SERGE LATOUCHE maitre a penser

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globalizzazione& pluriversalismo

roy arundhati      hans magnus enzensberger    noam chomsky    zygmunt bauman   

serge latouche       peter singer  

 

 

 

 MEGAMACCHINA

NOI NON SIAMO CHE INGRANAGGI

MA LA NOSTRA ANIMA E' SOVVERSIVA

E PREVALE IL NOSTRO ESSERE UOMINI  

rainews24

 

 

 

L'altra Africa -  Tra dono e mercato
Latouche sottolinea che questo, più che un progetto, è il risultato di una sconfitta subita nella guerra economica mondiale, sconfitta dalla quale, facendo di necessità virtù, emerge la "società informale", vera e propria "alternativa" storica allo sviluppo. I sei capitoli del libro disegnano un duplice percorso in cui la prospettiva africana - frutto di ricerche sul campo in Mauritania, Camerun, Senegal - chiarisce il discorso teorico e viceversa.

Sugli altopiani della Nuova Guinea si può sentire uscire da un transistor l’ultimo successo di New York, nel pieno della giungla del Sudest asiatico si può vedere un contadino che beve una Coca-Cola…
swif.uniba.it

Serge Latouche, il noto sociologo francese

dice che nelle società dell'Africa occidentale in cui ha lavorato non esisteva la parola "povertà" e la più vicina approssimazione era la parola "orfano" cioè qualcuno senza sostegno sociale.      

peacelink.org

 

Mondializzazione e decrescita. L'alternativa africana
In una forma accessibile al grande pubblico, Latouche mette a fuoco, con competenza e passione, temi e questioni che riguardano da vicino, oggi più che mai, il presente e il futuro dell'umanità e del nostro pianeta. Nel contesto di una severa analisi della logica dello sviluppo occidentale, interamente votata ai (dis)valori della proprietà e del profitto, sorda agli autentici bisogni delle persone e dell'ambiente, sale alla ribalta l'ambivalente situazione africana. Se da un lato si denuncia l'esistenza di un'Africa ufficiale, "mimetica", devastata dalla passiva acquisizione dei modelli e dei prodotti imposti dal mercato globale, dall'altro si esalta la silenziosa ma efficace operosità dell'"altra" Africa, quella abbandonata al suo destino ma proprio per questo capace di "cavarsela" da sola. Latouche oppone in particolare la "razionalità" occidentale, responsabile di uno scriteriato sfruttamento delle risorse umane e ambientali, alla "ragionevolezza" africana che, valutata sul piano della qualità e non della quantità, sembra venire incontro alle concrete esigenze degli individui. Proprio dall'"altra" Africa ci viene l'esortazione a "decrescere", a rinunciare a parte del nostro sterile benessere per tentare di invertire una situazione potenzialmente esplosiva.
ibs

l’alternativa africana è un’utopia?
In un’epoca in cui i traumatici effetti della crisi economica e climatica stimolano in Occidente una spinta alla sobrietà – concetto chiave nel pensiero di Latouche – l’Africa può costituire un esempio innovativo in campo sociale. La scommessa è restituire dignità al mercato come luogo creativo di scambio fra i suoi attori, opponendosi alla distruzione del legame sociale provocata dalla mondializzazione. Un’utopia? Forse, ma torno a riflettere sul fatto che l’HPI o Happy Planet Index (Indice di felicità umana) è maggiore in paesi che l’Occidente considera premoderni.

michele lauro - blog.panorama.it

 

 

È letteralmente osceno che la somma dei redditi degli 84 individui più ricchi del mondo sia superiore al prodotto interno lordo della Cina che ha un miliardo e trecento milioni di abitanti.    Il modello di sviluppo economico che le economie occidentali hanno applicato ed esportato non è sostenibile per il nostro pianeta  

romagnaoggi.it

 

 

 

Quello che sosteniamo noi è che la crescita oggi non è più possibile

non è più auspicabile

Il nostro pianeta non può sopportare altra crescita

Abbiamo compromesso tutto

l’aria

l’acqua

la terra

2013

 

 

 

 

decrescitA_ACRESCITA

non è il termine simmetrico di crescita ma uno slogan politico con implicazioni teoriche .

