Márcia TheÓphilo

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Questa è la mia vita

La mia vita è inventariare le parole della foresta

Adesso  devo fare qualcosa che gli altri non possono fare ossia entrare nell’anima della  nonna paterna  - sciamano della foresta - che mi sia da guida e che mi dia la possibilità di creare l’emozione e di sensibilizzare il mondo per tentare di     salvare la foresta.   Questo è il mio compito .   <  video
multiversoweb.it - incontro uniud - 2012

Attraverso i racconti di mia nonna India ho appreso il significato del profondo legame con la foresta e attraverso le mie esperienze sono stata portata a studiare le origini della cultura india. Mio padre è nato in Amazzonia nell' Acre    nella terra dove è anche nato il mitico guardiano della foresta Chico Mendes.    Nel mio lavoro ho cercato di fare una fusione tra memoria emotiva e culturale tra poesia e documentazione tra mondo arcaico e contemporaneo. Penso che senza la poesia non si possa raggiungere l'anima della foresta . L'antropologia è una disciplina che ha privilegiato gli oggetti e la cultura materiale .    Io ho privilegiato il soggetto più leggero :  l'anima.   

Non a caso sono poeta antropologa .

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L’Amazzonia è la mia terra .    Mia nonna era india e da lei ho imparato i miti e le leggende della foresta e l’identità di un popolo .    Questa identità mi è rimasta nel cuore .    Mio padre é nato nell’Acre, una regione interna dell’Amazzonia, lì mio padre lavorava, lì sono in parte vissuta .    Da grande, per capire meglio la cultura india, sono diventata antropologa .   Oggi sono una poetessa antropologa .   Le mie poesie cantano quel mondo, quella cultura, lo spirito della foresta e i suoi cambiamenti negativi, la necessità di salvare quel “polmone verde” che anima la vita di tutto il mondo, comprese le persone .
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Mia nonna mi ha insegnato l’idea allegra di vivere, cercando nella foresta, negli alberi, nell’acqua del fiume, negli uccelli e negli altri animali, anche un rapporto di simbiosi e di armonia .      Un’altra cosa che mi ha fatto conoscere sono gli odori e i sapori dei frutti e a mescolarli con il mio pensiero, ossia, senza separarli dal mio pensiero .      L’abiu, dolce e simile alla nespola o i giallo-rossi caju che una volta maturi, ad un minimo sfioramento dell’albero, lasciano colare il succo a pioggia, l’açai, piccolo fruttino nero-violaceo o la pitanga, piccolo e a forma di stellina rossa, più buono della ciliegia .     questi sono i primi sapori-colori che animano la mia memoria più remota  .        La casa di Yanoa era vicino alla riva del fiume, quando i figli sono cresciuti e sono usciti dalla foresta per andare nelle città hanno voluto portarla via ma lei non si è mai abituata alle loro case moderne e diceva :     ' il fiume è più forte di me o sono io così forte  e da vivere con il fiume  ? '    .
Una volta già un po’ più cresciuta, sono ritornata da lei e sono andata via piangendo, e lei mi ha detto  :    ' il fiume è entrato dentro di te, il fiume ti riporterà sempre qui   '  .
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Io ho sempre sognato di essere poeta e non antropologa. La mia nonna paterna, come mio padre del resto, l’ho già detto, ma è importante ripeterlo, è figlia della Foresta, e lei mi ha portato, passeggiando lentamente mano nella mano, nella Foresta, me la ha fatta conoscere. Mi ha insegnato ad osservare e ad ascoltare la Foresta. Lì, in quei momenti, ho capito e sentito che l’antropologia mi avrebbe consentito di raccogliere e sistemare il sapere, di comprendere gli Indios, però solo la poesia mi avrebbe fatto raggiungere il cuore stesso della Foresta. Mentre cercavo, studiavo, catalogavo, la Foresta mi stava insegnando le parole per comunicare con lei, il vocabolario della mia poesia, in tutte le lingue della mia esperienza».
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Mio padre è nato in Amazzonia, nell’Acre. E Yanoà era sua madre.      Yanoà mi ha insegnato il linguaggio della foresta che non è fatto soltanto dalle parole native indie ma anche dalla sonorità dei rituali e dai versi degli animali che abitano gli alberi, i quali, vengono chiamati con i nomi dei versi dei loro abitanti:   Muru muru muruì (agouti-paca).    Nella sua voce mille voci, umane e non, le grandi visioni della foresta e del fiume:     l'albero muricí, la liana guaraná, i pappagalli, le orchidee, il fulmine, la musica del vento, i canti di moltitudini d’uccelli, le metamorfosi della luna.      Le parole erano incollate nella sua pelle.      La memoria di mia nonna era come un dizionario parallelo dove apprendere l’antica vita dell’Amazzonia, dove non esisteva differenza fra quello che diceva e quello che viveva.       Da allora le parole respirano naturalmente insieme a me.

