italo calvino
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Italo Giovanni Calvino Mameli
.
25 APRILE . FORSE NON
FARÒ COSE IMPORTANTI MA LA STORIA È FATTA DI PICCOLI GESTI
ANONIMI FORSE DOMANI MORIRÒ MAGARI PRIMA DI QUEL TEDESCO
MA TUTTE LE COSE CHE FARÒ PRIMA DI MORIRE E LA MIA MORTE
STESSA SARANNO PEZZETTI DI STORIA E TUTTI I PENSIERI CHE
STO FACENDO ADESSO INFLUISCONO SULLA MIA STORIA DI DOMANI
SULLA STORIA DI DOMANI DEL GENERE UMANO .
sentiero dei nidi di ragno
.
|
STORIA
Io cammino
per un bosco di larici
ed ogni mio passo è storia .
Io penso,
io amo, io agisco e questo è storia
forse non farò cose
importanti ma la storia è fatta
di piccoli gesti
e
di tutte le cose che farò prima di morire
saranno pezzetti di
storia e tutti i pensieri di adesso
faranno la storia di
domani . . |
.
I soli libri che riconosco come miei
sono quelli che devo ancora scrivere
*
Nei tempi sempre più congestionati
che ci attendono
il bisogno di letteratura dovrà
puntare sulla massima concentrazione
della poesia e del pensiero
*
in gioventù ogni libro nuovo che si
legge è come un nuovo occhio
che si apre e modifica la vista
degli altri occhi o libri-occhi che si avevano prima
*
lavorando in una casa editrice ho
dedicato più tempo ai libri degli altri che ai miei.
Non lo rimpiango - tutto ciò che serve
all’insieme di una convivenza civile è energia ben spesa .
rai letteratura
COSI CALVINO LEGGEVA E COMMENTAVA I LIBRI
DEGLI ALTRI
http://video.repubblica.it/cosi-calvino-leggeva-e-commentava-i-libri-degli-altri
.
Il camminare
presuppone che ad ogni passo il mondo cambi in qualche suo aspetto e
pure che qualcosa cambi in noi . Perciò gli antichi
maestri della cerimonia del tè decisero che per giungere al
padiglione dove il tè viene servito, l'invitato percorra un lungo
sentiero .
i mille giardini - collezione di sabbia La carta
geografica, insomma, anche se
statica, presuppone un'idea narrativa - è concepita in
funzione d'un itinerario, è un'Odissea .
il viandante sulla mappa
... Ed ecco che come ogni collezione - anche questa - è un
diario
diario di viaggi, certo, ma pure diario di sentimenti, di stati
d’animo, di umori ... O forse diario soltanto di quell’oscura smania
che spinge tanto a mettere insieme una collezione quanto a tenere un
diario, cioè il bisogno di trasformare lo scorrere della propria
esistenza in una serie di oggetti salvati dalla dispersione, o in
una serie di righe scritte, cristallizzate fuori dal flusso continuo
dei pensieri.
...
Molte volte l'impegno che gli uomini mettono in attività che
sembrano assolutamente gratuite, senz'altro fine che il divertimento
o la soddisfazione di risolvere un problema difficile, si rivela
essenziale in un ambito che nessuno aveva previsto, con conseguenze
che portano lontano. Questo è vero per poesia e
arte, come è vero per la scienza e per la tecnologia.
Il gioco è sempre stato il grande motore della cultura.
collezione di sabbia - 1990
Per mio padre il mondo era di là in su
che cominciava
e l’altra parte del mondo, quella di giù,
era solo un’appendice, talvolta necessaria per cose da sbrigare, ma
estranea e insignificante, da attraversare a lunghi passi quasi in
fuga, senza girare gli occhi intorno. Io no, tutto il contrario: per
me il mondo, la carta del pianeta, andava da casa nostra in giù, il
resto era spazio bianco, senza significati; i segni del futuro mi
aspettavo di decifrarli laggiù da quelle vie, da quelle luci
notturne che non erano solo le vie e le luci della nostra piccola
città appartata, ma la città, uno spiraglio di tutte le città
possibili, come il suo porto era già i porti di tutti i continenti
... pag 16
FORSE TUTTO AVREBBE POTUTO ESSERE DIVERSO,
NON MOLTO DIVERSO MA QUEL TANTO CHE CONTA SE QUELLE CESTE NON MI
FOSSERO STATE GIÀ TALMENTE ESTRANEE, SE IL
CREPACCIO TRA ME E MIO PADRE
NON FOSSE STATO COSÌ FONDO ? FORSE TUTTO
QUELLO CHE STA AVVENENDO AVREBBE PRESO UN'ALTRA CHINA, NEL MONDO,
NELLA STORIA DELLA CIVILTÀ, LE PERDITE NON SAREBBERO STATE COSÌ
ASSOLUTE, I GUADAGNI COSÌ INCERTI ? ...
MIO PADRE DICE
COSE SULLA MIGNOLATURA DEGLI OLIVI . IO NON ASCOLTO . GUARDO IL MARE
E PENSO CHE TRA UN' ORA SARÒ ALLA SPIAGGIA . ALLA SPIAGGIA LE
RAGAZZE LANCIANO PALLONI CON LE BRACCIA LISCE, SI TUFFANO NEL
LUCCICHIO, GRIDANO, SCHIZZANO, SU TANTI SANDOLINI E PEDALÒ .
la strada di san giovanni - .
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La cosa che potrebbe avvicinare di più le
generazioni è il
confronto degli errori compiuti, ma è
una esperienza che non si può trasmettere perché
ogni generazione deve fare i suoi errori.
Quello che distingue di più è la parte positiva che ogni generazione
porta con sé, ma questo è per sua natura incomunicabile, perché
appena si cerca di enunciarlo diventa
retorica.
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L’uso di parole oscene
in un discorso pubblico - per esempio
politico - sta a indicare che non si
accetta una divisione di linguaggio privato
e linguaggio pubblico, una gerarchia
sociale di linguaggi eccetera ... Credo poco alle
virtù del
'parlare
francamente' : molto spesso ciò vuol
dire affidarsi alle abitudini più facili, alla pigrizia mentale,
alla fiacchezza delle espressioni banali. È solo nella parola che
indica uno sforzo di ripensare le cose diffidando dalle espressioni
correnti che si può riconoscere l’avvio di un processo liberatorio.
le parolacce - una pietra sopra - 1980
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Il diavolo
oggi è l’approssimativo
Per diavolo intendo
la negatività senza riscatto, da cui non può venire nessun bene. Nei
discorsi approssimativi, nelle genericità, nell’imprecisione di
pensiero e di linguaggio, specie se accompagnati da sicumera e
petulanza, possiamo riconoscere il diavolo come nemico della
chiarezza, sia interiore sia nei rapporti con gli altri, il diavolo
come personificazione della mistificazione e
dell’automistificazione. Dico l’approssimativo, non il complicato;
quando le cose non sono semplici, non sono chiare, pretendere la
chiarezza, la semplificazione a tutti i costi, è faciloneria, e
proprio questa pretesa obbliga i discorsi a diventare generici, cioè
menzogneri. Invece lo sforzo di cercare di pensare e d’esprimersi
con la massima precisione possibile proprio di fronte alle cose più
complesse è l’unico atteggiamento onesto e utile .
Riuscire a definire i propri dubbi è molto più concreto per
qualsiasi affermazione perentoria le cui fondamenta si basano sul
vuoto, sulla ripetizione di parole il cui significato si è logorato
per il troppo uso .
tesi.cab.unipd.it |
Ciò che devo trovare
non è il profumo adatto a una donna che conosco !
È la donna quella che cerco: una donna di cui non conosco che il
profumo ! sotto il sole giaguaro
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Beati quelli il cui
atteggiamento verso la realtà è dettato da immutabili ragioni
interiori !
un'amara serenità - una
pietra sopra - 1980
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Viaggiando si può realizzare che le
differenze sono andate scomparendo: tutte le città tendono ad
assomigliarsi l'una all'altra, i posti hanno mutato le loro forme e
ordinamenti. Una polvere senza forma ha potuto invadere i
continenti.
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comunicare è condividere e qualsiasi cosa condivisa raddoppia il
piacere
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All'origine dell'universo ci sono un atto
d'amore e un piatto di tagliatelle
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Ne prendo atto :
per quanto io mi possa impegnare nel campo politico sono e sarò
sempre incerto, insicuro Debole
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Non c'è nulla più doloroso al mondo di essere cattivi
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Ognuno può coltivare la sua malinconia
solo quando è lontano da casa
allora capisce dove stanno le sue radici
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Ho scoperto una piccola fossetta su una
spalla, sopra l’ascella, soffice, senza ossa sotto, del tipo
di fossette delle guance. Parlo con le labbra sulla fossetta.
«Spalla come guancia», dico. Non si capisce niente.
«Come?» chiede. Ma non le importa nulla di quel che dico.
«Corsa come giugno», dico, sempre nella fossetta. Lei non capisce
quello che faccio ma ne è contenta e ride. È una cara ragazza.
«Mare come arrivo», dico, poi tolgo la bocca dalla fossetta e ci
poso l’orecchio per sentire l’eco. Non si sente che il suo respiro
e, lontano e sepolto, il cuore.
