia stanca la terra, di poi; s'affolta
il tedio dell'inverno sulle case,
la luce si fa avara - amara l'anima.
Quando un giorno da un malchiuso portone
tra gli alberi di una corte
ci si mostrano i gialli dei limoni;
e il gelo dei cuore si sfa,
e in petto ci scrosciano
le loro canzoni
le trombe d'oro della solarità.
sono i poeti onorati
pubblicamente ed i nomi poco usati indicano una
poesia intesa ad abbellire la realtà . " io per me "
indica un poeta non laureato , vale a dire lo stesso
Montale .
All'inizio della lirica , il poeta afferma che egli
rifiuta " le piante dai nomi poco usati " preferiti
da " i poeti laureati" , anzì ama un ambiente povero
, un paesaggio di incolore esistenza : I ragazzi che
acciuffano sparute anguille fra le pozzanghere di
aree suburbane grigie dimenticate come i piccoli
orti , con gli alberi – e col profumo – dei limoni .
mahmag.org
Analisi della forma
Leggendo la poesia la prima cosa che si nota è il
recupero di alcuni elementi della tradizione: l’uso
della punteggiatura, la presenza di versi di più
ampio respiro ( endecasillabi, ottonari, novenari) e
delle rime, anche se non è presente uno schema
metrico prestabilito. Numerose sono anche le figure
retoriche: la poesia si apre con un’apostrofe (
“Ascoltami”) e una metafora ( “i poeti laureati”,
cioè coronati di alloro, simbolo della gloria
poetica. Si tratta dei poeti illustri, ufficialmente
riconosciuti per la loro arte ). L’espressione “si
ascolta il sussurro dei rami amici” ai versi 13-14
presenta un’onomatopea (susurro), un’allitterazione
(a-mi) e una sinestesia. L’inizio della terza strofa
ricalca quello della prima, infatti il verbo “Vedi”
ricorda l’ “Ascoltami” del primo verso, inoltre è
presente anche un esempio di correlativo oggettivo,
artificio che consiste nello stabilire una
correlazione tra gli oggetti, ovvero rappresentare
sentimenti ed emozione, dunque qualcosa di
intangibile, attraverso qualcosa di tangibile. Qui
Montale rende il concetto di “varco” attraverso una
serie di significative espressioni: “ uno sbaglio di
Natura”, “il punto morto del mondo”, “l’anello che
non tiene”, “il filo da disbrogliare che finalmente
ci metta nel mezzo di una verità.”. In questi versi
ricorre spesso il verbo “sembrare” che va a
sottolineare e indicare l’illusione. Nell’ultima
strofa il verso 42 ( “la luce si fa avara – amara
l’anima” ) rappresenta un concetto chiave; si noti
la paronomasia avara-amara, che mette in evidenza la
simmetria tra la scarsa luce dell’inverno e
l’inaridirsi del cuore. Non meno importanti sono i
versi conclusivi, in cui grazie ad una metafora-
sinestesia il poeta esprime lo slancio vitale,
evocato dai gialli limoni, che vince la tristezza
invernale.
matteograsso.blogspot.it
Rifiuto della poesia aulica
Il significato programmatico
del testo consiste nel rifiuto di una versificazione
aulica e sublime, qual è quella, ufficiale e
tradizionale, propria dei "poeti laureati", fatta di
nobili presenze e di termini selezionati. Ad essa
Montale contrappone una realtà comune, costituita da
un paesaggio povero e scabro, che vive di presenze
consuete e concrete:
"erbosi / fossi "
" pozzanghere / mezzo seccate "
(con " qualche sparuta anguilla ")
" viuzze "
" ciglioni "
" ciuffi delle canne "
" orti " balbruno.altervista.org
poesia descrittiva e
riflessiva..