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Sono stata coinvolta nei principali fatti sociali e politici del mio Paese. Ero giornalista nell'epoca di una legge di censura imposta dalla dittatura militare.    Negli anni Settanta finisco in Italia il dottorato in Antropologia. E dopo i disastri,e le dittature, il poeta tenta un inizio, avanza verso un nuovo giorno.   Vengo da luoghi lontani.    Mia nonna era nativa dell'Amazzonia e mi ha raccontato durante la mia infanzia i fatti della foresta che più tardi ho capito che non erano favole.    Il reale è l'immaginario, quel che appare strabiliante a un europeo, per un brasiliano che abita vicino alla grande foresta è un evento quotidiano.    Vengo da luoghi antichi, quei luoghi che vado ancora percorrendo, perlustrando .
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https://youtu.be/zPXpmi5ULvM  - tutto in natura ha un'anima  ///   https://youtu.be/x6A9P-M5L3s - il mio posto nel mondo

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Nel mio lavoro ho cercato di fare una fusione tra memoria emotiva e memoria culturale, tra poesia e documentazione, tra mondo arcaico e mondo contemporaneo, creando un tutt'uno in cui tutte queste materie si compenetrano. Penso però, che senza la poesia non si può arrivare all'anima della foresta. L'antropologia è una disciplina che ha finito con il privilegiare gli oggetti e la cultura materiale. Io ho privilegiato il soggetto più leggero, l'anima, la poesia.
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Ho sempre creduto che entrare nel mondo di un poeta è come entrare in un bosco intricato e stabilire un contatto che non ha timori davanti ai temi dell’amore e della morte ma apre uno spazio alla conoscenza che va al di là del tempo e del transitorietà delle cose.
fb/mt - 2018

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La mia poesia scaturisce dalla mia nascita: sono una meticcia, ho ascendenza india, mia nonna era un’india.    Penso che la terra sceglie le voci che possano difendere la sua vita.  

L’Amazzonia ha scelto me  .    È un’illusione che siamo noi a scegliere; in realtà noi veniamo scelti  .    Mio padre era poeta che improvvisava versi  .    Io li scrivo, ma prima li penso e li sento . Nascono dentro di me come voci della foresta .    Non faccio altro che registrare le parole che sgorgano da una fonte interiore che non so come definire se non   'me stessa' .  Vado alla ricerca dei miei archetipi .  La vera cultura emerge dall’interiorità senza che l’autore abbia piena coscienza di quel che va dicendo .    Una ricerca  – per quanto mi riguarda  –  arcana e arcaica, che è più contemporanea della modernità .    Noi siamo il momento attuale della storia, che significa inquinamento e distruzione .
https://youtu.be/sfaPwSxHx7E   - fb/mt - 2018

Amiche e Amici
La mia poesia, è una poesia dedicata a tutto ciò che germoglia a tutto ciò che nasce, come l’acqua che sgorga limpida da una sorgente o un fiore che sboccia. È un poesia dedicata alla parte più tenera e delicata dell’universo a tutto ciò che ancora deve evolversi, crescere, maturare. una poesia dedicata a tutto ciò che è ancora ritenuto inutile allo sviluppo perché nulla ha a che fare con il consumo, che per questo viene disprezzato, calpestato o semplicemente non considerato.
fb/mt - 2018  -  facebook.com/marcia.theophilo - intervista

Ho lavorato con importanti artisti brasiliani e italiani, scrivendo per loro poesie per i loro cataloghi e le loro mostre. Entrare nel mondo di ognuno di questi artisti è diventato una pratica continua nella mia vita e l'interazione fra arte visiva e poesia sono stati per me una costante. Oggi mi sollecita tutto ciò che si è sviluppato fuori dai termini o dagli slogan inventati dalla critica e dal mercato.
fb/mt - 16.9.2021

 

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dedicata alla nonna paterna
 

Non avvicinatevi al fiume
quando il sole tramonta
non avvicinatevi al fiume
perché c'è Yara che vi invita
coi capelli verdi

colore delle pietre miraquitãs

L'oro del fiume li bagnava di luce
"State attenti, figli miei

- diceva la vecchia india -
vi trascina all'incontro col suo canto

e la sua magia
il suo canto che non finisce mai
e i suoi occhi e i suoi capelli
fanno parte del suo canto
State attenti figli miei, se Yara vi chiama
perché Yara è fuoco dentro l'acqua
è luna
è un canto che non finisce
guardatevi da Yara

quando vi chiama per nome
sono abissi
evocazioni

per le quali non si è mai preparati
guardatevi da Yara

quando vi chiama per nome
il ritmo del suo cantare

produce ondulazioni
che modificano l'aria
portano tempeste da luoghi sconosciuti
da mari sconosciuti
evocazioni
non avvicinatevi al fiume
quando il sole tramonta
Guanumbì, ascolta bene
io sono vecchia, così vecchia
che già non si contano
le lune della mia età."


 

 

Olocausto degli alberi

Jerimum il Sole che nasce
gonfiando il vermiglio del cielo
Floresta piena di colori
rodendo le viscere della terra
con le sue radici vive
Kupahúba ha radici
Non va incontro al vento
è il vento che l'abbraccia
portando l'odore del bacába,
frutto carnoso,
del mangaba, polpa aromatica
di pitanga, di murici  ...
Nel cielo rosso-arancio
il silenzio oscura la luce
Kupahúba vede un fiume espandersi
sgorgando dalla casa del sole .
Il vento porta una luce splendente
e fumo nero e caldo incandescente
e penetra tra gli alberi
le foglie ardono muovendosi
in mezzo al disordine della foresta
tra caos e fumo
Tutto è fuoco...gli alberi cadono ...
tutto è cenere:
In questo ritmo frenetico

anche il cielo cadrà.
Lo sterminio non cessa :
Kupahúba attende il fuoco ferma
legata alle sue radici.
Sente il fuoco scorrere nei suoi rami
il suo corpo verde trema e sente dolore
lei che lenisce il dolore sente
il fuoco gemere nel suo tronco
bruciare le sue radici
e la terra morta della foresta devastata
rovine ...
L'olocausto di una moltitudine di alberi .
Il vento non porta musiche conosciute
disturbi di verde e azzurro
ritornate ritornate ritmi antichi