«Cuore come treno», dico.
amore lontano da casa
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La realtà fotografata assume subito un
carattere nostalgico
di gioia fuggitiva sull’ala del tempo
un carattere commemorativo
anche se è una foto dell’altro ieri
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Di fatto ogni silenzio consiste nella
rete di rumori minuti che l'avvolge
- il silenzio dell'isola si staccava da quello del
calmo mare circostante perché era percorso da fruscii vegetali
da versi d'uccelli
o da un improvviso frullo d'ali.
l'avventura di un poeta 1949
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Lo guardavo da lontano
naturalmente elegante, con un’espressione ironica. Aveva l’aria
appartata anche quando conversava con altri. Una volta gli chiesi
una breve intervista, non ricordo su quale argomento. Fu
gentilissimo. Quando trascrissi la registrazione rimasi colpito dal
fatto che le sue brevi frasi sembravano già scritte. C’erano persino
i punti e virgola.
ferdinando
scianna - fotografo -
su IC
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Ipotesi di descrizione di un paesaggio
Ogni volta che ho provato a descrivere
un paesaggio, il metodo da seguire nella descrizione diventa
altrettanto importante che il paesaggio descritto:
si comincia credendo che l'operazione sia
semplice, delimitare un pezzo di
spazio e dire tutto ciò che vi si vede; ma ecco che subito devo
decidere se ciò che vedo lo vedo stando fermo, come di solito stanno
i pittori,
o almeno stavano, al tempo in cui i pittori dipingevano paesaggi dal
vero - tempo che è durato tre secoli a dir tanto, cioè una fase
molto breve della storia della pittura - oppure lo vedo spostandomi
da un punto all'altro entro questo pezzo di spazio in modo da poter
dire quello che vedo da punti diversi, cioè moltiplicando i punti di
vista all'interno di uno spazio tridimensionale. Questo secondo
sistema si presenta come il più giusto quando si tratta di uno
spazio piuttosto ampio, che l'occhio non può abbracciare in un solo
sguardo; e d'altra parte lo scrivere
è un'operazione di movimento di per se.
Anche se adesso che sono seduto qui a scrivere sembro fermo, sono
gli occhi a muoversi, gli occhi
esteriori che corrono avanti e
indietro seguendo la linea di lettere che corre da un margine all'
altro del foglio, e gli occhi interiori che anche loro corrono
avanti e indietro tra le cose sparpagliate della memoria, e cercano
di dare loro una successione, di tracciare una linea tra i punti
discontinui che la memoria conserva isolati, strappati dalla vera
esperienza dello spazio; devo ricostruire una continuità che si è
cancellata nella memoria con l'orma dei miei passi o delle ruote che
mi portavano lungo percorsi compiuti una volta o centinaia di volte.
Dunque è naturale che una descrizione scritta sia un'operazione che
distende lo spazio nel tempo, a differenza di un quadro o più ancora
di una fotografia che concentra il tempo in una frazione di secondo
fino a farlo sparire come se lo spazio potesse esistere da solo e
bastare a se stesso . Ma bisogna subito dire che mentre io scorro
nel paesaggio per descriverlo come risulta dai diversi punti del suo
spazio, naturalmente è anche nel tempo che scorro, cioè descrivo il
paesaggio come risulta nei diversi momenti del tempo che impiego
spostandomi. Perciò una descrizione
di paesaggio, essendo carica di temporalità, è sempre racconto: c'è
un io in movimento, e ogni elemento del paesaggio è carico di una
sua temporalità cioè della possibilità d' essere descritto in un
altro momento presente o futuro.
fotologie.it
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L'AVVENTURA DI UN AUTOMOBILISTA
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1967
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AMORI
DIFFICILI
Certo il costo da pagare è alto ma
dobbiamo accettarlo: non poterci distinguere dai tanti segnali
che passano per questa via, ognuno con un suo significato che resta nascosto
e indecifrabile perché fuori di qui non c'è più nessuno capace di riceverci
e d'intenderci.
...
Appena uscito dalla città m'accorgo che è
buio. Accendo i fari. Sto andando in macchina
da A a B, per un'autostrada a tre corsie, di quelle con la corsia di mezzo
che serve per i sorpassi nelle due direzioni. A guidare di notte anche gli
occhi devono come staccare un dispositivo che hanno dentro e accenderne un
altro, perché non hanno più da sforzarsi a distinguere tra le ombre e i
colori attenuati del paesaggio serale la macchiolina delle auto lontane che
vengono incontro o che precedono, ma hanno da controllare una specie di
lavagna nera che richiede una lettura diversa, più precisa ma semplificata,
dato che il buio cancella tutti i particolari del quadro che potrebbero
distrarre e mette in evidenza solo gli elementi indispensabili, strisce
bianche sull'asfalto, luci gialle dei fari e puntini rossi. È un processo
che avviene automaticamente, e se io stasera sono portato a rifletterci
sopra è perché ora che le possibilità esterne di distrazione diminuiscono
quelle interne prendono in me il sopravvento, i miei pensieri corrono per
conto loro in un circuito d'alternative e di dubbi che non riesco a
disinnestare, insomma devo fare uno sforzo particolare per concentrarmi
sulla guida.
Sono salito in macchina all'improvviso dopo un litigio telefonico con Y. Io
abito ad A, Y abita a B. Non prevedevo d'andarla a trovare, stasera. Ma
nella nostra telefonata quotidiana ci siamo detti cose molto gravi; alla
fine, portato dal risentimento, ho detto a Y che volevo rompere la nostra
relazione; Y ha risposto che non le importava, e che avrebbe subito
telefonato a Z, mio rivale. A questo punto uno di noi due - non ricordo se
lei o io stesso - ha interrotto la comunicazione. Non era passato un minuto
e mi ero già reso conto che l'occasione del nostro litigio era poca cosa in
confronto alle conseguenze che stava provocando. Richiamare Y al telefono
sarebbe stato un errore; l'unico modo di risolvere la questione era di fare
una corsa a B e avere una spiegazione con Y a faccia a faccia. Eccomi dunque
su quest'autostrada che ho percorso centinaia di volte a tutte le ore e in
tutte le stagioni ma che non mi era sembrata mai così lunga.
Per meglio dire, mi sembra d'aver perduto il
senso dello spazio e quello del tempo: i coni
di luce proiettati dai fari fanno sprofondare nell'indistinto il profilo dei
luoghi; le cifre dei chilometri sui cartelloni e quelle che scattano nel
cruscotto sono dati che non mi dicono niente, che non rispondono all'urgenza
delle mie domande su cosa Y sta facendo in questo momento, su cosa sta
pensando. Intendeva davvero chiamare Z o era solo una minaccia buttata lì,
per ripicca? E se diceva sul serio, l'avrà fatto immediatamente dopo la
nostra telefonata, o avrà voluto pensarci sopra un momento, lasciar sbollire
l'arrabbiatura prima di decidere? Z abita come me ad A; ama da anni Y senza
fortuna; se lei gli ha telefonato invitandolo, lui certo si è precipitato in
macchina a B; quindi anche lui sta correndo su quest'autostrada; ogni
macchina che mi sorpassa potrebbe essere la sua, e così ogni macchina che
sorpasso io. Assicurarmene è difficile: le macchine che vanno nella mia
stessa direzione sono due luci rosse quando mi precedono e due occhi gialli
quando le vedo seguirmi nello specchietto retrovisore. Nel momento del
sorpasso posso distinguere tutt'al più che tipo di macchina è, e quante
persone ci sono a bordo, ma le auto col solo guidatore sono la grande
maggioranza, e quanto al modello non mi risulta che la vettura di Z sia
particolarmente riconoscibile.
Come se non bastasse, si mette a piovere.
Il campo visuale si riduce al semicerchio del vetro spazzolato dal
tergicristallo, tutto il resto è oscurità striata o opaca, le notizie che mi
vengono da fuori sono solo bagliori gialli e rossi deformati da un vortice
di gocce. Tutto quello che posso fare con Z è cercare di sorpassarlo e non
lasciare che mi sorpassi, in qualsiasi macchina egli sia, ma non riuscirò a
sapere se c'è e qual è. Sento ugualmente nemiche tutte le macchine che vanno
in direzione di A: ogni auto più veloce della mia che bussa affannosamente
con l'indicatore di direzione nello specchietto per chiedermi strada provoca
in me una fitta di gelosia; e ogni volta che davanti a me vedo diminuire la
distanza che mi separa dalle luci posteriori d'un rivale, è con un balzo di
trionfo che mi getto nella corsia centrale per arrivare da Y prima di lui.
Mi basterebbero pochi minuti di vantaggio: vedendo con che prontezza sono
corso da lei Y dimenticherà subito i motivi del litigio; tutto tra noi
tornerà come prima; Z arrivando comprenderà d'esser stato chiamato in causa
solo per una specie di gioco tra noi due; si sentirà un intruso. Anzi, forse
già in questo momento Y si è pentita di tutto quel che mi aveva detto, ha
cercato di richiamarmi al telefono, oppure anche lei ha pensato come me che
la cosa migliore era venire di persona, s'è messa al volante, ecco che ora
sta correndo in senso opposto al mio su questa autostrada.
Adesso ho smesso di stare attento alle
macchine che vanno nella mia stessa direzione
e guardo quelle che mi vengono incontro e che per me consistono soltanto
nella doppia stella dei fari che si dilata fino a spazzare il buio dal mio
campo visuale per poi sparire di colpo alle mie spalle trascinandosi dietro
una specie di luminescenza sottomarina. Y ha una macchina di modello molto
comune; come la mia, del resto. Ognuna di queste apparizioni luminose
potrebbe essere lei che corre verso di me, a ognuna sento qualcosa che mi si
muove nel sangue come per un'intimità destinata a rimanere segreta, il
messaggio amoroso diretto esclusivamente a me si confonde con tutti gli
altri messaggi che corrono sul filo dell'autostrada, eppure non saprei
desiderare da lei un messaggio diverso da questo.
M'accorgo che correndo verso Y ciò che più
desidero non è trovare Y al termine della mia corsa: voglio che sia Y a
correre verso di me, è questa la risposta di cui ho bisogno, cioè ho bisogno
che lei sappia che io sto correndo verso di lei ma nello stesso tempo ho
bisogno di sapere che lei sta correndo verso di me.