il poeta si sofferma a
osservare gli aspetti della realtà per trovare il
varco che lo porti a scoprire il mistero della
natura. È un’illusione che dura poco, ma essa può
rinnovarsi nei momenti più impensati, per esempio,
quando, all’improvviso, nel gelo dell’inverno, da
un cortile ci appaiono i gialli dei limoni, dandoci
un momento di rara ebbrezza. tellusfolio.it
La poesia di Montale si
caratterizza per la ricerca di un linguaggio “scabro
ed essenziale” , forme libere ed aperte, senza,
però, disdegnare la tradizione, facendo i conti con
il linguaggio di D’Annunzio e di Pascoli,
e quindi usando anche forme colte e preziose, ma
avvicinandosi alla concretezza delle cose; egli
fugge da ogni tono eroico e celebrativo (ironizzando
in modo esplicito sui “poeti laureati”) dando vita
ad un linguaggio ironico e colloquiale.
a 40 anni dal Nobel il
Parco Nazionale delle Cinque Terre e la Società
Dante Alighieri hanno istituito con il Comune di
Monterosso un parco letterario dedicato al poeta L’apertura del Parco
Letterario dedicato a Eugenio Montale – ha affermato
Stanislao de Marsanich, presidente de I Parchi
Letterari® – Società Dante Alighieri- è per la
Rete dei Parchi Letterari motivo di grande orgoglio.
Grazie al Parco Nazionale delle Cinque Terre il
doveroso omaggio a uno dei più grandi poeti del
‘900 conferma l’idea di un patrimonio che va oltre
la separazione tra natura e cultura e che
soprattutto prevede la partecipazione consapevole
delle popolazioni ad un processo di evoluzione della
propria identità. illibraio.it - 2017
PASQUETTA
La mia
strada è privilegiata
vi sono interdette le automobili
e presto anche i pedoni (a mia eccezione
e di pochi scortati da gorilla).
O beata solitudo disse il Vate.
Non ce n'è molta nelle altre strade.
L'intellighenzia a cui per mia sciagura
appartenevo si è divisa in due.
C'est emmerdant si dice da una parte
e dall'altra. Chi sa da quale parte
ci si immerda di meno. La questione
non è d'oggi soltanto. Il saggio sperimenta
le due alternative in una volta sola.
Io sono troppo vecchio per sostare
davanti al bivio. C'era forse un trivio
e mi ha scelto. Ora è tardi per recedere.
quaderno di quattro anni
19.4.1975
Crisalide
L'albero verdecupo
si stria di giallo tenero e s'ingromma.
Vibra nell'aria una pietà per l'avide
radici, per le tumide cortecce.
Son vostre queste piante
scarse che si rinnovano
all'alito d'Aprile, umide e liete.
Per me che vi contemplo da quest'ombra,
altro cespo riverdica, e voi siete.
Ogni attimo vi porta nuove fronde
e il suo sbigottimento avanza ogni altra
gioia fugace; viene a impetuose onde
la vita a questo estremo angolo d'orto.
Lo sguardo ora vi cade su le zolle;
una risacca di memorie giunge
al vostro cuore e quasi lo sommerge. Lunge risuona un grido: ecco precipita il
tempo, spare con risucchi rapidi
tra i sassi, ogni ricordo è spento; ed io
dall'oscuro mio canto mi protendo
a codesto solare avvenimento.
Voi non pensate ciò che vi rapiva
come oggi, allora, il tacito compagno
che un meriggio lontano vi portava.
Siete voi la mia preda, che m'offrite
un'ora breve di tremore umano.
Perderne, non vorrei neppure un attimo:
è questa la mia parte, ogni altra è vana.
La mia ricchezza è questo sbattimento
che vi trapassa e il viso
in alto vi rivolge; questo lento
giro d'occhi che ormai sanno vedere.
Così va la certezza d'un momento
con uno sventolio di tende e di alberi
tra le case; ma l'ombra non dissolve
che vi reclama, opaca. M'apparite
allora, come me, nel limbo squallido
delle monche esistenze; e anche la vostra
rinascita è uno sterile segreto,
un prodigio fallito come tutti
quelli che ci fioriscono d'accanto.
E il flutto che si scopre oltre le sbarre
come ci parla a volte di salvezza;
come può sorgere agile
l'illusione, e sciogliere i suoi fumi.
Vanno a spire sul mare, ora si fondono
sull'orizzonte in foggia di golette.
Spicca una d'esse un volo senza rombo,
l'acque di piombo come alcione profugo
rade. Il sole s'immerge nelle nubi,
l'ora di febbre, trepida, si chiude.