 

I l    v e r d e

invade le Foreste e i boschi

nelle luci sementi
antiche voci di veglie
le viole bianche
dai fiori purpurei brillano

- costellazioni di stelle

 

 

 


Vento
Il vento continua
a divorare la notte
è là, reale e mutevole
dentro di lui la musica dei rami
Il vento arriva
esplodono sonorità
sfogliano il suo corpo
fa ondeggiare i rami
corpo del vento avvolge e incurva
distende l'amato corpo
astratte e concrete le sue foglie
Si versano sinuose
cascate di vento dentro il bosco
Io danzo, e tu?
Risuona, balla, fischia e canta
è fra gli alberi
nasce come un frutto
nasce come un bambino
le sue risate hanno il ritmo
dell'acqua sulla pietra
prima dolce quasi monotona
dopo forte e piena di risonanze
qualcosa di vago
fumo e sapori somiglianti

Il vento apre la sua bocca
le nuvole producono piogge
neve, o anche ghiaccio

Il delfino ondeggia sotto il corpo del vento.
Avvolge e distende tra le nubi
le sue pinne, ali sinuose
reale e mutevole in lui
la musica del vento sulle acque

pordenonelegge - incontro con MT

oscar mondadori

 

*

 Il vento porta odore
il vento porta piogge
il vento porta parole
il vento sussurra
il vento porta la guerra
qualche volta la pace
Nel nostro pianeta
anelli saturnini
anelli di sabbia
anelli di nebbia

 

 

*

Gabbiano, vola

porta i miei occhi sulle tue ali
Nel sogno azzurro celeste

che abbraccia la terra
nel sogno sereno ed alto
Che solo gli uccelli accoglie

 

 

*

ALLEGRIA E' UNA INVENZIONE
Uno finge di indietreggiare, l’altro lo insegue
Tocca con le sue zampe, senza gli artigli
Carezze feroci, disperati lamenti
Geme, sfiora, ruggisce e ricomincia
Due giaguari, bocche e zampe veloci
Una danza libera, allegria è un’invenzione
fb/mt - 29.5.2021

La pioggia

ha sapore amaro
sassi, foglie e nuvole
nuvole carnose
pioggia, perché non sei più dolce come prima?
E l’anima dell’acqua diviene vento

 

 

Gli Indios rinascono
Sulle rive del fiume, le canoe
onde di spuma, Il tuo sorriso aperto
quando tutti entrano, comincia il cammino
tortuoso dei morti e dei vivi, i saluti
le memorie, i primi canti
Kupaùba perde la testa
piange, piange, piange
il suo villaggio distrutto.
Parole si spandono sulle sue spalle
eppure il suo sguardo è senza odio
deve ricominciare, da sola.
Io vi amo, pensava
ed era così energico il suo sguardo
che i coccodrilli, le offrivano, il dorso
come fossero cani
i giaguari le facevano le fusa
come gatti domestici.
Io vi amo, ripeteva
e i suonatori terminavano:
Gli indios morti fanno germogliare
culture sommerse, per secoli e secoli
dentro l'arida terra
le tribù sementi rinascono
con la pioggia, migliaia di fiori
e il deserto torna a fiorire.

 

 

 

pietre

Io sono una pietra e vivo in ogni angolo
Sono un uccello e non conosco l’inverno
Sono aria, acqua e vengo dalle viscere della terra
Io sono viva e voglio che lo sappiano
l’umido della pioggia, il calore
e la frescura del vento.
Sono un uccello che vola solo
perché è tutto.
Sono il frutto d’un albero.

Di certo quando il sole batte
le pietre brillano
allegro va aprendosi il sole
molecole incantate
Dov’è il suo nido? Navigando fra le foglie
archi cipressi lo raggiunge in delirio
togliendogli il respiro: nuvola lei
polpa di frutta matura
odori selvaggi e colori.
Tocca il fondo del fiume, cavalca travolto
dalle acque, inonda gli arbusti nell'isola.
Dissetatevi, saziatevi d’azzurro
pensiero emotivo ritmo forte
per capire meglio i colori
che mutano le pietre piccoline
ad una ad una

 

 

 

 

Spalancano il paradiso

Andiamo
Parlano dentro di noi, liberi, ebbri
i piccoli folletti della foresta
ci spingono a un canto, a un ritmo
fuori del tempo e delle ansie
qui si compie la nostra storia più grande
sempre e soltanto vissuta

dentro gli eccessi .
Ogni giorno viviamo tutte le stagioni
l’acqua zampilla, gorgoglia ai nostri piedi
gli animali, dal giaguaro al bradipo
tutti, a migliaia, in un’immensa gazzarra
animali ci corrono nella memoria senza
fermarsi, la festa è realtà

l’inconscio è storia
e rituale, sono presenti tutti

di tutte le età
frutti e fiori, vita e morte e la forza
dell’istinto accompagnano l’idillio .
Tutto è qui: l’orrore e il piacere dei sogni
la tempesta, la pioggia, le spiagge
le sembianze degli antichi dèi
i sentimenti muovono i nostri corpi .
fb/mt - 2018-2021

 

 

 

Isola di Marajó
Le donne, ondeggiando in un mare di foglie
si nascondono e fuggono, leggere danzano
in onore del sole, curiosa danza
imita i macachi, eccitate sospirano
ridono, una mano pendente, e l'altra
sulle spalle. Tre curumins portano ceste
ricolme d'açaí e muricí. Fanno due passi
al secondo, sulla punta dei piedi,
il riso delle donne, il riso dei bambini
volti che appaiono e scompaiono.
Ricomincia la danza. Altre voci:
suoni d'altri animali, acqua che scorre
rami che si spezzano.