L'unico pensiero che mi conforta è pure quello che mi tormenta di più: il
pensiero che se in questo momento Y sta correndo in direzione di A, anche
lei ogni volta che vedrà i fari di un'auto in corsa verso B si domanderà se
sono io che corro verso di lei, e desidererà che sia io, e non potrà mai
esserne sicura. Ora due macchine che vanno in direzioni opposte si sono
trovate per un secondo affiancate, una vampata ha illuminato le gocce della
pioggia e il rumore dei motori s'è fuso come in un brusco soffio di vento:
forse eravamo noi, ossia è certo che io ero io, se ciò significa qualcosa, e
l'altra poteva essere lei, cioè quella che io voglio sia lei, il segno di
lei in cui voglio riconoscerla, sebbene sia proprio il segno stesso che me
la rende irriconoscibile. Correre sull'autostrada è l'unico modo che ci
resta, a me e a lei, per esprimere quello che abbiamo da dirci, ma non
possiamo comunicarlo né riceverne comunicazione finché stiamo correndo.
Certo mi sono messo al volante per arrivare
da lei al più presto; ma più vado avanti più
mi rendo conto che il momento dell'arrivo non è il vero fine della mia
corsa.
Il nostro incontro, con tutti i particolari inessenziali che la scena d'un
incontro comporta, la minuta rete di sensazioni e significati e ricordi che
mi si dispiegherebbe davanti - la stanza con il philodendron, la lampada
d'opaline, gli orecchini -, e le cose che direi, alcune delle quali di
sicuro sbagliate o equivocabili, e le cose che lei direbbe, in qualche
misura certamente stonate o non quelle comunque che io m'aspetto, e tutto il
rotolio di conseguenze imprevedibili che ogni gesto e ogni parola comporta,
solleverebbero attorno alle cose che abbiamo da dirci, o meglio che vogliamo
sentirci dire, una nuvola di brusio tale che la comunicazione già difficile
al telefono risulterebbe ancora più disturbata, soffocata, sepolta come
sotto una valanga di sabbia. È per questo che ho sentito il bisogno, anziché
continuare a parlare, di trasformare le cose da dire in un cono di luce
lanciato a centoquaranta all'ora, di trasformare me stesso in questo cono di
luce che si muove sull'autostrada, perché è certo che un segnale così può
essere ricevuto e compreso da lei senza perdersi nel disordine equivoco
delle vibrazioni secondarie, così come io per ricevere e comprendere le cose
che lei ha da dirmi vorrei che non fossero altro (anzi, vorrei che lei non
fosse altro) che questo cono di luce che vedo avanzare sull'autostrada a una
velocità (dico così, a occhio) di centodiecicentoventi. Ciò che conta è
comunicare l'indispensabile lasciando perdere tutto il superfluo, ridurre
noi stessi a comunicazione essenziale, a segnale luminoso che si muove in
una data direzione, abolendo la complessità delle nostre persone e
situazioni ed espressioni facciali, lasciandole nella scatola d'ombra che i
fari si portano dietro e nascondono.
La Y che io amo in realtà è quel fascio di
raggi luminosi in movimento, e tutto il resto di lei può rimanere implicito;
e il me stesso che lei può amare, il me stesso che ha il potere d'entrare in
quel circuito d'esaltazione che è la sua vita affettiva, è il lampeggio di
questo sorpasso che sto, per amor suo e non senza qualche rischio, tentando.
E pure con Z (non mi sono affatto dimenticato di Z) il rapporto giusto posso
stabilirlo soltanto se lui è per me solo lampeggio e abbaglio che m'insegue,
o luci di posizione che io inseguo: perché se comincio a prendere in
considerazione la sua persona, con quel tanto - diciamo - di patetico ma
anche d'innegabilmente sgradevole, però pure - devo ammettere - di
giustificabile, con tutta questa sua storia noiosa dell'innamoramento
infelice, e il suo modo di comportarsi sempre un po'"equivoco... bè, non si
sa più dove si va a finire. Invece, finché tutto continua così va benissimo:
Z che cerca di sorpassarmi o si lascia sorpassare da me (ma io non so se è
lui), Y che accelera verso di me (ma non so se sia lei) pentita e di nuovo
innamorata, io che accorro da lei geloso e ansioso (ma non posso farglielo
sapere, né a lei né a nessuno).
Certo, se sull'autostrada fossi assolutamente
solo, se non vedessi correre altre macchine
né in un senso né nell'altro, allora tutto sarebbe molto più chiaro, avrei
la certezza che né Z si è mosso per soppiantarmi, né Y si è mossa per
rappacificarsi con me, dati che potrei segnare all'attivo o al passivo nel
mio bilancio, ma che comunque non lascerebbero adito a dubbi. Eppure se mi
fosse dato di sostituire al mio presente stato d'incertezza una tale
certezza negativa, rifiuterei senz'altro il cambio. La condizione ideale per
escludere ogni dubbio sarebbe che in tutta questa parte del mondo
esistessero solo tre automobili: la mia, quella di Y e quella di Z: allora
nessun'altra macchina potrebbe procedere nel mio senso se non quella di Z, e
la sola macchina diretta in senso opposto sarebbe certamente Y. Invece, tra
le centinaia di macchine che la notte e la pioggia riducono ad anonimi
bagliori, solo un osservatore immobile e situato in una posizione favorevole
potrebbe distinguere una macchina dall'altra e magari riconoscere chi è a
bordo. Questa è la contraddizione in cui mi trovo: se voglio ricevere un
messaggio dovrei rinunciare ad essere messaggio io stesso, ma il messaggio
che vorrei ricevere da Y - cioè che Y si è fatta lei stessa messaggio - ha
un valore solo se io sono messaggio a mia volta, e d'altra parte il
messaggio che io sono diventato ha un senso solo se Y non si limita a
riceverlo come una qualsiasi ricevitrice di messaggi ma se è lei quel
messaggio che io aspetto di ricevere da lei.
Ormai arrivare a B, salire alla casa di Y, trovare che lei è rimasta lì col
suo mal di testa a rimuginare i motivi del litigio, non mi darebbe più
nessuna soddisfazione; se poi sopraggiungesse anche Z ne nascerebbe una
scena da teatro, detestabile; e se invece venissi a sapere che Z si è
guardato bene dal venire o che Y non ha messo in atto la sua minaccia di
telefonargli, sentirei d'aver fatto la parte del cretino. D'altro canto, se
io fossi rimasto ad A, e Y fosse venuta fin lì a chiedermi scusa, mi sarei
trovato in una situazione imbarazzante: avrei visto Y con altri occhi, come
una donna debole, che mi si aggrappa, qualcosa tra noi sarebbe cambiato. Non
riesco più ad accettare altra situazione se non questa trasformazione di noi
stessi nel messaggio di noi stessi. E Z? Anche Z non deve sfuggire alla
nostra sorte, deve trasformarsi anche lui nel messaggio di se stesso, guai
se io corro da Y geloso di Z e se Y corre da me pentita per sfuggire a Z
mentre intanto Z non s'è sognato di muoversi da casa...
A metà dell'autostrada c'è una stazione di
servizio. Mi fermo, corro al bar, compro una
manciata di gettoni, formo il prefisso di B, il numero di Y. Nessuno
risponde. Faccio cadere la pioggia di gettoni con gioia: è chiaro che Y non
ha retto l'impazienza, è salita in macchina, è corsa verso A. Ora sono
tornato sull'autostrada dall'altro lato, corro verso A anch'io. Tutte le
macchine che sorpasso potrebbero essere Y, oppure tutte le macchine che mi
sorpassano. Sulla corsia opposta tutte le macchine che avanzano in senso
contrario potrebbero essere Z, l'illuso. Oppure: anche Y si è fermata a una
stazione di servizio, ha telefonato a casa mia ad A, non trovandomi ha
capito che io stavo venendo a B, ha invertito la direzione di marcia. Ora
stiamo correndo in direzioni opposte, allontanandoci, e la macchina che
sorpasso o che mi sorpassa è quella di Z che anche lui a metà strada ha
provato a telefonare a Y...
Tutto è ancora più incerto ma sento d'avere ormai raggiunto uno stato di
tranquillità interiore: finché potremo controllare i nostri numeri
telefonici e non ci sarà nessuno a rispondere continueremo tutti e tre a
scorrere avanti e indietro lungo queste linee bianche, senza luoghi di
partenza o di arrivo che incombano gremiti di sensazioni e significati sulla
univocità della nostra corsa, liberati
finalmente dallo spessore ingombrante delle nostre persone e voci e stati
d'animo, ridotti a segnali luminosi, solo modo d'essere appropriato a chi
vuole identificarsi a ciò che dice senza il ronzio deformante che la
presenza nostra o altrui trasmette a ciò che diciamo.
gli amori difficili
|
Dove vola l'avvoltoio
Un giorno nel mondo
finita fu l'ultima guerra
il cupo cannone si tacque
e più non sparò
e privo del tristo suo cibo
dall'arida terra
un branco di neri avvoltoi
si levò.
Dove vola l'avvoltoio?
avvoltoio vola via
vola via dalla terra mia
che è la terra dell'amor.
L'avvoltoio andò dal fiume
ed il fiume disse: "No
avvoltoio vola via
avvoltoio vola via.
Nella limpida corrente
ora scendon carpe e trote
non più i corpi dei soldati
che la fanno insanguinar"
Dove vola l'avvoltoio ...
L'avvoltoio andò dal bosco
ed il bosco disse: "No
avvoltoio vola via
avvoltoio vola via.
Tra le foglie in mezzo ai rami
passan sol raggi di sole
gli scoiattoli e le rane
non più i colpi del fucil".
Dove vola l'avvoltoio ...
L'avvoltoio andò dall'eco
e anche l'eco disse "No
avvoltoio vola via
avvoltoio vola via.
Sono canti che io porto
sono i tonfi delle zappe
girotondi e ninnenanne
non più il rombo del cannon".