Un glorioso affanno senza strepiti
ci batte in gola: nel meriggio afoso
spunta la barca di salvezza, è giunta:
vedila che sciaborda tra le secche,
esprime un suo burchiello che si volge
al docile frangente - e là ci attende.
Ah crisalide, com'è amara questa
tortura senza nome che ci volve
e ci porta lontani - e poi non restano
neppure le nostre orme sulla polvere;
e noi andremo innanzi senza smuovere
un sasso solo della gran muraglia;
e forse tutto è fisso, tutto è scritto,
e non vedremo sorgere per via
la libertà, il miracolo,
il fatto che non era necessario!
Nell'onda e nell'azzurro non è scia.
Sono mutati i segni della proda
dianzi raccolta come un dolce grembo.
Il silenzio ci chiude nel suo lembo
e le labbra non s'aprono per dire
il patto ch'io vorrei
stringere col destino: di scontare
la vostra gioia con la mia condanna.
È il voto che mi nasce ancora in petto,
poi finirà ogni moto. Penso allora
alle tacite offerte che sostengono
le case dei viventi; al cuore che abdica
perché rida un fanciullo inconsapevole;
al taglio netto che recide, al rogo
morente che s'avviva
d'un arido paletto,
e ferve trepido
ossi di seppia
Nixon a Roma
1970 In numero ristretto,
setacciati ma anche esposti a sassaiole e insulti
siamo invitati al banchetto
per l'Ospite gradito. Cravatta nera e niente
code e decorazioni. Non serve spazzolare
sciarpe e ciarpame. Saremo in pochi eletti
sotto i flash, menzionati dai giornali
del pomeriggio che nessuno legge.
Avremo i Corazzieri, un porporato,
le già Eccellenze e i massimi garanti
della Costituzione,
il consommè allo Sherrv, il salmone, gli asparagi
da prender con le molle, il Roederer brut,
i discorsi, gli interpreti, l'orchestra
che suonerà la Rapsodia in blu
e per chiudere Jommelli e Boccherini.
Il cuoco è stato assunto per concorso
e per lui solo forse siamo all'Epifania
di un Nuovo Corso.
L'Ospite è giunto; alcuni
negano che sia stato sostituito.
Gli invitati non sembrano gli stessi.
Può darsi che il banchetto sia differito. Ma
ai toast sorgiamo in piedi coi bicchieri
e ci guardiamo in volto. Se i Briganti
di Offenbach non si sono seduti ai nostri posti
tutto sembra normale. Lo dice il direttore
dei servizi speciali. stefanoborselli.elios.net
a liuba che parte un amico ebreo che lascia
l'italia
non il grillo ma
il gatto
del focolare
or ti consiglia
splendido
lare
della dispersa tua famiglia.
la casa che tu rechi
con te ravvolta
gabbia o cappelliera?,
sovrasta i ciechi tempi come il flutto
arca leggera e basta al tuo riscatto. 1939 le occasioni
primo mottetto
lo sai: debbo
riperderti e non posso.
come un tiro aggiustato mi sommuove
ogni opera, ogni grido e anche lo spiro
salino che straripa
dai moli e fa l'oscura primavera di sottoripa.
paese di ferrame e alberature
a selva nella polvere del vespro.
un ronzìo lungo viene dall'aperto
strazia com'unghia ai vetri. cerco il segno
smarrito, il pegno solo ch'ebbi in grazia da te.
e l'inferno è certo.
II sezione - le occasioni
in giorni come questi spesso la tetraggine m’assale
e il vivere d'ora in ora mi tortura. Ma arrivi tu che sconfiggi la noia coi tuoi discorsi variopinti. Anche oggi cercheremo una breccia. Una parola che ci possa salvare e che ci tenga in bilico sul confine ideale tra realtà e fantasia potrà, anche se per poco, cangiare l'esistenza. diario postumo 1997
per finire
raccomando ai miei posteri
(se ne saranno) in sede letteraria
il che resta improbabile
di fare un bel falò di tutto che riguardi
la mia vita i miei fatti i miei nonfatti
non sono un leopardi
lascio poco da ardere
ed è già troppo vivere in percentuale
vissi al cinque per cento
non aumentate la dose.
troppo spesso invece piove sul bagnato
diario 71 e 72
il fuoco ed il buio
Qualche volta la polvere da sparo
non prende fuoco per umidità
altre volte s'accende senza il fiammifero
o l'acciarino.