La musica, lenti strumenti
Al boto abbracciata

Kupaùba seguiva l'onda del fiume

della corrente il flusso fino al mare.
Marajó, spazi di sole ardente, ritorno
stelle cadenti, marombos, carapanàs
ritorno sempre in luoghi lontani, ebbrezza
di cauìm che ubriaca piano
piano, senza fare male, insipido
vischioso scivola in gola.
Dorati banani e mamoeiros
voci di Marajó, lamenti
piccoli grida di Cacaué

ma dove vuole andare?
Per cinque fiumi è andata Kupaùba
durante cinque lune ha camminato
mille verdi sentieri ha attraversato
solo per arrivare a Marajó e vedere il mare.

 

FORESTA MIO DIZIONARIO

Folle risata la tua, dall'eco affilata
Manioca selvaggia è il tuo riso
le tue carezze, il tuo acuto piacere
Kupahùba vive, va e viene
Fino a che il sole scompare.
Di giorno tra foglie, erbe, insetti
decomposte materie vegetali :
ci moltiplicheremo.
Il movimento non è deserto, è fiume
ruba, saccheggia, bevi ciò che vuoi
questo fiume è abbondante
non si ferma, ma continua
per cantare il suono delle parole
Açanà, Yanà, Nacaìra
Cajà, Pacoba, Maçarandùba
ogni parola un essere, parole che scrivo
la foresta è il mio dizionario
parole vive e masticate
aspre di cammini già percorsi
Açanà, Tapajurà, Igarapé
ogni parola un essere, risuona affilata.
Kupahùba aprì gli occhi e apprese a leggere.

 

 

gli uccelli cantano

fra gli alberi
di giorno e di notte
Otto o dieci uccellini di colore azzurro
si cullano sui rami di un albero .
Un coro di penne increspate   ...
di becchi socchiusi .
Cresce il cinguettio .

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La mia mente è un albero
L’intreccio dei rami si sgretola
al limitare dei monti. Io-albero
sento rami e germogli
nelle mie mani
I fiori respirano attraverso le mie narici
La mia pelle-foglia è sensibile
un vibrare continuo .
Il verde dei miei capelli
è scompigliato dal vento
I piedi sono radici
sento l’acqua filtrare

fb/mt - 2020

 

 

 

In principio non c’era la notte

Non si conosceva
la notte. C’era soltanto la luce ed era
così intensa, ai tropici pareva di andare
per ere di azzurro, di vermiglio, di verde.
Era così forte la luce

che pareva di fluttuare
nei colori   nelle piante.
Quel che non aveva parola si parlava
si parlavano gli alberi e pensavano coi fiori.
Nessuno conosceva il nero
soltanto esistevano i colori
che emanavano luce

che distribuivano energia-pensiero
Ma non si dormiva
l’uomo non conosceva stanchezza
ma non sapeva la dolcezza del riposo
il silenzio e la musica
perché la musica nacque

con la conoscenza dei primi ritmi
e con la notte nacque il primo canto.

 

 

 

 

quattro petali rosa

si adunano
oscillando
nel rosso e nel giallo
si difendono
dall’essere espoliati
annientati
Fanno rumore cadendo
pieni di semi
un fulvo scuro macerato
vuoto
erano verdi, purpurescenti
nel mese di luglio
...

 

 

LA VITA E UNA ETERNITA BREVE

fb/mt - 2018

 

 

Il parto della foresta

Dal corpo contratto, dal pieno del ventre
dalle viscere, sulle rive tra il fogliame
sono i profumi della foresta e il sangue
ad avvolgere il suo corpo:
l'aiutano, le donne del villaggio
la selva è una galassia che ascolta il suo vagito
tra le braccia Kupaùba-albero.
Gambe e bacino di nuovi impregnati
degli odori sono un continente
il suo nido, piccolo corpo che pulsa.
Il sole rischiara la foresta e il fiume
"Quanto tempo è passato?" vanno indagando
"la sua anima a chi mai è appartenuta?"
Le danze si prolungano fino a notte alta
il vento passa lieve, una voce, un sussurro
loda Tupã e annuncia: "Kupaùba è nata".

 

 

 

 

DIA DO RIO -  Cuniná Rio

GIORNO DEL FIUME
Il dio delle acque non piange
reclama un’idea che si trasformi
in allegria
e dai colori sommersi dei ruscelli
una voce si ascolta tra le altre :
è il dio delle acque fatto cascata
con le sue risa segue
il movimento dell’acqua .
fb/mt

GIORNATA MONDIALE DELL'ACQUA
22-3-2017

 

 

 

 

Albero io conosco la tua vita
i tuoi fruscii, la voce dei tuoi rami
e tu cerchi il mio sguardo
per darmi compagnia

fb/mt - 7.4.2021

 

 

 

 

Un albero della foresta

è un insieme di storie
di civiltà

di bisogni e di risorse.
Sull’albero passano gli uccelli
sotto gli alberi

vivono milioni di animali
nascono milioni di piante e fiori
si diffondono

milioni di rumori versi voci.