Dove vola l'avvoltoio ...
L'avvoltoio andò ai tedeschi
e i tedeschi disse: "No
avvoltoio vola via
avvoltoio vola via.
Non vogliam mangiar più fango
odio e piombo nelle guerre
pane e case in terra altrui
non vogliamo più rubar".
Dove vola l'avvoltoio ...
L'avvoltoio andò alla madre
e la madre disse: "No
avvoltoio vola via
avvoltoio vola via.
I miei figli li dò solo
a una bella fidanzata
che li porti nel suo letto
non li mando più a ammazzar"
Dove vola l'avvoltoio ...
L'avvoltoio andò all'uranio
e l'uranio disse: "No
avvoltoio vola via
avvoltoio vola via.
La mia forza nucleare
farà andare sulla Luna
non deflagrerà infuocata
distruggendo le città".
Dove vola l'avvoltoio ...
Ma chi delle guerre quel giorno
aveva il rimpianto
in un luogo deserto a complotto
si radunò
e vide nel cielo arrivare
girando quel branco
e scendere scendere finché
qualcuno gridò:
Dove vola l'avvoltoio?
avvoltoio vola via
vola via dalla testa mia ...
ma il rapace li sbranò.
1 maggio 1958
https://youtu.be/zN2QVA6wx9g
Durante il tradizionale corteo del primo maggio,
a Torino, nel 1958, fu trasmessa dagli altoparlanti una canzone, con la voce
roca di Italo Calvino, che aveva anche scritto il testo per l’amico Sergio
Liberovici, anima di un davvero indimenticabile Cantacronache. Il ritornello
è rimasto nella memoria collettiva, ancora oggi; comincia con una domanda:
dove vola l’avvoltoio ?
effimera.org - 2015
Italo Calvino avait une passion pour la science
et l’expérimentation.
C’est un écrivain qui nous invite toujours à garder l’esprit ouvert.
Aujourd’hui, il aurait presque 100 ans (il est né en 1923). Face aux
transformations profondes auxquelles la littérature, la presse, les moyens
de communication et la recherche sont confrontés, il ne serait pas resté
claquemuré pour défendre la citadelle assiégée.
Il serait sorti pour voir.
francesca serra - prof au département des langues et littératures
romanes unige.ch - 2018
VISITANDO NECROPOLI CON DONNE
VIENE L’ORA DEL TÈ: GIÀ IL POMERIGGIO
È ANDATO. E S’AVVICINA L’ORA
DI COMINCIARE UN NUOVO AMORE
E INSIEME L’ORA DI FINIRLO.
COSÌ PASSA L’ETÀ. CHISSÀ SE UN SEGNO
LASCEREMO, MAGARI SENZA ACCORGERCENE:
UNA PIETRA SQUADRATA TRA LE PIETRE
DELL’ENORME PIRAMIDE, O UNA SPOGLIA
D’OSSA IN UN LOCULO.
17.11.62 - poesie e invenzioni oulipiennes
italocalvino.it
|
CANTAUTORE
- GIORNALISTA SPORTIVO
- CINEMA Premio Internazionale Letterario Mondello
1984 |
Erano sposi
Lei s'alzava all'alba
prendeva il tram, correva al suo lavoro.
Lui aveva il turno che finisce all'alba
entrava in letto e lei n'era già fuori.
Soltanto un bacio in fretta posso darti
bere un caffè tenendoti per mano.
Il tuo cappotto è umido di nebbia.
Il nostro letto serba il tuo tepor.
Dopo il lavoro lei faceva spesa
-buio era già - le scale risaliva.
Lui in cucina con la stufa accesa
fanno da cena e poi già lui partiva.
Soltanto un bacio ...
Mattina e sera i tram degli operai
portano gente dagli sguardi tetri
fissar la nebbia non si stancan mai
cercando invano il sol, fuori dai vetri.
Soltanto un bacio ...
https://youtu.be/vGzrvQDp1uk |
non piu il rombo del cannone
repertorio rappresentato a sanremo e verona per la straordinaria attualità
di Italo Calvino .
Non tutti sanno che fu anche autore di testi di canzoni prioritariamente
nell’ambito del movimento Cantacronache che alla fine degli anni ’50 a
Torino si propose di rinnovare la canzone italiana.
riviera24.it - 2014
30°
anniversario della morte
libro con cd -
Italo Calvino e gli anni delle canzoni
Calvino aveva scritto testi per grandi compositori tra cui Luciano
Berio con cui collaborò per l'opera in due atti La vera storia: per la
prima, una delle interpreti fu Milva.
rockit.it - 2015 |
il pianeta
22370 Italocalvino
Un piccolo
pianeta
scoperto dall’Osservatorio Bassano Bresciano, è stato intitolato a lui
.
il suo nome è infatti
22370 Italocalvino
e anche un cratere
di 68Km di diametro sul pianeta Mercurio è stato intitolato a lui.
eticamente.net - 2014 |
Ermite
à Paris de Italo Calvino
ici un très bel
autoportrait involontaire. Il a les
traits du Mercutio shakespearien qu'il
aurait voulu être et dont il admirait avant tout la légèreté et l'imagination
rêveuse, en même temps que la sagesse, mais aussi le scepticisme et l'ironie
: «un Don Quichotte qui sait très bien ce qui est rêve, ce qui est réalité,
et les vit tous les deux les yeux ouverts».
amazon.com
.
Calvino est à Central Park, où il lance au galop le
cheval qu'il vient de monter
… Après Chicago et
Detroit, le périple se poursuit sur la côte Ouest ; il y croise Lawrence
FerlingheRefusant
toute
exhibition narcissique, Calvino nous offre tti,«le plus intelligent des poètes beatniks», mais y trouve la vie
monotone ...
« Paris est une œuvre de
consultation gigantesque, c'est une ville que l'on consulte comme une
encyclopédie: dès la première page, elle donne toute une série d'informations,
d'une richesse qu'aucune autre ville n'égale .»
lefigaro.fr - 2014
In tanti anni uno cambia e finiscono per cambiare anche i suoi
ricordi . i ricordi di come uno era .
...
il luogo ideale per me è quello in cui è più naturale
vivere da straniero .
...
quando mi trovo in un ambiente in cui posso
illudermi d'essere invisibile, io mi trovo molto bene .
...
Parigi è al contempo un luogo
e un non luogo, è una città museo, una città biblioteca nella quale si può
ritrovare quello che si è perso .
raicultura.it
...
Tutto può cambiare ma non la lingua che ci
portiamo dentro - anzi che ci contiene
dentro di sé come un mondo più esclusivo e definitivo del ventre
materno .
...
New York is perhaps the only
place in America where you feel at the centre and not at the margins, in the
provinces, so for that reason I prefer its horror to this privileged beauty,
its enslavement to the freedoms which remain local and privileged and very
particularized, and which do not represent a genuine antithesis .
eremita a parigi - hermit in paris -
autobiographical writings - pagine autobiografiche - ermite à paris
- 1994
|
calvino alle Olimpiadi di Helsinki 1952 -
giornalista sportivo
L’impermeabile, si capisce, lo portiamo noi comuni mortali, perché la
pioggia non riesce ad offuscare la noia dominante e caratteristica di questo
clima olimpico, costituito dai colori delle tute di allenamento ancor più
vistose delle giacche della divisa da passeggio degli atleti e dei dirigenti
delle varie squadre: gli italiani, col loro splendente doppiopetto, coi
bottoni d’oro, hanno tutti un’aria da principe azzurro: emergono con loro,
in vistosità, i messicani, con le loro giacche rosso-vino, mentre invece gli
inglesi portano una giacchetta nera assai modesta.
carotenuto.blogautore.repubblica.it - 2015 |
CINEMA 1962 -
TI-KOYO E IL SUO PESCECANE - TI-KOYO ET
SON REQUIN DI CLEMENT RICHTER - FAVOLA
SULL'AMICIZIA TRA LO SQUALO MANIDU' E IL BAMBINO TI-KOYO IN POLINESIA .
chi la scrisse?
Italo Calvino.
Gliela chiesi e dopo qualche insistenza riuscii a vincere la sua ritrosia.
Gli piaceva quell'atmosfera fantastica da favola oceanica. Mi disse soltanto
che lo squalo avrebbe dovuto strizzare l'occhio. Quello di Rambaldi a
momenti neanche apriva la bocca. Decidemmo di usare un piccolo squalo vero.
In quei posti è abbastanza normale che i bambini giocassero con questi
animali. Buttammo in una piscina uno squalo tigre. Lo filmammo. Era
totalmente disinteressato a noi. folco
quilici - intervista di
antonio gnoli - repubblica.it - 2015
|
UN OTTIMISTA IN AMERICA
1959-1960
Ho capito come
dominare New York: andare a cavallo.
Nei primi giorni non sapevo. Volevo affittare o
comprare usata una di queste auto dalla coda lunghissima, solo per avere il
senso dell’inserimento nella vita americana; ma tutti mi sconsigliano,
quella è la via sbagliata, avere una macchina a New York è un disturbo: se
per miracolo trovi da parcheggiare la notte davanti a casa, di mattina
presto devi scendere a spostare l’auto sul marciapiede opposto perché è
scaduto il tempo consentito: i newyorkesi veri vanno tutti in taxi. Giusto:
ma non si risolveva il mio problema.
Adesso, finalmente ho capito qual è la prima
cosa che deve fare uno straniero a New York: affittare un cavallo.
È, oltre tutto, la giusta via d’approccio
all’America, la via storica, perché partendo dal cavallo potrò seguire
l’evoluzione dei mezzi di trasporto che hanno caratterizzato la storia
americana, e, se è il caso, arrivare alla Cadillac.
Il guaio è che questa è la prima volta che
monto a cavallo in vita mia.