è una parola d’ordine che significa abbandonare radicalmente l’obiettivo della crescita per la crescita . un obiettivo il cui motore non è altro che la ricerca del profitto da parte dei detentori del capitale e le cui conseguenze sono disastrose per l’ambiente .

la parola DECRESCITA  nacque nel 1922
Normal ungrowth - scriveva Francis Scott Fitzgerald nel periodo della Grande depressione di cui fu portavoce.

stefano baldolini - huffington post

ACRESCITA
Ci hanno abituato a credere nella crescita infinita ma è una pura illusione. L'economia si è impossessata di tutto lo spazio sociale. Dopo gli anni Settanta le statistiche hanno mostrato che il Pil ha continuato a crescere, ma il benessere vissuto no. Guadagniamo di più ma siamo condannati a spendere di più per riparare i danni della crescita. Ora siamo arrivati al punto nel quale la torta non può più crescere ma soprattutto non deve più farlo. Dobbiamo cambiare la ricetta della torta. Dobbiamo parlare di acrescita come si parla di ateismo perché si tratta di uscire dalla religione della crescita, della fede nel progresso infinito, nel culto dell’economicismo
lindro.it

2001  -  si è cominciato a parlare della teoria della decrescita

un concetto che un gruppo di studiosi con preoccupazioni ecologiche ha ripreso dal titolo di una raccolta di saggi del matematico rumeno Nicholas Georgescu-Roegen.

Decrescita è stata la parola scelta per provocare -  Per sensibilizzare l’opinione pubblica. «Abbiamo dovuto abbandonare la religione della crescita – dice Latouche nel suo studio di Parigi che si trova vicino al leggendario Boulevard Saint Germain – In un mondo dominato dai media – spiega – non ci si può limitare a costruire una teoria solida, seria e razionale, dobbiamo avere uno slogan, si deve promuovere una teoria come si promuove una nuova lavastoviglie»

La crisi che stiamo vivendo oggi si è aggiunta a molte altre, e tutte si sono intrecciate. Non è più solo una crisi finanziaria ed economica, ma è una crisi ecologica, sociale, culturale… cioè, una crisi di civiltà. C’è chi parla di crisi antropologica.

unimondo.org

Se ho la bronchite è colpa del Pil

il consumismo sfrenato, la produzione famelica di beni materiali, provoca l’inquinamento e l’inquinamento ci fa ammalare.
turni di lavoro
Dovremmo ridurre gli orari in ufficio per lavorare tutti e vivere meglio. Invece siamo dei tossicodipendenti: la nostra droga è il consumismo.
soluzioni
Riappropriamoci del denaro: è un bene comune, lo diceva anche Aristotele.

ist abba-bellini 12.11.2014
a.t. - corriere.it

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chi trae profitto dal turismo di massa afferma che in questo modo si penalizzerebbero i meno abbienti, in favore dei più ricchi.
Ma il turismo non è democratico, è di élite.

Su una popolazione mondiale di quasi 7 miliardi di persone è una piccola percentuale quella che può permettersi di viaggiare. Per quanto riguarda Venezia deve prima di tutto finire lo scempio delle Grandi Navi in laguna, i cui passeggeri low-cost non portano alcun beneficio reale all’economia della città. E poi chi vuole godere delle bellezze di Venezia deve essere disposto a pagare tanti soldi: serviranno anche per pagare i danni provocati dal turismo stesso.
treviso - fondazione benetton - nuovi paradigmi della decrescita: aspetti economici, sociali e culturali - 2015