Dentro una foglia
Bevo acqua di rugiada
Io, uccellino


Verdi le acque
Quando inizia l’autunno
Sono dorate

segue POESIE  .pdf

i BAMBINI GIAGUARO -  noi alberi - delfino rosa - madre acqua - carnevale

amazzonia - respiro del mondo


  

L’Amazzonia è ricca

di milioni di specie vegetali e animali

E l’albero è il suo simbolo

 

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noi siamo alberi 

FRATELLO ALBERO, SORELLA DOROTHY STANG

 https://youtu.be/AKlF3VLmECA

   
fb/mt - 19.10.2018

 

 

Sai, il problema é che per me c'e l'epoca della macchina da scrivere e l'epoca del PC E gran parte del mio lavoro sta nella carta e nei libri .

Io ancora scrivo a mano le mie poesie  .

fb/mt - 2014

Battere su una tastiera o scrivere a mano, siamo sicuri che sia la stessa cosa ?    Io scrivo a mano le mie poesie .
fb/mt - 27.4.2021

Alberi-flauto
inno agli alberi e ai suoni della foresta, alla magia della natura che sa rinascere dopo il violento incendio
...
presentazione di antonio canu  - presidente wwf oasi - illustrazioni di aldo turchiaro e di iole eulalia rosa.
fb/mt - 2014

Se un albero rappresenta l’ideale stesso della bellezza incarna quella idea di sacro che ogni artista immagina e ritrova.   Ma la cosa più importante è che attraverso la visione della bellezza si ritrova la sostanza di un più intimo rapporto con il mondo e da questo la possibilità di dialogo d’amore con i suoi simili e con l’uomo stesso.

Un albero, per chi ama la natura è più bello di una statua greca .
... Negli alberi vedo, sento, respiro un’aria piena di parole vive e sussurrate dal vento ...

fb/mt - 2018

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Ho aperto gli occhi nella foresta e la foresta è stata il mio primo, ricchissimo dizionario
Si tratta di un immenso ecosistema che tutti dobbiamo proteggere. Il problema è che noi crediamo che la foresta sia qualche cosa di lontano, noi che oggi siamo qui a parlare di poesia crediamo che l'Amazzonia sia un altrove che ha poco a che fare con la nostra quotidianità ...

noi siamo alberi .

...

Un albero della foresta è una sedimentazione di storie, di civiltà, di bisogni e di risorse .   Sull’albero passano gli uccelli, sotto gli alberi vivono milioni di animali, prosperano milioni di piante e fiori, si diffondono milioni di rumori, versi, voci .

...

Io albero  sento rami minuscoli e germogli nelle mie mani, i fiori respirano attraverso le mie narici, il verde dei miei capelli scompigliati dal vento, i piedi si trasformano in radici, sento l’acqua filtrare, il calore del sole, il freddo e le foglie cadere .
L'albero è come se fosse un grande corpo in trasmutazione. In un periodo di post-umanesimo in cui l’uomo è cosciente di non essere l’unico centro dell’universo, gli alberi cominciano ad avere una voce e a gridare il pericolo che corrono .  Una moltitudine di persone, riunite tutte insieme in una piazza, si somigliano e si confondono tanto da sembrare un solo corpo, mentre prese singolarmente hanno ciascuno una propria individualità. Anche gli alberi esistono come individui .
Ognuno di essi ci appartiene, è una parte di noi, è il nostro stesso respiro. È un’entità che ha bisogno di essere protetta. Le loro foglie, i loro rami e i loro germogli si protendono spinti dalla sete, cercano torrenti e fiumi pescosi o anche fangosi, ruscelli, fonti d’acqua che a ogni passo irrigano la vegetazione offrendole gradito ristoro .
Gli alberi siamo tutti noi,  noi che dobbiamo riaffermare l'identità con la natura, noi che siamo acqua, luce, aria, non entità separate, ma respiro e vita comune   .

...

fb/mt

 

Dobbiamo insegnare alle future generazioni che ogni albero rappresenta l’ideale stesso della bellezza, che incarna quell’idea di sacro che ogni artista immagina, che è la sostanza di un più intimo rapporto con il mondo, la possibilità di un dialogo d’amore .   Un albero è più bello di una statua greca  .    Negli alberi vedo, sento, respiro un’aria piena di parole vive e sussurrate dal vento  .
Alberi! Ognuno di voi ha un nome: Açaná, Tapajurá, Igarapé, Araçá, Yaná. e Acero Montano, Faggio, Roverella, Quercia, Pioppo  .   Alberi !   Nel vostro ondeggiare il brivido dell’essere !

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...  Alberi !      Io vi chiamerò per nome

Açaná, Tapajurá, Igarapé, Araçá, Yaná
Claraybas, Maçaranduba, Jacarandà, Pitanga, Araçà-mirì, Ibirapitanga
E   Acero Montano, Faggio, Roverella, Quercia, Pioppo, Olmo Campestre
canteranno tutti assieme
da l'aquila - 2009 - fb/mt 2021

AD OGNI FIUME CHE ATTRAVERSA  L'AMAZZONIA

HA DEDICATO UNA POESIA

 

Ogni parola, Un Essere   - portoghese_italiano
dizionario poetico-scientifico della foresta amazzonica con 100 voci: ogni nome una poesia, una foto e la descrizione della specie. 208 pagine per immergersi nella foresta amazzonica e i suoi incredibili esseri viventi.
- Con la mia poesia cerco l'origine antica del nome degli alberi, degli animali e dei fiumi. Ascolto la mia memoria e fra i suoi meandri ricerco delle parole che abbiano il suono e il significato delle cose dette dai popoli antichi della foresta. Scrivo queste parole e questi suoni e ad essi seguono sogni e sentimenti di estasi, terrori, abbagli.
fb/mt - 2017