Basterebbe il tascabile briquet
se ci fosse una goccia di benzina.
E infine non occorre fuoco affatto
anzi un buon sottozero tiene a freno
la tediosa bisava l'Ispirazione.
Non era troppo arzilla giorni fa
ma incerottava bene le sue rughe.
Ora pare nascosta tra le pieghe
della tenda e ha vergogna di se stessa.
Troppe volte ha mentito ora può
scendere
sulla pagina il buio il vuoto il niente.
Di questo puoi fidarti amico scriba. Puoi credere nel buio
quando la luce mente
mentre ti penso si staccano VELOCI I FOGLI DEL CALENDARIO
. BRUTTO STAMANI IL TEMPO E ANCHE PIÙ PESTIFERO IL TEMPO
. DI TE IL MEGLIO ESPLOSE TRA LENTISCHI ROVI RIVI
GRACIDÌO DI RANOCCHI VOLI BREVI DI TRAMPOLIERI A ME IGNOTI ( I
CAVALIERI D’ITALIA, FIGURIAMOCI ! ) E IO DORMIVO INSONNE TRA
LE MUFFE DEI LIBRI E DEI BROGLIACCI . DI ME ESPLOSE ANCHE IL
PESSIMO : LA VOGLIA DI RISALIRE GLI ANNI, DI SCONFIGGERE
IL PIÈVELOCE CRONO CON MILLE ASTUZIE .
SI DICE CH’IO NON CREDA A NULLA SE NON AI
MIRACOLI . IGNORO CHE COSA CREDI TU, SE IN TE STESSA OPPURE
LASCI CHE ALTRI TI VEDANO E TI CREINO. MA QUESTO È PIÙ CHE UMANO,
È IL PRIVILEGIO DI CHI SOSTIENE IL MONDO SENZA CONOSCERLO . 1969 - satura 1962-70
l'alluvione ha sommerso il pack dei mobili
delle carte dei quadri che stipavano
un sotterraneo chiuso a doppio lucchetto.
Forse hanno ciecamente lottato i marocchini
Rossi, le sterminate dediche di Du Bos
il timbro a ceralacca con la faccia di Ezra
il Valèry di Alain l’originale
dei Canti Orfici – e poi qualche pennello
da barba mille cianfrusaglie e tutte
le musiche di tuo fratello Silvio.
Dieci, dodici giorni sotto un’atroce morsura
Di nafta e sterco. Certo hanno sofferto
Tanto prima di perdere la loro identità.
Anch’io sono incrostato fino al collo se il mio
Stato civile fu dubbio fin dall’inizio.
Non torba m’ha assediato ma gli eventi
Di una realtà incredibile e mai creduta.
Di fronte ad essi il mio coraggio fu il primo
Dei tuoi prestiti e forse non l’hai saputo. satura 1962- 1970
xenia
https://youtu.be/DCbDCY-X9TE -
dalle finestre si vedevano - legge EM
Questa poesia è datata 27 novembre 1966 ed è la
quattordicesima degli Xenia II. È un esempio notevole della scrittura montaliana
dopo la crisi e il silenzio tra la metà degli anni Cinquanta e la metà degli
anni Sessanta: domina un tono colloquiale e dimesso, al confine con la prosa. La
fine di qualsiasi illusione sul valore della propria civiltà e della storia
comporta una rivisitazione dolente o ironica dei propri miti passati, che
Montale stesso demistifica e rinnega: non però per sostituirvi nuovi valori, ma
per prendere atto della mancanza di valori e di significati, sotto la spinta di
un nichilismo senza eccessi, piuttosto cinico e disincantato che corrosivo. Il
coraggio trasmesso dalla moglie al poeta è l’unico valore possibile – inteso
come coraggio di constatare l’insignificanza della vita e cioè come la mancanza
assoluta dei valori.