giorgio barbieri - nuovavenezia.gelocal.it

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decrescita è diventata una parola di moda ... oggi lei parla più di a-crescita...
È così. Si, se vogliamo essere rigorosi dovremmo parlare di a-crescita come lei ha detto bene. Ossia dobbiamo diventare come degli atei della religione della crescita, che è un mito dominante all’interno delle società capitalistiche. Dobbiamo uscire da questo mito che ha sacralizzato la crescita come fosse un dio che tutto domina e che tutto trascina nel baratro. Un dio idolatrico. Quando usai il termine decrescita, lo pensai in senso provocatorio proprio per aprire gli occhi delle persone abituate a sentire tutti i giorni, come un mantra, il ritornello della crescita come unica ricetta di sviluppo della comunità. Ho voluto semplicemente esprimere un concetto lapalissiano, difficilmente confutabile: nel quadro di un ecosistema finito il principio della crescita infinita è una contraddizione in termini.
francesco comina - altoadige.gelocal.it

DECRESCITA - torino 2018

Il capoluogo piemontese  può affrontare la sfida energetica e la fine delle relazioni economiche, puntando su un’autonomia energetica e alimentare. Il punto è capire come potrà sopravvivere in un mondo immerso nel caos, come accade in questo momento. Ecco perché penso ad una città sostenibile  ...  sul piano educativo secondo la concezione della decrescita è necessario resistere al monopolizzazione e alla colonizzazione dell’immaginario delle giovani generazioni. I figli sono diseducati a causa del bombardamento pubblicitario della televisione, che rapisce la loro attenzione per troppe ore. Non è un problema di scuola, quindi, ma di ciò che viene loro inculcato dai medium. Qualcosa si può cominciare a fare, come ad esempio la contropubblicità .  -sl
spaziotorino.it - 2018

 

l’espressione 'decrescita felice' non è di Latouche

anche se gli viene attribuita, bensì di Maurizio Pallante, esperto di politiche energetiche ...   Latouche precisa di non amare la locuzione   'decrescita felice'    primo perché lui non parla di discesa del Pil, né tantomeno ama ricorrere al termine  'felicità'  che considera concetto borghese e individualista, legato al consumo.
franco borgogna - ilgolfo24.it- 2019

www.facebook.com/lineaitaliapiemonte/videos  -  intervista - decrescita -  fiom torino  2019

https://youtu.be/8HTJiCRD-oY  -  DECRESCITA - UNIVERSITA STUDI TRIESTE  2019

 OSPITE ON LINE DEL CIRCOLO DEI LETTORI - decrescita - SETTEMBRE 2021

 

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pubblicità : un mezzo studiato per rendervi scontenti

di ciò che avete e farvi desiderare ciò che non avete

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Lavorare meno, lavorare diversamente o non lavorare affatto
Nella società occidentale contemporanea il lavoro è oggetto di affermazioni contraddittorie .    La sua scomparsa preoccupa, ma al tempo stesso è vista come un'utopia, tanto dalle élite politico-economiche quanto dall'opinione pubblica. Quel che è certo, ci spiega Serge Latouche, è che le tre promesse della modernità avanzata - lavorare meno guadagnando sempre di più grazie alla società dell'abbondanza, lavorare tutti in modo sempre più piacevole grazie alla civiltà del tempo libero e, in futuro, non lavorare più grazie alle nuove tecnologie - si rivelano del tutto mistificatorie se collocate all'interno della società odierna, poiché incompatibili per loro natura con il modello dell'economia capitalistica .    La crisi sanitaria, il cambiamento climatico e la perdita di biodiversità, ma anche le nuove problematiche emerse con l'introduzione della pratica del telelavoro e l'incidenza sempre maggiore di una vera e propria dipendenza dall'attività lavorativa, sono tutti segnali di una crisi e hanno reso evidente la necessità di un cambio radicale di paradigma. La soluzione sta nella rottura con la logica capitalistica e nella rinuncia al mito della ricchezza e della produttività incontrollata .    La risposta è la decrescita, l'unica che ci permetterebbe di realizzare le tre promesse tradite, comportando al tempo stesso una riduzione quantitativa e una trasformazione qualitativa del lavoro, in una prospettiva di abolizione del rapporto salariale .
mondadoristore - 2023