Tatù-bola 
armadillo brasiliano

Divertente guerriero
corazzato e prudente
quotidiana fatica
di grande scavatore
uno scrigno, il suo corpo
nelle notti di luna
s’infila nella terra
timorosa bestiola
con grand’abilità
getta terra all’indietro
un tunnel, suo rifugio e dimora
lo protegge dal giorno
all’imbrunire appare
dentro la terra
tetto a forma di cono
mentre la luna va senza memoria .
Tatù-bolìnha, piccola sfera
rotonda, musica che non
si spegne, in tondo sopravvive
lungo ore ed ore
lui, da dentro la terra
segna il ritmo ai tamburi
dentro-fuori sospeso
Tatù-bola. Suonatore .




Boto - delfino rosa

Nei lunghi mesi di pioggia quelle voci
sibilanti tra spume: i delfini
nascono dalle acque profonde.
Corpo vermiglio-rosato corre, vola
la pelle, frutto tenero e liscio  ...

bruno elpis - qlibri - 2018

 

 

 

 

 

amazzonia è poesia - testo portoghese a fronte
Márcia Theóphilo, brasiliana, di estro e d'arte poetici dirompenti, oltre che di appassionata cultura etnica ed endemica, ha levato un inno e un grido a questo mondo minacciato di estinzione, a questi 'meninos' su cui si accanisce una bieca perversità che giunge fino a una tenebrosa persecuzione. Il poema, in due parti, della Theóphilo non potrebbe essere presentato meglio di come provvede lei stessa a farlo nel corso dell'introduzione: "Questo libro-poema, che vuole ispirarsi ad un misticismo panteista, rappresenta un intero mondo. I suoi versi sono piccole orazioni sostenute da un ritmo incalzante. Attraverso la poesia si vuole far emergere la qualità sacra della vita e di quei valori straordinari che stiamo perdendo. Non è una poesia dedicata solo ai cuccioli dell'uomo, ma anche a tutto ciò che germoglia, a tutto ciò che nasce, come l'acqua che sgorga limpida da una sorgente, un fiore che sboccia. È una poesia dedicata alla parte più tenera e delicata dell'universo, a tutto ciò che è ancora ritenuto inutile allo sviluppo perché nulla ha a che fare con il consumo e che per questo viene disprezzato, calpestato o semplicemente non considerato". Ecco, il lettore trova qui concentrate tutte le motivazioni che hanno promosso il disegno e la poesia dell'opera che si accinge a leggere. La passione antropologica, l'indignazione ambientalistica, la sofferenza per la terra violata, l'amore veemente e dolcissimo per le creature che la rappresentano nella sua innocenza primaria, i 'meninos' appunto, concorrono e si fondono in questa invenzione poetica.
mondadori - 2018
presentato da MT alla libreria Palazzo delle Esposizioni - roma - 2019
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LA FORESTA AMAZZONICA CONDANNATA AL ROGO 
Le fiamme divoravano la foresta
Gemiti di animali e alberi che sprigionavano un odore acre, un cielo impegnato a rovesciare nuvole e poi nuvole, per alleggerirsi di tutta l’acqua che aveva bevuto dal mare e dai fiumi, ebbro di tanta acqua restituisce aiutato dal vento, restituisce il maltolto senza misura ... ma a chi ?
Per chi ? Per cosa ?
Quando il vento si ferma, quando torna la quiete, le foglie non ci sono più, gli animali sono andati, una pace apparente rasserena gli abitanti del villaggio.
Tutto era seppellito dalle ceneri, i rami carbonizzati.
Non fu una notte sola ma più notti.    Animali e piante sepolti da ceneri nere e grige.
E tutto cadde nel silenzio più muto.
fb/mt - 2019

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Contro l’etnocidio, l’ecocidio e l’estrattivismo  in Amazzonia

aggravati dalla pandemia di COVID19

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Mario Luzi  - 1996

 

Gregory Corso - 1990

Kupahúba -  albero dello Spirito Santo
È impossibile attribuire a un essere distinto la voce che parla, loda, alloquisce, descrive, esalta, colorisce nella foresta nella quale tutta la vita vegetale, animale, elementare si accende della sua compresenza e sacralità.
Ogni presenza è testimone del suo permanere e del suo tramutare e trasformarsi nelle ore e nelle vicende della luce - e da ogni dove si leva la parola e il suo commento (alberi, fiori, animali, voci di uccelli, frutti, luoghi, rumori, ondeggiamenti d’acqua, fruscii di vento). La vitalità ininterrotta e simultanea di tutta la foresta parla a se stessa da ogni sua creatura - il linguaggio è al di là dell’umano e questo è testato e significato dalla sensibilità tesa, dalla sapienza duttile di Márcia Theóphilo che ha concertato questo poema prevalentemente arboreo. E la stessa durata del corposo poema è in questo caso un tributo alla illimitatezza e alla perennità dello scenario e del tema della foresta amazzonica.
Eppure questa celebrazione del mondo integro e primario nella fantasia dei suoi stessi abitanti è un mitico canto di memoria viva al cospetto della sua perdita e della sua progressiva rovina.
La poetessa che ha ordito sull’emozione immanente della forza e della esuberanza la sua tela costante e variabile allo stesso tempo è anche una spettatrice impietosa del deperire di quell’universo ad opera della speculazione spregiudicata e delle conseguenze nefaste della “civiltà” moderna che ha coinvolto anche quelle regioni.
Márcia Theóphilo ha agito su due fronti con pari generosità: quello della antropologia che ha pratica in studi delle parole indias e in analisi del fenomeno, catastrofico per le popolazioni indigene, e quello poetico del grande canto su una realtà umana e un ordine naturale distrutti e, ahimè, prossimi a essere cancellati. Questo pathos lo aveva già fatto sentire in due cospicui volumi, Io canto l’Amazzonia e I bambini giaguaro. Una vasta polifonia possiamo chiamare questo poema Kupahúba, in cui la gamma delle tonalità liriche già apprezzate, della Theóphilo si spiegano e si rispondono. La traduzione in italiano della stessa Theóphilo fa pensare piuttosto a un testo dal doppio versante. E non è un piccolo pregio, dal momento che l’autrice si inserisce bene nel sistema ritmico e timbrico dell’italiano non sacrificando minimamente, a mio parere, il ritmo e il suono dell’originale portoghese del Brasile.
introduzione  - mario luzi