L’occasione contingente all’origine di questo testo è
l’alluvione che colpì Firenze, con lo straripamento dell’Arno, nel novembre del
1966. La distruzione operata dalle acque fangose sugli oggetti conservati
dal poeta nella cantina diviene l’allegoria della fine dei suoi miti personali e
della crisi ormai irrecuperabile della sua identità. Il riferimento è in
particolare alla ideologia degli anni trenta cioè alla convinzione – tipica
degli intellettuali non fascisti durante il regime – di poter raffermare la
propria identità e difendere il significato della cultura attraverso
l’isolamento e la conservazione dei valori della civiltà e della poesia: la
cantina rappresenta qui la cittadella delle lettere, con i suoi fragili miti. romano luperini -
docenti.lett.unisi.it
Montale considerava
La bufera e altro
il suo libro
«più alto»
uscito nel 1956, diversi anni dopo la
conclusione della seconda guerra mondiale, di quella barbarie, di quella bufera,
è il diario sofferto e allucinato. Satura,
la raccolta pubblicata nel 1971 dopo un lungo silenzio, è la cronaca di una
guerra diversa, non convenzionale e forse più perfida e distruttiva per
l’individuo: a dichiararla è una società che si avvia a diventare moderna
potenza economica. L’antico «male di vivere» si chiama adesso alienazione,
fastidio, noia. corriere.it
…Che la poesia abbia sempre il
carattere di un dono e che pertanto essa presupponga la dignità di chi lo
riceve, questo è forse il maggior insegnamento che DANTE ci abbia lasciato.
E se è vero ch’egli volle essere poeta e nient’altro che poeta, resta quasi
inspiegabile alla nostra moderna cecità il fatto che quanto più il suo mondo si
allontana da noi, di tanto si accresce la nostra volontà di conoscerlo e di
farlo conoscere a chi è più cieco di noi.
EM Ilquotidiano.it
2005
PRIMA DEL
VIAGGIO SI SCRUTANO GLI ORARI
LE COINCIDENZE, LE SOSTE, LE PERNOTTAZIONI
E LE PRENOTAZIONI - DI CAMERE CON BAGNO
O DOCCIA, A UN LETTO O DUE O ADDIRITTURA UN FLAT -
SI CONSULTANO
LE GUIDE HACHETTE E QUELLE DEI MUSEI
SI SCAMBIANO VALUTE, SI DIVIDONO
FRANCHI DA ESCUDOS, RUBLI DA COPECHI
PRIMA DEL VIAGGIO SI INFORMA
QUALCHE AMICO O PARENTE,SI CONTROLLANO
VALIGIE E PASSAPORTI, SI COMPLETA
IL CORREDO, SI ACQUISTA UN SUPPLEMENTO
DI LAMETTE DA BARBA, EVENTUALMENTE
SI DÀ UN’OCCHIATA AL TESTAMENTO, PURA
SCARAMANZIA PERCHÉ I DISASTRI AEREI
IN PERCENTUALE SONO NULLA
PRIMA
DEL VIAGGIO SI È TRANQUILLI MA SI SOSPETTA CHE
IL SAGGIO NON SI MUOVA E CHE IL PIACERE
DI RITORNARE COSTI UNO SPROPOSITO. E POI SI PARTE E TUTTO È OK E TUTTO È PER IL MEGLIO E INUTILE. E ORA CHE NE SARÀ DEL MIO VIAGGIO ?
TROPPO ACCURATAMENTE L’HO STUDIATO
SENZA SAPERNE NULLA. UN IMPREVISTO
È LA SOLA SPERANZA. MA MI DICONO
CHE È UNA STOLTEZZA DIRSELO. satura 1962-1970 https://youtu.be/DQAR4BLmgK0
Sul muro grafito che adombra i sedili rari
l'arco del cielo appare
finito.
Chi si ricorda più del fuoco ch'arse
impetuoso
nelle vene del mondo; in un riposo
freddo le forme, opache, sono sparse.
Rivedrò domani le banchine
e la muraglia, e l'usata strada.
Nel futuro che s'apre le mattine
sono ancorate come barche in rada. ossi di seppia.