 

 

 

 

L'abbondanza frugale come arte di vivere  -  Felicità, gastronomia e decrescita

Il desiderio di felicità sembra essere un tratto congenito alla natura umana :   è comune a ogni epoca e a tutte le culture.      Ma se le parole ci permettono di comunicare e di comprenderci, sono al tempo stesso fonte di malintesi.     La parola «felicità», infatti, nasconde una trappola semantica.       Da un lato ha avuto per lungo tempo - dagli antichi greci al Medioevo e alla prima modernità - un connotato etico :  di armonia civile, indissolubilmente legata alla sfera pubblica e al buon governo, o di beatitudine spirituale, inscindibile dal divino e dal sacro. Dall'altro lato, prima con la Rivoluzione francese e poi con l'emergere del liberalismo, la felicità diviene invece un obiettivo dell'individuo, materiale e «quantificabile» attraverso merci e denaro: qualcosa, dunque, di neutro dal punto di vista etico.      La felicità moderna ha quindi sempre meno a che fare con una vita «buona» - in armonia con gli altri, con se stessi e con il proprio ambiente. Si identifica invece sempre più con il guadagno e la ricchezza.       A questa «felicità» deviante e in ultima analisi tossica, scrive Latouche in queste pagine, è oggi indispensabile contrapporre una frugalità sobria e serena, un'autolimitazione conviviale e gioiosa, veicolata, in maniera decisiva, dal nostro rapporto con il cibo e con l'alimentazione.       Contro gli eccessi dell'iperconsumo e dello spreco promossi dall'agricoltura produttivista e dalla grande distribuzione, ma anche contro il cibo spazzatura tipico dell'alimentazione globalizzata che con essa va di pari passo, Latouche sostiene il ritorno a un'agricoltura rispettosa del suolo e della vita, alle gastronomie tradizionali - legate agli ingredienti locali - e a una fruizione del cibo integrata, in armonia con l'ambiente circostante. L'obesità, la fame, la malnutrizione, le carestie raccontano infatti una stessa contraddizione: quella di una società intossicata dalla crescita e che sta fagocitando la vita.       A tutto ciò è necessario rispondere rallentando, riducendo e ridistribuendo, attraverso la costruzione di una società dell'abbondanza che sia al contempo felice e frugale.
mondadoristore - 2022

 

 

 

 

 

LA DECRESCITA PRIMA DELLA DECRESCITA

Un inedito album di famiglia degli obiettori di crescita. Una nuova storia delle idee.
Gli sbandieratori del produttivismo e dello sviluppismo – anche nella versione contrabbandata per «verde» o sostenibile – vorrebbero accreditare un’immagine settaria e marginale degli obiettori di crescita: un manipolo di utopisti tardomoderni con l’ossessione recessiva di far cambiare rotta alla civiltà. Ma la logica trionfante del «cresci o muori» non può certo invocare maggior realismo, proprio quando si profila lo schianto del pianeta sotto il peso ecologicamente e socialmente funesto di iperproduzione, iperconsumo e iperscarto. Quell’insensatezza che oggi è diventata sinonimo di catastrofe viene da lontano, come chi in ogni tempo ne ha denunciato le storture che già si annunciavano mortifere. Si tratta di filosofi, poeti, economisti, romanzieri, politici, teologi, di cui Serge Latouche fa qui l’appello in quanto precursori, pionieri e compagni di strada. Tutt’altro che gracile, l’albero genealogico della decrescita vanta il fior fiore del pensiero critico e della sapienza di diversi continenti, configurando una storia delle idee alternativa. In felice promiscuità vi prendono posto cinici, epicurei e buddhisti zen, decrescenti di città e decrescenti di campagna, mistici e anarchici naturisti, oppositori dell’industrialismo agli albori e antiglobalisti attuali. Tra loro, anche qualche «infrequentabile» o inclassificabile. Da Diogene a Tagore a Orwell, da Fourier a Gandhi a Berlinguer, da Pound a Baudrillard a Terzani, si compone una schiera multiforme a cui Latouche ascrive a buon diritto la propria prospettiva di un’«abbondanza frugale, o prosperità senza crescita, in una società solidale». Con gli obiettori di crescita, Latouche parteggia per la «sobria ebbrezza della vita» invocata da Illich, e continua a metterci in guardia dall’abisso.