Io voglio il mio canto tra il sole e le stelle
ricorda tutti i giorni che l'onda è la mia forma

 

https://youtu.be/6w8Cgb53iVI  - INTERVISTA - AMAZZONIA

https://youtu.be/MDI4tonjhnQ   -  FESTIVAL POESIA CIVILE

 

 

 

Fu il mio viso
un viso disegnato sulla pietra
scolpito con la stessa serenità
con cui furono scolpite
le nostre montagne
e si é dato vita ai nostri fiumi
alle stesse piogge e venti
Fu scolpito in una musica di flauto

https://youtu.be/mwHl6CmAvRo

 


 


Ycamiaba
Nel cielo è rimasta l'acqua delle piogge
ti ha concepito il ventre della terra
congregando energie sessuali
per aprire e fecondare l'universo
legno rosso dell'albero Ibirapitanga
brasilaçù, brasilete, brasileto
brace ardente, Brasile.
Le capanne vicino al lago Yaciura,
vicino alle sorgenti
del fiume Yamundà, il fiume sacro.
Ycamiabas, donne senza uomo
Temute e coraggiose guerriere
I figli maschi dati ai genitori
Dalla luna, Yaci.
Amàzzoni, hanno lottato contro gli Iberici
Amazzonia, designata regione
dell'Asia Minore
Ycamiabas, le figlie di Yací
le figlie della luna
nel fiume Yamundá
Amazzoni, figlie di Yací
donne guerriere, Ycamiabas.
Le loro sementi, radici della vita
concepiscono il legno vivo come la brace
vento della notte, aroeira, murta
araçá, cresce dal tuo ventre
fertilità nasce dall'acqua
battaglia dall'eco immensa, mormorio
Tarumá, arití, tarumá
colore giallo, brace, Brasile
lo spirito dei venti, i tuoni
la naturale lentezza
serrado, serrado
serra oh pau-brasil
oh luna Yací
serrado, serrado
pau-brasil
oh Yací, o Yacì
madre di Ycamiaba
color verde, giallo, azzurro, d'estate
nasce il suolo brasiliano
radice, sapore aromatico, legno
"Tu magnifica Ycamiaba,
io ti proclamo Amazzone".
Radici, sapore aromatico, legno
"tu, magnifica Ycamiaba,
io ti proclamo Amàzzone" quando
il lussureggiante verde delle acque
degli alberi, lussureggianti uccelli
ricchezza che nasce dal tuo ventre

Yacamiaba, figlia della luna
Allegra gente natìa
la lontra, l'irara, il tamanduà,
il capivara, l'armadillo, il cuatì,
magnifica Ycamiaba
figlia della Luna.

 



Catueté Curupira
ieri per la prima volta apparvero
le prime rughe sul volto della terra
stravolta nelle viscere
le navi le acque
si moltiplicano senza fine.
Catueté Curupira
le foreste ti chiamano
a punire quelli che atterrano
e abbattono gli animali
e spaventano gli alberi
facendoli credere soli
in mezzo al bosco
gli alberi affamati
gli alberi allucinati
in mezzo al bosco
in mezzo al cemento gli alberi t'implorano
tamacueré yndayara Catueté Curupira
molti alberi trovati affamati
moribondi
raccontando storie cupe e fantastiche
di città distrutte
sono gli unici testimoni vivi o semi-vivi
di quello che rimane dell'uomo
tim tim he taya boya
le ombre in curve rigide
i rami secchi all'estremità
si tendono a cogliere gli uomini più teneri
divorandoli
l'uomo impaurito continua
cavalcando motociclette
che emettono un forte grugnito
prima della partenza
e fanno fuggire gli animali
uccidendo il verde.
Il verde continua a crescere sotto la polvere
sugli alberi coperti di chiodi e di calce
il verde rinasce primavera
insistendo nel suo ultimo grido
viso senza colore e senza sangue
i fiumi marciscono
i vecchi assistono ansiosi
ai comodi e alle voglie dei giovani
il mondo mostra le sue ferite
attraverso un apparecchio che ripete
immagini di distruzione.
Catueté Curupira
le foreste ti chiamano.