Non ho molta fiducia d'incontrarti
nella vita eterna
Era già problematico parlarti
nella terrena
La colpa è nel sistema
delle comunicazioni
Se ne scoprono molte ma non quella
che farebbe ridicole nonché inutili
le altre. poesie disperse
Flauti-Fagotti Una notte, rammento,
intesi un sufolo bizzarro
che modulava un suo canto vetrino.
Non v'era luna: e pure quella nota
aguzza e un poco buffa siccome una
fischiata d'ottavino
illuminava a poco a poco il parco
(così pensavo) e certo nel giardino
le piante in ascoltarla
si piegavano ad arco
verso il terreno ond'ella pullulava;
e a questa ciarla
s'univano altre, ma più gravi, e come
bolle di vetro luminose intorno
stellavano la notte che raggiava.
Di contro al cielo buio erano sagome
di perle,
grandi flore di fuochi d'artifizio,
cupole di cristallo e nel vederle
gli occhi s'abbacinavano
in un gran supplizio!
Esitai un istante: indi balzai
alla finestra e spalancai le imposte
sopra la vasca sottostante; e tosto
fu un tuffarsi di rane canterine,
uno sciacquare un buffo uno svolìo
d'uccelli nottivaghi;
ed improvviso
uscì da un mascherone di fontana
che gettava a fior d'acqua il suo sogghigno,
uno scroscio di riso
soffocato in un rantolo
roco
che l'eco ripeté
sempre più fioco. E allora il buio si rifece in me. sensi e fantasmi di
una adolescente - poesie disperse
L'ARCA La tempesta di primavera ha sconvolto l’ombrello del salice al turbine d’aprile s‘è impigliato nell’orto il vello d’oro che nasconde i miei morti i miei cani fidati, le mie vecchie serve - quanti da allora -quando
il salce era biondo e io ne stroncavo le anella con la fionda- son calati vivi, nel trabocchetto. La tempesta certo li riunirà sotto quel tetto di prima, ma lontano, più lontano di questa terra folgorata dove bollono calce e sangue nell’impronta del piede umano. Fuma il ramaiolo in cucina, un suo tondo di riflessi accentra i volti ossuti, i musi aguzzi e li protegge in fondo la magnolia se un soffio ve la getta. La tempesta primaverile scuote d’un latrato di fedeltà la mia arca, o perduti. la bufera e altro
Quaderno di quattro anni uscì da Mondadori nel
1977. I centoundici componimenti che ne fanno parte risalgono al periodo
1973-77: si tratta quindi
di: un libro composto a cavallo dell'assegnazione del Nobel, in sintonia con
le considerazioni svolte dal poeta nel discorso pronunciato a Stoccolma: È
ancora possibile la poesia? Ed è anche una summa della sua intera storia
poetica e ideale: un bilancio, letterario ed esistenziale, nel quale tornano
gli echi degli scrittori amati - Svevo in primis - e le figure di donne da
sempre protagoniste dei suoi versi, Annetta, Clizia e Mosca.
L'io lirico di un poeta più che maturo riflette sul proprio percorso e
riscopre pressoché immutati i temi degli esordi, le grandi domande degli
inizi: Caso o Necessità, vuoto o indifferenza, sopravvivenza o Nulla. E tra
mito, storia, cronaca e tragedia, anche in questo libro il pessimismo
montaliano si conferma come "l'altra faccia di una; fede profonda".
L'edizione, curata da Alberto Bertoni con la collaborazione di Guido Mattia
Gallerani, oltre a introduzione, commento e note ai testi, è arricchita da
un efficace scritto del critico Cesare Garboli e da un ampio saggio del
poeta Giorgio Orelli. hoepli - 2015 Prosegue con questo volume l'edizione
commentata delle raccolte poetiche di Eugenio Montale. Quaderno di quattro
anni è una delle ultime raccolte montaliane, si ritrovano i temi che il
poeta ha trattato in tutta la sua produzione: la riflessione sulla vita e la
morte, il tempo, la memoria. Liriche profonde fino all'inquietudine, che
hanno lasciato un'impronta indelebile nella storia della nostra letteratura
più recente. feltrinelli - 2015 . .