ibs - 2016

Con questo ultimo libro: LA DECRESCITA PRIMA DELLA DECRESCITA PRECURSORI E COMPAGNI DI STRADA, Latouche si prefigge di dare profondità storica e ampiezza di respiro alla sua teorizzazione, dimostrando con facilità che non si tratta della bizzarra proposta di un critico prevenuto nei confronti della moderna società dei consumi ma di un’alternativa molto solida, che ha radici profonde mentre costituisce una risposta alle urgenze del presente. Sono filosofi, poeti, economisti, romanzieri, politici e teologi tenuti insieme dal filo di un umanesimo comunitario opposto all’individualismo che crea una società dove tutto è commercio .
quibrescia.it - 2017

 

 

 

 

Usa e getta
Molto a lungo, e fino alla metà del xx secolo, nel linguaggio comune la parola «economia» ha evocato un comportamento parsimonioso: voleva dire non dilapidare le risorse naturali, avere cura degli oggetti, non gettare via nulla, a meno che non fosse davvero inservibile. L’avvento della produzione di massa ha abbreviato drasticamente la durata delle merci: oggi la longevità dei cosiddetti beni durevoli è addirittura un disvalore commerciale, mentre la soglia di logoramento o di rottura coincide ormai con la data di scadenza della garanzia. Il ciclo breve sembra non dare scampo né alle cose né ai consumatori. Tuttavia non è un destino ineluttabile, per Serge Latouche. Con la sua abituale capacità di infilzare le storture della società della crescita, mette in sequenza gli antecedenti storici e fraudolenti dell’obsolescenza programmata (le vicende dell’adulterazione dei prodotti), ne smaschera la logica odierna, che coinvolge uomini e merci nello stesso vortice di liquidazione, e indica una via d’uscita: una prosperità senza crescita, prospettiva frugale ma non pauperista in cui durevolezza, riparabilità e riciclaggio prendano il posto dell’usa e getta generalizzato. Il cambiamento del nostro modo di produrre, di consumare e innanzitutto di pensare non potrebbe essere più radicale.

carmine castoro - altroquotidiano.it - 2013
Stampanti bloccate a orologeria, dopo diciottomila copie, o computer fuori uso allo scadere dei due anni: non siamo di fronte a una strana moria elettronica degna della fantascienza, bensì alla manifestazione più recente di un fenomeno che è parte integrante della società della crescita. Si chiama "obsolescenza programmata" e fa sistema con il nostro modo di produrre, di consumare, di pensare, di vivere. Significa che gli oggetti messi in vendita hanno una fragilità calcolata, tanto che la durata della garanzia coincide spesso con la loro vita effettiva. Impossibile ripararli. Vanno gettati e subito sostituiti con altri, ancora e ancora. Di questa illimitatezza malata, che ci avvolge sempre più nella spirale di iperproduzione, turboconsumo e immane scarto, Serge Latouche è l'oggi l'accusatore più conseguente. Con la sua capacità di infilzare le storture di un'economia di catastrofe, mette in sequenza gli antecedenti storici e fraudolenti dell'"usa e getta", ne smaschera la logica simbolica e indica una via d'uscita: una prosperità senza crescita, prospettiva frugale ma non pauperista che sappia decolonizzare la mente dall'imperialismo delle merci, e riprenda il passo umano della durevolezza, della riparabilità e del riciclaggio.
libreriauniversitaria.it - amazon.it
e-book - lafeltrinelli.it - 2013