Per arrivare a Central Park, siccome la scuderia
è piuttosto lontana, nel West Side (una delle poche superstiti tra le molte
scuderie che erano qui intorno), devo cavalcare per una via piena di
traffico e attraversare due avenues.
Dall’alto della sella, domino i tetti delle auto, obbligate a rallentare
dietro il passo del cavallo, prudente sull’asfalto. Sprovvisti di senso
epico, i monelli portoricani che giocano sui marciapiedi mi danno la baia.
A Central Park,
buon fondo un po’ fangoso; per i prati corrono i soliti scoiattoli; intorno,
nell’aria meravigliosamente serena s’alzano i grattacieli; rimbalzo in
arcioni cercando invano di prendere il ritmo del trotto; l’amazzone che mi
accompagna, leggera in sella, mi grida istruzioni tecniche che non capisco;
il mio cavallo s’invischia in pantani o si caccia sotto fronde basse in cui
m’impiglio; la bianca scia d’un reattore si perde sopra i grigi grattacieli
che sfumano downtown; e questa città, che è sempre stata degli ultimi
venuti, da oggi è mia.
books.google.it
.
DA BUON ITALIANO,
CALVINO NON RISPARMIA GIUDIZI E SENSAZIONI SULLE DONNE AMERICANE: SI SCOPRE
UNA NEW YORK PIENA DI RAGAZZE SINGLE ED EMANCIPATE, MENTRE NELLE PICCOLE
CITTADINE LE GIOVANI SONO QUASI TUTTE MARITATE.
SUL TEMA DONNE PIÙ VOLTE VIENE RICHIAMATA LA TESTIMONIANZA DI UN NON MEGLIO
IDENTIFICATO GIOVANNI B., CONNAZIONALE RESIDENTE LAGGIÙ DA TEMPO E, A QUANTO
SI INTUISCE, FERRATO SULL’ARGOMENTO.
GRANDE SENSO PRATICO DEGLI AMERICANI, POI, CHE LI PORTA A DEMOLIRE CASE
CONSIDERATE VECCHIE DOPO DIECI ANNI, E A RICOSTRUIRNE DELLE NUOVE,
MODIFICANDO SPESSO IL PROFILO URBANISTICO DEI QUARTIERI.
giovanni basile - sololibri.net - 2015
«Negli Stati Uniti sono
stato preso da un desiderio di conoscenza e di possesso totale di una realtà
multiforme e complessa e "altra da me", come non mi era mai capitato. È
successo qualcosa di simile a un innamoramento. Tra innamorati, come è
noto,
si passa molto tempo a litigare; e anche adesso che sono tornato, ogni tanto
mi sorprendo mentre tra me e me sto litigando con l'America; ma a ogni modo
continuo a viverci dentro, mi butto avido e geloso su ogni cosa che sento o
leggo di quel paese che pretendo d'esser solo io a capire».
Al ritorno dal suo primo viaggio americano, durato dal novembre del 1959 al
maggio del 1960, Italo Calvino decide di rielaborare il diario con cui ha
tenuto al corrente delle sue «avventure» gli amici einaudiani: intende farne
un libro «come i Viaggi di Gulliver», dichiara. «Partendo per gli Stati
Uniti, e anche durante il viaggio, spergiuravo che non avrei scritto un
libro sull'America (ce n'è già tanti!). Invece ho cambiato idea.
I libri di viaggio sono un modo utile, modesto eppure completo di fare
letteratura. Sono libri che servono praticamente, anche se, o proprio
perché, i paesi cambiano d'anno in anno e fissandoli come li si è visti se
ne registra la mutevole essenza; e si può in essi esprimere qualcosa che va
al di là della descrizione dei luoghi visti, un rapporto tra sé e la realtà,
un processo di conoscenza». Un ottimista in America racconta proprio «un
processo di conoscenza».
Incontri, impressioni e riflessioni mettono a fuoco il mito americano,
soprattutto dal punto di vista antropologico: la mentalità dei singoli e la
società che ne deriva. Il calibratissimo montaggio dei capitoli segue le
tappe della scoperta del «paese degli uomini che hanno scelto la geografia e
non la storia»; il viaggio inizia e finisce a New York, «città impregnata di
elettricità» che conquista Calvino «come una pianta carnivora assorbe una
mosca». Il suo sguardo prefigura qua e là quello del signor
Palomar: «la
coda bassa e larga di certe auto s'inarca nel bordo superiore come una
sottile e falcata linea di sopracciglia e, sotto, i fari sono due enormi
oblunghi dardeggianti hollywoodiani occhi di diva»; «il colore dell'America
è il color parcheggio: una speciale mescolanza di celeste e grigio e rosa e
verdolino, cioè le tinte pastello delle distese d'automobili sotto il sole».
In Un ottimista in America, Calvino racconta il presente della società
americana – la rivolta dei neri e Martin Luther King, i beatniks e i
sindacati, l'invasione dei portoricani, l'Actor's Studio, gli indiani nelle
riserve, la borsa elettronica di Wall Street, le diverse confessioni
religiose – e annota abitudini o dettagli destinati a segnare il futuro
della vecchia Europa: donne che «hanno la possibilità di scegliere il
cavaliere e il marito e di cambiarlo, di non restare mai a cenare a casa
sole»; cambiamenti dell'editoria: «Nelle stazioni delle autostrade, i bar
vendono anche libri.
Accanto a ogni banco di cafeteria c'è l'edicola rotante dei paperbacks»;
novità come i computers, le carte di credito e la televisione a colori; il
paesaggio urbano con i supermarkets, «cattedrali» della civiltà del consumo,
e «il nodo di autostrade cui sempre si giunge nelle vicinanze delle città».
«E dall'aereo, guardando terra, cosa vedi? Pollock, sempre Pollock».
librimondadori.it
AMERICA
is the land of the richness of life, of the fullness of every hour in
the day, the country which gives you the sense of carrying out a huge amount
of activity, even though in fact you achieve very little, the country where
solitude is impossible .
...
What counts is what we are and the way we deepen our
relationship with the world and with others,a relationship that can be one
of both love for all that exists and of desire for its transformation .
...
|
14
RAGIONI PER LEGGERE I CLASSICI
-
.PDF
1
I CLASSICI SONO QUEI LIBRI DI CUI SI
SENTE DIRE DI SOLITO: STO RILEGGENDO .. E MAI .. STO LEGGENDO ..
2
SI DICONO CLASSICI QUEI LIBRI CHE COSTITUISCONO UNA RICCHEZZA PER CHI
LI HA LETTI E AMATI MA COSTITUISCONO UNA RICCHEZZA NON MINORE PER CHI SI
RISERBA LA FORTUNA DI LEGGERLI PER LA PRIMA VOLTA NELLE CONDIZIONI MIGLIORI
PER GUSTARLI .
3
I CLASSICI SONO LIBRI CHE ESERCITANO UN'INFLUENZA PARTICOLARE SIA
QUANDO S'IMPONGONO COME INDIMENTICABILI SIA QUANDO SI NASCONDONO NELLE
PIEGHE DELLA MEMORIA MIMETIZZANDOSI DA INCONSCIO COLLETTIVO O INDIVIDUALE .
4
D'UN CLASSICO OGNI RILETTURA È UNA LETTURA DI SCOPERTA COME LA PRIMA.
5
D'UN CLASSICO OGNI PRIMA LETTURA È IN REALTÀ UNA RILETTURA .
6
UN CLASSICO È UN LIBRO CHE NON HA MAI FINITO DI DIRE QUEL CHE HA DA
DIRE . a classic is a book that has never finished saying what it has
to say
7
I CLASSICI SONO QUEI LIBRI CHE CI ARRIVANO PORTANDO SU DI SÉ LA
TRACCIA DELLE LETTURE CHE HANNO PRECEDUTO LA NOSTRA E DIETRO DI SÉ LA
TRACCIA CHE HANNO LASCIATO NELLA CULTURA O NELLE CULTURE CHE HANNO
ATTRAVERSATO - O PIÙ SEMPLICEMENTE NEL LINGUAGGIO O NEL COSTUME.
8
UN CLASSICO È UN'OPERA CHE PROVOCA INCESSANTEMENTE UN PULVISCOLO DI DISCORSI
CRITICI SU DI SÉ MA CONTINUAMENTE SE LI SCROLLA DI DOSSO.
9
I CLASSICI SONO LIBRI CHE QUANTO PIÙ SI CREDE DI CONOSCERLI PER
SENTITO DIRE TANTO PIÙ QUANDO SI LEGGONO DAVVERO SI TROVANO NUOVI
INASPETTATI INEDITI.
10
CHIAMASI CLASSICO UN LIBRO CHE SI CONFIGURA COME EQUIVALENTE
DELL'UNIVERSO AL PARI DEGLI ANTICHI TALISMANI.
11
IL TUO CLASSICO È QUELLO CHE NON PUÒ ESSERTI INDIFFERENTE E CHE TI
SERVE PER DEFINIRE TE STESSO IN RAPPORTO E MAGARI IN CONTRASTO CON LUI.
12
UN CLASSICO È UN LIBRO CHE VIENE PRIMA DI ALTRI CLASSICI MA CHI HA LETTO
PRIMA GLI ALTRI E POI LEGGE QUELLO RICONOSCE SUBITO IL SUO POSTO NELLA
GENEALOGIA.
13
È CLASSICO CIÒ CHE TENDE A RELEGARE L'ATTUALITÀ AL RANGO DI RUMORE DI
FONDO MA NELLO STESSO TEMPO DI QUESTO RUMORE DI FONDO NON PUÒ FARE A MENO .
14
È CLASSICO CIÒ CHE PERSISTE COME RUMORE DI FONDO ANCHE LÀ DOVE L'ATTUALITÀ
PIÙ INCOMPATIBILE FA DA PADRONA.
.