 

 

Cosa sognano gli alberi nella notte
gli abeti, i pini silvestri quando dormono ?
Mentre gli animali si aggirano
errando alla ricerca di cibo e amore
dove si nasconde il concetto di vita.
Odori fragranti, sementi aeree
un crepuscolo vegetale
aderisce alle cortecce
ritmo ondulato che emerge
nelle notti rugiadose
È un'immensità di ossigeno
e di profumi che con il vento
si dirama fra le pianure e fra la gente.
Il verde invade i boschi e le foreste
nelle luci sementi
antiche voci di veglie
dai fiori purpurei
brillano costellazioni di stelle.

 

Tutti i fiumi della Terra
Portano i cesti con la manioca, le donne,
ssfiorando con i piedi le rive del fiume.
Kuambu vede passare Kupahúba
e un fiume immaginario gli percorre
la mente: è una corrente che trascina
in sé tutti i fiume della terra.
Ardeva la sua pelle, chiuse gli occhi
il sole silenziose carezze sul corpo
di Kupahúba, toccando i piccoli seni.
E' ancora una fanciulla Kupahúba e lui
dovrà aspettare il rito di iniziazione
amorosa. Con la sua mente viaggia
nell' aria e tra le nuvole. Ieri ha sognato
un dente che volava e un odore mai sentito.
Sullo spiazzo con le altre Kupahúba si prepara
per essere iniziata. Per tre mesi
lui non potrà vederla. Tutto gira, gira.
lei si avvicina e lui sorride.
Dentro il suo corpo una forza divora
le acque di fiumi e di laghi.
È lui Mboi-Guaçu dai mille occhi
avvincerà e stringerà Kupahúba
ma l'Amore Attenuerà la forza.
"Vattene, Mboi-Guaçu". Implora Kupauba.


Flauti e maracas

cominciano a suonare
ritmo lento all'inizio, poi frenetico.
Kuambù pensa alla profezia: "Kupahúba
sarà amata dal mito" vuole gridare
ma nessun suono arriva alla gola.
Tutto cominciò al mattino.
Il tempo prometteva pioggia.
Dal cajueiro odorosi i frutti pendevano
nell'umida e densa calura:
Kupahúba attrasse Mboi-Guaçu
serpente-arcobaleno, con il suo incanto.
Lui farà offerte alla divinità giaguaro
perché mantenga sempre vivo in lei
il fuoco del suo desiderio
e morbida la sua pelle.
Vivande e offerte di fiori nel rituale
brillanti i mille occhi di Mboi-Guaçu
toni d'azzurro e turchese e giallo
illuminano gli abbracci.
Questo è un fuoco che vuole proseguire
sostanza sessuale del sole,
che penetra
le bacche profumate di araticum
e con il suo profumo
diviene più seducente.
"portami con i miei mille occhi fra le stelle
fa che un altro guerriero, un dio terreno,
non possa guardarla".
Prega Mboi-Guaçu e inizia
il suo cammino lungo il corpo di Kupahúba.

Terra dove non si muore
Verso la Terra dove non si muore
in marcia il popolo amerindio
invocando Tupã e gli altri dèi
fugge la loro voce al suono del borè
figli di Giaguaro, agili e flessuosi,
dalla costa dei mari in direzione Nord.
Erano tre milioni nel Brasile
gli indios Caetès e Tupinambàs
fuggirono verso il Maranhão e il Parà
attraversarono tutto il territorio
si fermarono alle sponde del fiume
sono i Tapirapès in movimento
con gli occhi aperti, esausti
ed ansimanti arrivano al fiume Araguaia
si addentrano nella foresta, si ritirano.
Piume gialle, marrone, foglie rosse
sono migliaia gli alberi giganti
milioni in marcia il popolo amerindo
figli di Giaguaro, agili e flessuosi,
attraversano il territorio senza fermarsi
dalla costa dei mari, in direzione Nord
con gli occhi ben aperti ansimanti
esausti arrivano, sono i Tapirapès
si addentrano nella foresta, tutti uniti

in direzione della "Terra dove non si muore".
 

 


Farfalla

mosaico di sensazioni
ritmo il tuo batter d’ali
il tuo piccolo corpo pieno d’immagini
e il vento del mattino nelle tue ali, farfalla.
Sussurra un fiore con il tuo palpitare
bacia il fiore, porta via il polline
feconda di baci altri fiori
bacia farfalla infinitamente.

 

 

Farfalle
migliaia di farfalle
volteggianti
avanzano in onde
una nuvola di ali
occhi-foglie

Sulla spiaggia
l’acqua scintilla di colori
e le farfalle si uniscono
in una sola anima
che segue la corrente.


As borboletas
milhares de borboletas
giram, giram
avançam em ondas
uma nuvem de asas
olhos-folhas

 

 

 

Kupahúba ora crede di sognare
neppure ha salutato la pintassilga
né la saracura. Tutti conoscono
la devastazione che al suo passare
Mboi-Guaçu lascia in un villaggio.
Senza pietà il tempo scorre nel corpo
di piante e animali, Mboi-Guaçu
ha perduto i suoi colori accesi,
solo il brillio dei suoi occhi rimane
sotto il chiarore lunare.
Dondolato dal vento, il muricì
scrolla i frutti dai rami.
sconvolte le bestiole che abitano
gli alberi, vivono lo scompiglio.
Ora il canto si fa sempre più alto
dai maracas i pajés intonano invocazioni.
Il sole si insinua con i suoi raggi
lo accompagna il canto degli uccelli
il grido degli animali. E la foresta
respira. La foresta respira sollevata.
Mboi-Guaçu è scomparso

 

 

 

 

 

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