La società cosiddetta sviluppata si fonda sulla produzione di massa del deperimento, cioè sulla perdita di valore e il degrado generalizzati tanto delle merci quanto degli uomini ovvero sullo schiacciamento del tempo e il trionfo dell'effimero.   s. latouche
Un fenomeno quello dell'usa e getta che tende a dilatarsi in tutti gli aspetti della nostra vita secondo   Zygmunt Bauman    persino nell'amore e nella sessualità.

ilsole24ore.com - 2013

 

 

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La fine del petrolio coinciderà con la fine delle fibre sintetiche e dell’agricoltura produttivista perché i concimi chimici sono petrolio così come i pesticidi .

 

 

LE OTTO ERRE   DELLA SFIDA DELLA DECRESCITA -  achille rossi - megachip.info
La crescita  sembrava mettere tutti d'accordo, ma c'erano due perdenti: la natura, trattata come una risorsa a costo zero, e il sud del mondo, che non ne otteneva alcun beneficio. La necessità di cambiare strada si esprime per Latouche nella realizzazione del circolo virtuoso delle 8 R:

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1 Rivalutare i valori in base ai quali organizziamo la nostra vita
2 Riconcettualizzare i significati di ricchezza, di povertà e ancor più urgentemente di scarsità e abbondanza
3 Ristrutturare le strutture economico-produttive, i modelli di consumo, i rapporti sociali, gli stili di vita
4 Rilocalizzare l’economia, particolarmente nel settore agro-alimentare
5 Ridistribuire la ricchezza garantendo agli abitanti della terra l’accesso alle risorse naturali e condizioni di vita dignitose per tutti
6 Ridurre l’impatto sul ambiente dei nostri modi di produrre e consumare
7 Riutilizzare le apparecchiature e i beni durevoli anziché gettarli in una discarica
8 Riciclare tutti gli scarti derivanti dalle nostre attività.

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rivalutare

riconcettualizzare

ristrutturare

ridistribuire

rilocalizzare

ridurre

riutilizzare

riciclare

durante una conferenza a roma ne avrebbe aggiunta un'altra - ritrovare il tempo per la vita contemplativa - 2012

 


Rilocalizzare -  Riconvertire - Ridurre
cosa pensa dell’unione europea?
E’ una tragedia. Non è facile per Paesi celibi unirsi in matrimonio.

L’Ue è sbagliata sin dalle fondamenta: prima bisogna fare un’unione politica e culturale e solo poi economica. Però la fiscalità deve essere unica e anche la legislazione. Sennò ci troviamo di fronte ad un’unione finta come la Jugoslavia di Tito. L’allargamento senza una base solida è impossibile e l’Europa sta diventando un mostro ingestibile. Di certo la moneta unica era l’ ultima cosa da fare. Ora l’Unione può esplodere da un momento all’altro. Un’alternativa potrebbe essere rappresentata dalla creazione di un’Europa Latina.
laura bernardi locatelli - larassegna.it - 2015

Sembra che l’uscita della Grecia sia l’inizio di una fine, ma direi una fine auspicabile perché questa Europa costruita nel senso contrario al buon senso è meglio che crepi.
festival della sostenibilità - ripe san ginesio - andrea riva - ilgornale.it 

 

 

 

      LA CRISI SARA LUNGA E PROFONDA    

 

Credo che la crisi sia un problema per tutto il mondo non solo dell'Europa  - gli Stati Uniti non sono messi molto meglio.   Purtroppo l'Europa per come la conosciamo ora  credo che fallirà ma al suo posto potrebbe nascere un'altra Europa.    I giorni dell'euro sono contati.    Tra due o tre anni la moneta unica sarà finita