LEGGERE PER LA PRIMA VOLTA UN GRANDE LIBRO IN ETÀ MATURA È UN PIACERE
STRAORDINARIO: DIVERSO - MA NON SI PUÒ DIRE MAGGIORE O MINORE - RISPETTO A
QUELLO DI AVERLO LETTO IN GIOVENTÙ. LA GIOVENTÙ COMUNICA ALLA LETTURA COME A
OGNI ALTRA ESPERIENZA UN PARTICOLARE SAPORE E UNA PARTICOLARE IMPORTANZA;
MENTRE IN MATURITÀ SI APPREZZANO - SI DOVREBBERO APPREZZARE - MOLTI DETTAGLI
E LIVELLI E SIGNIFICATI IN PIÙ. Ci dovrebbe essere un tempo nella vita
adulta dedicato a rivisitare le letture più importanti della gioventù.
Se i libri sono rimasti gli stessi noi siamo certamente cambiati, e
l'incontro è un avvenimento del tutto nuovo .
.
ITALIANI VI ESORTO AI CLASSICI
- L'ESPRESSO 28 GIUGNO 1981 - PP. 58-68 -
PERCHÉ LEGGERE I CLASSICI - 1995
it.wikiquote.org - keynes.scuola.bo.it - unife
nybooks.com/1986/why-read-the-classics
unlibrotiralaltroovveroilpassaparoladeilibri.it/perche-leggere-i-classici .
I classici sono libri
che quanto più si crede di conoscerli per sentito dire, tanto più quando si
leggono davvero si trovano nuovi, inaspettati, inediti . Naturalmente questo
avviene quando un classico 'funziona' come tale, cioè stabilisce un rapporto
personale con chi lo legge . Se la scintilla non scocca,
niente da fare : non si leggono i classici per dovere o per
rispetto, ma solo per amore . Tranne che a scuola: la
scuola deve farti conoscere bene o male un certo numero di classici tra i
quali (o in riferimento ai quali) tu potrai in seguito riconoscere i 'tuoi'
classici .
perché leggere i classici - 1995
.
|
Leggere è andare incontro a qualcosa che sta per
essere e ancora nessuno sa cosa sarà ...
Ogni nuovo libro che leggo
entra a far parte di quel libro
complessivo e unitario
che è la somma delle mie letture
...
|
APOLOGO SULL’ONESTÀ NEL PAESE DEI CORROTTI
C'ERA UN PAESE CHE SI REGGEVA SULL'ILLECITO.
NON CHE MANCASSERO LE LEGGI, NÉ CHE IL SISTEMA POLITICO NON FOSSE BASATO SU
PRINCIPI CHE TUTTI PIÙ O MENO DICEVANO DI CONDIVIDERE. MA QUESTO SISTEMA,
ARTICOLATO SU UN GRAN NUMERO DI CENTRI DI POTERE, AVEVA BISOGNO DI MEZZI
FINANZIARI SMISURATI (NE AVEVA BISOGNO PERCHÉ QUANDO CI SI ABITUA A DISPORRE
DI MOLTI SOLDI NON SI È PIÙ CAPACI DI CONCEPIRE LA VITA IN ALTRO MODO) E
QUESTI MEZZI SI POTEVANO AVERE SOLO ILLECITAMENTE, CIOÈ CHIEDENDOLI A CHI LI
AVEVA, IN CAMBIO DI FAVORI ILLECITI. OSSIA, CHI POTEVA DAR SOLDI IN CAMBIO
DI FAVORI, IN GENERE GIÀ AVEVA FATTO QUESTI SOLDI MEDIANTE FAVORI OTTENUTI
IN PRECEDENZA; PER CUI NE RISULTAVA UN SISTEMA ECONOMICO IN QUALCHE MODO
CIRCOLARE E NON PRIVO DI UNA SUA ARMONIA.
NEL FINANZIARSI PER VIA ILLECITA, OGNI CENTRO DI POTERE NON ERA SFIORATO DA
ALCUN SENSO DI COLPA, PERCHÉ PER PROPRIA MORALE INTERNA CIÒ CHE ERA FATTO
NELL’INTERESSE DEL GRUPPO ERA LECITO, ANZI ERA BENEMERITO, IN QUANTO OGNI
GRUPPO IDENTIFICAVA IL PROPRIO POTERE COL BENE COMUNE; L’ILLEGALITÀ FORMALE
QUINDI NON ESCLUDEVA UNA SUPERIORE LEGALITÀ SOSTANZIALE.
VERO È CHE IN OGNI TRANSAZIONE ILLECITA A FAVORE DI ENTITÀ COLLETTIVE È
USANZA CHE UNA QUOTA PARTE RESTI IN MANO DI SINGOLI INDIVIDUI, COME EQUA
RICOMPENSA DELLE INDISPENSABILI PRESTAZIONI DI PROCACCIAMENTO E MEDIAZIONE:
QUINDI L’ILLECITO CHE PER LA MORALE DEL GRUPPO ERA LECITO, PORTAVA CON SÉ
UNA FRANGIA D’ILLECITO ANCHE PER QUELLA MORALE.
MA A GUARDAR BENE, IL PRIVATO CHE SI TROVA AD INTASCARE LA SUA TANGENTE
INDIVIDUALE SULLA TANGENTE COLLETTIVA, ERA SICURO DI AVER FATTO AGIRE IL
PROPRIO TORNACONTO INDIVIDUALE IN FAVORE DEL TORNACONTO COLLETTIVO, CIOÈ
POTEVA CONVINCERSI CHE LA SUA PROPRIA CONDOTTA ERA NON SOLO LECITA MA
BENEMERITA.
IL PAESE AVEVA NELLO STESSO TEMPO ANCHE UN DISPENDIOSO BILANCIO UFFICIALE,
ALIMENTATO DALLE IMPOSTE SU OGNI ATTIVITÀ LECITA, E FINANZIAVA LECITAMENTE
TUTTI COLORO CHE LECITAMENTE O ILLECITAMENTE RIUSCIVANO A FARSI FINANZIARE.
POICHÉ IL QUEL PAESE NESSUNO ERA DISPOSTO NON DICIAMO A FARE BANCAROTTA, MA
NEPPURE A RIMETTERCI DI SUO (E NON SI VEDE IN NOME DI CHE COSA SI SAREBBE
POTUTO PRETENDERE CHE QUALCUNO CI RIMETTESSE), LA FINANZA PUBBLICA SERVIVA
AD INTEGRARE LECITAMENTE IN NOME DEL BENE COMUNE I DISAVANZI DELLE ATTIVITÀ
CHE SEMPRE IN NOME DEL BENE COMUNE SI ERANO DISTINTE PER VIA ILLECITA.
LA RISCOSSIONE DELLE TASSE CHE IN ALTRE EPOCHE E CIVILTÀ POTEVA AMBIRE DI
FAR LEVA SUL DOVERE CIVICO, QUI RITORNAVA SULLA SCHIETTA SOSTANZA DELL’ATTO
DI FORZA (COSÌ COME IN CERTE LOCALITÀ ALL’ESAZIONE DA PARTE DELLO STATO SI
AGGIUNGEVA QUELLA DI ORGANIZZAZIONI GANGSTERISTICHE O MAFIOSE), ATTO DI
FORZA CUI IL CONTRIBUENTE SOTTOSTAVA PER EVITARE GUAI MAGGIORI, PUR PROVANDO
ANZICHÉ SOLLIEVO DEL DOVERE COMPIUTO LA SENSAZIONE SGRADEVOLE DI UNA
COMPLICITÀ PASSIVA CON LA CATTIVA AMMINISTRAZIONE DELLA COSA PUBBLICA E CON
IL PRIVILEGIO DELLE ATTIVITÀ ILLECITE, NORMALMENTE ESENTATE DA OGNI IMPOSTA.
DI TANTO IN TANTO, QUANDO MENO CE LO SI
ASPETTAVA, UN TRIBUNALE DECIDEVA DI APPLICARE LE LEGGI, PROVOCANDO PICCOLI
TERREMOTI IN QUALCHE CENTRO DI POTERE E ANCHE ARRESTI DI PERSONE CHE AVEVANO
AVUTO FINO AD ALLORA LE LORO RAGIONI PER CONSIDERARSI IMPUNIBILI. IN QUEI
CASI IL SENTIMENTO DOMINANTE, ANZICHÉ DI SODDISFAZIONE PER LA RIVINCITA
DELLA GIUSTIZIA, ERA IL SOSPETTO CHE SI TRATTASSE DI UN REGOLAMENTO DI CONTI
DI UN CENTRO DI POTERE CONTRO UN ALTRO CENTRO DI POTERE. COSÌ CHE ERA
DIFFICILE STABILIRE SE LE LEGGI ERANO USABILI ORMAI COME ARMI TATTICHE E
STRATEGICHE NELLE GUERRE INTESTINE TRA INTERESSI ILLECITI, OPPURE SE I
TRIBUNALI PER LEGITTIMARE I LORO COMPITI ISTITUZIONALI DOVESSERO ACCREDITARE
L’IDEA CHE ANCHE LORO ERANO CENTRI DI POTERE E DI INTERESSI ILLECITI COME
TUTTI GLI ALTRI.
NATURALMENTE UNA TALE SITUAZIONE ERA PROPIZIA ANCHE PER LE ASSOCIAZIONI A
DELINQUERE DI TIPO TRADIZIONALE, CHE COI SEQUESTRI DI PERSONA E GLI
SVALIGIAMENTI DI BANCHE S’INSERIVANO COME UN ELEMENTO DI IMPREVEDIBILITÀ
NELLA GIOSTRA DEI MILIARDI, FACENDONE DEVIARE IL FLUSSO VERSO PERCORSI
SOTTERRANEI, DA CUI PRIMA O POI CERTO RIEMERGEVANO IN MILLE FORME
INASPETTATE DI FINANZA LECITA O ILLECITA.