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PER L'ITALIA SERVE LA BANCAROTTA

2012

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Non credo che l’euro abbia un futuro. L’Europa non può mantenere una moneta comune avendo un diverso fisco, diversi welfare, diverse leggi sull’ecologia.
intervista a 'sette' - fb/informazionelibera

 

 

 

 

 

L'INVENZIONE DELL'ECONOMIA
... L’individualismo è il tratto più specifico dell’Occidente dopo il Rinascimento. È la condizione dell’emergere dell’economico e, di conseguenza, del lavoro. L’individualismo, come noi lo intendiamo, implica che l’umanità sia costituita da una pluralità di atomi identici che si trova di fronte a una natura fondamentalmente ostile. La sopravvivenza di queste “particelle elementari” passa per la lotta contro la natura e la sua trasformazione aggressiva. Questa lotta faticosa e universale si chiama lavoro. L’individuo dunque non è una persona con le sue radici, la sua storia, i suoi legami e i suoi progetti, ma un essere anonimo fatto di bisogni di cui l’homo oeconomicus è il prototipo. Sebbene di fatto, anche nelle società moderne, sia ripartito in modo estremamente ineguale tra i cittadini, il lavoro implica pur sempre un’uguaglianza fondamentale di tutti, un’uguaglianza primordiale di fronte alla lotta per la vita e la sopravvivenza. Di qui il suo carattere universale e astratto. E di qui anche il fatto che la società moderna è anzitutto una società “lavorista”. Il fatto che tutti gli uomini diventano formalmente dei “lavoratori” altro non è che la realizzazione concreta del concetto stesso di lavoro

rassegna.it

Di fronte a questa crisi i governi occidentali continuano ad affermare, l’ultimo vertice europeo di Bruxelles ne è la conferma, che bisogna puntare sulla crescita (specialmente per economie gravate da un forte debito pubblico come quella italiana). Quali sono i limiti di questo paradigma?
Puntare sulla crescita per uscire dalla crisi è una stupidità e mostruosità. Una stupidità perché da molti anni la crescita che conosciamo con un tasso del -2% e anche -3% non crea più posti di lavoro. Per creare dei posti di lavoro ci vorrebbe una crescita del 4% o del 5% oggi non è né possibile né auspicabile perché distrugge troppo l’ambiente. Non possiamo più consumare ancora macchine, macchine, non è possibile. E’, poi, una mostruosità perché con la crescita siamo arrivati ai limiti dell’ecosistema, la crescita distrugge ancora più velocemente il pianeta. Siamo già nei guai con il cambiamento climatico, la perdita della biodiversità, la fine del petrolio, ecc.
Ce la farà la sinistra europea a rinnovare il cammino dell’Europa?
Purtroppo non c’è speranza. Anche la sinistra, quella dominante, ha bisogno di una “rivoluzione”. La speranza viene dall’Italia perché con le liste civiche, i movimenti della società civile – come a Napoli e Milano – che sono fuori dai partiti hanno indicato una strada che mi sembra vada nel buon senso per cambiare le cose.
rainews24

 

Come si può resistere in un paese che è stato definito “assurdistan”, come bisogna educare i propri figli?

La missione dell’educatore deve essere quella di opporsi alla colonizzazione dell’immaginario collettivo, difendere e trasmettere i veri saperi, allontanando il più possibile i giovani dallo studio delle “3 i” : inglese, informatica e impresa che secondo Latouche sono sinonimo di ignoranza, inciviltà e incultura.
Bisogna spezzare il cerchio del determinismo e recuperare l’autonomia, condizione necessaria per sopravvivere, attraverso lo sviluppo della resilienza, ovvero la capacità di riadattarsi e rigenerarsi dopo un danno. La chiave è limitare i bisogni e diminuire i consumi.