IN OPPOSIZIONE AL SISTEMA, GUADAGNAVANO TERRENO LE ORGANIZZAZIONI DEL
TERRORE CHE, USANDO QUEGLI STESSI METODI DI FINANZIAMENTO DELLA TRADIZIONE
FUORILEGGE, E CON BEN DOSATO STILLICIDIO D’AMMAZZAMENTI DISTRIBUITI TRA
TUTTE LE CATEGORIE DI CITTADINI ILLUSTRI E OSCURI, SI PROPONEVANO COME
L’UNICA ALTERNATIVA GLOBALE AL SISTEMA. MA IL LORO EFFETTO SUL SISTEMA ERA
QUELLO DI RAFFORZARLO FINO A DIVENTARNE IL PUNTELLO INDISPENSABILE, E NE
CONFERMAVANO LA CONVINZIONE D’ESSERE IL MIGLIOR SISTEMA POSSIBILE E DI NON
DOVER CAMBIARE NULLA.
COSÌ TUTTE LE FORME DI ILLECITO, DA QUELLE PIÙ SORNIONE A QUELLE PIÙ FEROCI,
SI SALDAVANO IN UN SISTEMA CHE AVEVA UNA SUA STABILITÀ E COMPATTEZZA E
COERENZA E NEL QUALE MOLTISSIME PERSONE POTEVANO TROVARE IL LORO VANTAGGIO
PRATICO SENZA PERDERE IL VANTAGGIO MORALE DI SENTIRSI CON LA COSCIENZA A
POSTO. AVREBBERO POTUTO DUNQUE DIRSI UNANIMEMENTE FELICI, GLI ABITANTI DI
QUEL PAESE, NON FOSSE STATO PER UNA PUR SEMPRE NUMEROSA CATEGORIA DI
CITTADINI CUI NON SI SAPEVA QUALE RUOLO ATTRIBUIRE: GLI ONESTI.
ERANO, COSTORO, ONESTI NON PER QUALCHE SPECIALE RAGIONE (NON POTEVANO
RICHIAMARSI A GRANDI PRINCÌPI, NÉ PATRIOTTICI NÉ SOCIALI NÉ RELIGIOSI, CHE
NON AVEVANO PIÙ CORSO); ERANO ONESTI PER ABITUDINE MENTALE, CONDIZIONAMENTO
CARATTERIALE, TIC NERVOSO. INSOMMA NON POTEVANO FARCI NIENTE SE ERANO COSÌ,
SE LE COSE CHE STAVANO LORO A CUORE NON ERANO DIRETTAMENTE VALUTABILI IN
DENARO, SE LA LORO TESTA FUNZIONAVA SEMPRE IN BASE A QUEI VIETI MECCANISMI
CHE COLLEGANO IL DENARO AL LAVORO, LA STIMA AL MERITO, LA SODDISFAZIONE
PROPRIA ALLA SODDISFAZIONE DI ALTRE PERSONE.
IN QUEL PAESE CHE SI SENTIVA SEMPRE A POSTO, GLI ONESTI ERANO I SOLI A FARSI
SEMPRE DEGLI SCRUPOLI, A CHIEDERSI IN OGNI MOMENTO CHE COSA AVREBBERO DOVUTO
FARE. SAPEVANO CHE FARE LA MORALE AGLI ALTRI, INDIGNARSI, PREDICARE LA VIRTÙ
SONO COSE CHE RISCUOTONO TROPPO FACILMENTE L’APPROVAZIONE DI TUTTI, IN BUONA
O IN MALA FEDE.
IL POTERE NON LO TROVAVANO ABBASTANZA INTERESSANTE PER SOGNARLO PER SÉ (O
ALMENO QUEL POTERE CHE INTERESSAVA AGLI ALTRI); NON SI FACEVANO ILLUSIONI
CHE IN ALTRI PAESI NON CI FOSSERO LE STESSE MAGAGNE, ANCHE SE TENUTE PIÙ
NASCOSTE; IN UNA SOCIETÀ MIGLIORE NON SPERAVANO PERCHÉ SAPEVANO CHE IL
PEGGIO È SEMPRE PIÙ PROBABILE.
DOVEVANO RASSEGNARSI ALL’ESTINZIONE? NO, LA LORO CONSOLAZIONE ERA PENSARE
CHE COSÌ COME IN MARGINE A TUTTE LE SOCIETÀ DURANTE MILLENNI S’ERA
PERPETUATA UNA CONTROSOCIETÀ DI MALANDRINI, DI TAGLIABORSE, DI LADRUNCOLI,
DI GABBAMONDO, UNA SOCIETÀ CHE NON AVEVA MAI AVUTO NESSUNA PRETESA DI
DIVENTARE “LA” SOCIETÀ, MA SOLO DI SOPRAVVIVERE NELLE PIEGHE DELLA SOCIETÀ
DOMINANTE E AFFERMARE IL PROPRIO MODO DI ESISTERE A DISPETTO DEI PRINCÌPI
CONSACRATI, E PER QUESTO AVEVA DATO DI SÉ (ALMENO SE VISTA NON TROPPO DA
VICINO) UN’IMMAGINE LIBERA E ALLEGRA E VITALE, COSÌ LA CONTROSOCIETÀ DEGLI
ONESTI FORSE SAREBBE RIUSCITA A PERSISTERE ANCORA PER SECOLI, IN MARGINE AL
COSTUME CORRENTE, SENZA ALTRA PRETESA CHE DI VIVERE LA PROPRIA DIVERSITÀ, DI
SENTIRSI DISSIMILE DA TUTTO IL RESTO, E A QUESTO MODO MAGARI AVREBBE FINITO
PER SIGNIFICARE QUALCOSA D’ESSENZIALE PER TUTTI, PER ESSERE IMMAGINE DI
QUALCOSA CHE LE PAROLE NON SANNO PIÙ DIRE, DI QUALCOSA CHE NON È STATO
ANCORA DETTO E ANCORA NON SAPPIAMO COS’È.
italo calvino - romanzi e racconti - racconti e apologhi sparsi
- la repubblica 15 marzo 1980
carlo forin -
tellusfoglio.it - girodivite.it - eddyburg.it - internetculturale.it -
skyblog.
|
*
i
CLASSICI
quanto
più si crede di conoscerli per sentito dire tanto più quando
si leggono davvero si trovano nuovi inaspettati inediti
perchè leggere i classici
la lettura è un atto necessariamente individuale
molto più bello dello scrivere
La lettura è solitudine
Si legge ' anche quando si è in due
se una notte d'inverno un viaggiatore
se infelice è l'innamorato che invoca baci di cui non sa il sapore, mille
volte più infelice è chi questo sapore gustò appena e poi gli fu negato
il cavaliere inesistente
chi ha occhio trova quel che
cerca anche ad occhi chiusi
marcovaldo
Vorrei essere Mercuzio.
Delle sue virtù, ammiro soprattutto la Leggerezza
in un mondo pieno di brutalità
la fantasia sognante - il poeta della regina Mab – e al
tempo stesso la saggezza
la voce della ragione in mezzo agli odi fanatici fra Capuleti e Montecchi.
Egli si attiene al vecchio codice della cavalleria a prezzo della vita forse
solo per ragioni di stile
eppure è un uomo moderno, scettico e ironico
un don chisciotte che sa benissimo che cosa sono i sogni
e
che cos'è la realtà e li vive entrambi ad occhi aperti
leggerezza - 1984
La vita, pensò il nudo, era un inferno, con
rari richiami d'antichi felici paradisi
uno dei tre è ancora vivo
C’era la primavera, quel mattino
cioè c’era nell’aria quel senso improvviso di scoperta che si prova tutti gli
anni
un mattino, quel ricordarsi una cosa come dimenticata da mesi
ultimo viene il corvo
Uscirono dall’acqua e proprio lì vicino alla piscina trovarono un
tavolino col ping-ping. Giovannino diede subito un colpo di racchetta
alla palla: Serenella fu svelta dall’altra parte a rimandargliela. Giocavano
così, dando botte leggere perché da dentro alla villa non sentissero. A un
tratto un tiro rimbalzò alto e Giovannino per pararlo fece volare la palla via
lontano; batté sopra un gong sospeso tra i sostegni d’una pergola, che vibrò
cupo e a lungo. I due bambini si rannicchiarono dietro un’aiuola di ranuncoli.
Subito arrivarono due servitori in giacca bianca, reggendo grandi vassoi,
posarono i vassoi su un tavolo rotondo sotto un ombrellone a righe gialle e
arancio e se ne andarono.
.
Quando rialzò il capo era
venuto il corvo. C’era nel cielo sopra di lui un uccello che volava a
giri lenti, un corvo forse. Adesso certo il ragazzo gli avrebbe sparato. Ma
lo sparo tardava a farsi sentire. Forse il corvo era troppo alto? Eppure ne
aveva colpito di più alti e veloci. Alla fine una fucilata: adesso il corvo
sarebbe caduto, no, continuava a girare lento, impassibile. Cadde una pigna,
invece, da un pino lì vicino. Si metteva a tirare alle pigne, adesso? A una
a una colpiva le pigne che cascavano con una botta secca.
A ogni sparo il soldato guardava il corvo: cadeva?
No, l’uccello nero girava sempre più basso sopra di lui. Possibile
che il ragazzo non lo vedesse? For- se il corvo non esisteva, era una sua
allucinazione. Forse chi sta per morire vede passare tutti gli uccelli:
quando vede il corvo vuol dire che è l’ora. Pure, bisognava avvertire il
ragazzo che continuava a sparare alle pigne. Allora il soldato si alzò in
piedi e indicando l’uccello nero col dito. «Là c’è il corvo!» gridò, nella
sua lingua. Il proiettile lo prese giusto in mezzo a un’aquila ad ali
spiegate che aveva ricamata sulla giubba. Il corvo s’abbassava lentamente, a
giri. ultimo viene il corvo - 1946
L'INCONSCIO È IL MARE DEL NON DICIBILE
DELL'ESPULSO FUORI DAI CONFINI DEL LINGUAGGIO
DEL RIMOSSO IN SEGUITO AD ANTICHE PROIBIZIONI
ic
OGNI PAESE – PENSÒ –
ANCHE QUELLO CHE PARE PIÙ OSTILE E DISUMANO, HA DUE VOLTI
A UN CERTO PUNTO FINISCI PER SCOPRIRE QUELLO BUONO, CHE C'ERA SEMPRE STATO
SOLO CHE TU NON LO VEDEVI E NON SAPEVI SPERARE.
paese infido
La poesia è sempre stata questo
: far passare il mare in un
imbuto -
fissarsi uno strettissimo numero di mezzi espressivi e cercare di esprimere
con quello qualcosa d'estremamente complesso
.
Adesso la letteratura tende a
dimenticare l'imbuto: si crede che si possa scrivere tutto, si crede che il
mare possa essere espresso e comunicato in quanto mare e non si comunica né
il mare né niente,
solo parole
.
IC
sono capace di trovare immagini solo nell’astronomia e nella genetica
lettera di IC a
hans magnus enzensberger - 1965
mat.unimi.it
IL VIAGGIO IN PUGLIA DI ITALO CALVINO
www.corrierepl.it/2023/01/23/il-viaggio-in-puglia-di-italo-calvino
|
ELSA DE GIORGI
VOGLIO PRENDERTI SCRIVENDO
CERTO, IL MIO AMORE PER TE È NATO COME UNA
PROTESTA DI INDIVIDUALISTA (E QUINDI D'ALTERA
SOLITUDINE) PROTESTA CONTRO TUTTO UN CLIMA MOSSO DA UN BISOGNO PROFONDISSIMO, MA
CON UN SIGNIFICATO GENERALE, UNA LEZIONE PER TUTTI, DI NON-RINUNCIA, DI CORAGGIO
ALLA FELICITÀ. COME QUESTA LEZIONE SI TRADURRÀ NELL'OPERA CREATIVA È ANCORA DA
VEDERSI ... ... SE MI MANCASSE IL TUO AMORE TUTTA LA MIA VITA MI SI
SGOMITOLEREBBE ADDOSSO. ... ... TU SEI UN'EROINA DI IBSEN, IO MI CREDEVO UN UOMO
DI CECHOV.
MA NON È VERO, NON È VERO. GLI EROI DI CECHOV HANNO
LA PATETICITÀ E LA NOBILTÀ DEGLI SCONFITTI. IO NO:
O VINCO O MI ANNULLO NEL VUOTO INCOLORE. E VINCO, VINCO, SOTTO LE TUE FRUSTATE ... ...
NO, CARA, NON HAI NULLA DELL'EROINA
DANNUNZIANA, SEI UNA GRANDE DONNA PRATICA E CORAGGIOSA, CHE SI MUOVE DA REGINA E
DA AMAZZONE E TRASFORMA LA VITA PIÙ ACCIDENTATA E DIFFICILE IN UNA MERAVIGLIOSA
CAVALCATA D'AMORE ...
... HO LA TUA LETTERA DAL TRENO – CARA, AMORE – HO SEMPRE
UN'APPRENSIONE QUANDO APRO UNA TUA LETTERA E UNO SLANCIO ENORME DI
GRATITUDINE E AMORE LEGGENDO LE TUE PAROLE D'AMORE. IL RITRATTO DEL GIOVANE P.P.
(PIER PAOLO PASOLINI, NDR) È MOLTO BELLO, UNO DEI MIGLIORI DELLA TUA VENA
RITRATTISTICA, DI QUESTA TUA INTELLIGENZA DELLE PERSONALITÀ UMANE FATTA DI
DISCREZIONE E CAPACITÀ DI INTENDERE I TIPI PIÙ DIVERSI, QUESTA TUA GRAN DOTE
LARGAMENTE PROVATA NEI COETANEI. È LA STESSA DOTE CHE PORTATA ALL'ESTREMO
ACCANIMENTO DELL'AMORE TI FA DIRE DELLE COSE COSÌ
ACUTE E SORPRENDENTI QUANDO PARLI CON ME DI ME CHE TI STO A SENTIRE A BOCCA
APERTA, ABBACINATO INSIEME D'AMMIRAZIONE PER L'INTELLIGENZA, O INCONFESSABILE
NARCISISMO, E DI GRATITUDINE AMOROSA. ...
... HO PIÙ CHE MAI BISOGNO DI STARE FRA LE TUE BRACCIA.
E QUESTO TUO GHIRIBIZZO DI CIVETTARE CHE ORA TI RIPIGLIA
NON MI PIACE NIENTE, LO GIUDICO UN'INTRUSIONE DI UN MOTIVO PSICOLOGICO
COMPLETAMENTE ESTRANEO ALL'ATMOSFERA CHE DEVE REGNARE TRA NOI. GIOIA CARA,
VORREI UNA STAGIONE IN CUI NON CI FOSSI PER ME CHE TU E CARTA BIANCA E VOGLIA DI
SCRIVERE COSE LIMPIDE E FELICI. UNA STAGIONE E NON LA
VITA? ... ... ORA BASTA, PERCHÉ HO COMINCIATO COSÌ QUESTA LETTERA, IO
VOGLIO SCRIVERE DEL NOSTRO AMORE, VOGLIO
AMARTI SCRIVENDO, PRENDERTI SCRIVENDO, NON ALTRO. È
FORSE ANCHE QUI LA PAURA DI SOFFRIRE
CHE PRENDE IL
SOPRAVVENTO?
CARA, CARA, MI CONOSCI TROPPO, MA NO, TROPPO POCO,
DEVO ANCORA FARMI CONOSCERE DA TE, DEVO ANCORA SCOPRIRMI A TE, STUPIRTI, HO
BISOGNO DI FARMI AMMIRARE DA TE COME IO CONTINUAMENTE TI AMMIRO. STO SCRIVENDO
UNA COSA SU THOMAS MANN PER IL CONTEMPORANEO – SOTTO FORMA DI LETTERA – SU COSA
SIGNIFICA PER ME IL SUO ATTEGGIAMENTO D'UOMO CLASSICO E RAZIONALE AL COSPETTO
DELL'ESTREMA CRISI ROMANTICA E IRRAZIONALE DEL NOSTRO TEMPO. SONO TEMI CHE
RITORNANO PUNTUALMENTE NELLA CULTURA E NELL'ARTE CONTEMPORANEA COME NELLA MIA
VITA: IL MIO RAPPORTO CON PAVESE
, O LA COSCIENZA DELLA POESIA, IL MIO RAPPORTO
CON TE, O LA COSCIENZA DELL'AMORE ...
.
SIAMO DAVVERO DROGATI: NON POSSO VIVERE FUORI DAL CERCHIO MAGICO DEL NOSTRO
AMORE
- italo calvino
300 lettere a elsa de giorgi - attrice - scrittrice - costumista -
scenografa - regista - con la quale ebbe una relazione
di tre anni terminata inizio anni 60 -
depositate dal 1994 presso il fondo manoscritti - pavia
archivio.panorama.it
.
Ho visto partire
il tuo treno - Elsa de' Giorgi
Fu in quel
momento, torturato dall’amore, che Calvino cominciò a sognare una
vita sugli alberi
Elsa de’ Giorgi è stata una donna
bellissima, una delle più belle del suo tempo; un’attrice importante
nell’epoca dei telefoni bianchi, ma invisa al regime fascista per le
sue coraggiose posizioni politiche che la porteranno in seguito a
sostenere concretamente la Resistenza romana. Grazie al suo
matrimonio con il nobile Contini Bonacossi poté contare su una
collezione d’arte che spaziava da Cimabue a Goya. E nella sua casa,
ormai circolo letterario di gran profilo, fecero capolino molte tra
le figure della letteratura più importanti degli anni cinquanta.
Proprio in quel periodo, Elsa de’ Giorgi intesse una relazione
appassionata con Italo Calvino, al centro di questo libro, Ho visto
partire il tuo treno. Dal sentimento travolgente per
l’attrice-contessa al travaglio intimo per la crisi esistenziale di
una generazione, sullo sfondo del dramma ungherese del 1956, fra
viaggi in treno e incontri rubati, si snoda la storia che segna la
vita e l’opera del grande scrittore italiano.
feltrinellieditore.it -
2017 -
sololibri.net/Italo-Calvino-Elsa-De-Giorgi-amore-letterario
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Il tempo gli portò sulla fronte delle rughe orizzontali e qualche ciuffo grigio
sulle tempie: ma nel fisico non molto altro.
Aveva in giovinezza, la persona asciutta, prosciugata, svelta, diritta:
e così rimase.
il sole e la luna -
natalia ginzburg - 1985
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Everything can change, but not the
language that we carry inside us, like a world more exclusive and
final than one's mother's womb.
-IC
the uses of literature
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FIABA DEI GATT I___CONTADINO ASTROLOGO
citta invisibili
lezioni americane
due sposi
IL SENTIERO DEI NIDI DI RAGNO
I FIGLI DI BABBO NATALE
cosmicomiche
con le mucche
-
Marcovaldo
BARONE RAMPANTE
PALOMAR
IL CAVALIERE INESISTENTE
AMORI
DIFFICILI
VISCONTE DIMEZZATO
L'ACQUA NEL CESTELLO
SE UNA NOTTE D'INVERNO UN VIAGGIATORE
*
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FUTURISMO
marinetti
1 -
2
.
palazzeschi
1
-
1a
. CALVINO
1
- 2
-
3
-
4
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5
.
MAJAKOVSKIJ
.
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