andrea ruggeri - sottodiciottofilmfestival.it

 

siamo su un’auto senza freni lanciata contro un muro

se scegliamo la “crescita con crescita”, cioè “salvando” l’attuale economia con una spettacolare “ripresa”, ci schiantiamo a trecento chilometri orari. E se invece restiamo nella “crescita senza crescita”? «Andiamo lo stesso a sbattere, magari solo a duecento all’ora». La salvezza? Cambiare tutto, abbandonare il capitalismo suicida. Perché «è inutile cambiare il software se non si cambia anche l’hardware».
informarexresistere.fr - 2011

Siamo al centro di un triangolo i cui tre vertici sono: la sopravvivenza, la resistenza e la dissidenza.

Non dobbiamo dimenticare né privilegiare nessuna di queste tre dimensioni.  Prima di tutto dobbiamo sopravvivere. E' ovvio, senza cio' nessuna resistenza ne' dissidenza sarebbe possibile ...Sopravvivere significa adattarsi al mondo, ma non significa che dobbiamo approvarlo né aiutarlo a funzionare, al di là del necessario. Dobbiamo accettare dei compromessi nell'azione concreta e quotidiana, ma senza accettare le compromissioni nel pensiero. Già questa è una forma di resistenza.  La resistenza mentale all'impresa del "lavaggio del cervello" da parte dei media e il dominio devastatore del "pensiero unico". Dunque dobbiamo resistere ....se pensiamo che siamo imbarcati in una megamacchina che fila a gran velocità senza pilota e quindi condannata a fracassarsi contro un muro. Resistere significa allora, tentare di frenare, tentare di cambiare la direzione se è ancora possibile.

edscuola.it

 


Coltivare la capacità alla rinuncia

per favorire una maggiore convivialità globale, secondo Latouche, è l’unica strada percorribile sui sentieri della sostenibilità. Problemi come quelli dei rifiuti o delle emissioni di anidride carbonica, non solo non concepiscono soluzioni locali, ma necessitano di una consapevolezza globale. Per cui, il miglior rifiuto o il miglior gas inquinante è, senza dubbio, quello non prodotto.
Rallentare per tornare a rispettare i tempi della natura e apprezzare le fasi della maturazione. Rallentare per tornare a essere viaggiatori e non solo turisti. Rallentare per trattenersi e consentire l’interscambio personale, e non solo attrarre e fissare emozioni lunghe l’effimero scatto di una macchina fotografica. Rallentare per consolidare effetti ed affetti. Per tornare a sorridere, riconciliarsi ed esprimere una contagiosa “gioia di vivere”.

antonio v. gelormini - puntodistella.it

 

 

Time to De-Grow
Serge Latouche, professor emeritus of economic science at the University of Paris-Sud, is one of the main proponents of "the society of de-growth" …
In place of the current dominant system, Latouche argues for "a society of assumed sobriety; to work less in order to live better lives, to consume less products but of better quality, to produce less waste and recycle more" …
De-growth does not mean negative growth. Negative growth is a self-contradictory expression, which just proves the domination of the collective imagination by the idea of growth … The de-growth society would not be the same in Texas and in the Chiapas, in Senegal and in Portugal …
networks for knowledge exchange - represent pedagogical laboratories for the creation of "the new human being" demanded by the new society …
we do not have much time, but the turn of events can help accelerate the transformation.
claudia ciobanu - ipsnews.net

 

 

 

 

 

        

Io sono un ateo

Credo, comunque, di essere attraversato dalla fede, ma non so che cosa sia la fede, in me. Io sono un ateo, un pagano che ha la fede.    

Credo che sia molto importante, trasmettere ai giovani una fede.   

Non una religione, né un modello. Per fare questo non ci sono ricette: chi possiede una fede la trasmette automaticamente a chi lo circonda, senza deciderlo.  

E' come una lampada che diffonde la sua luce. Il dramma della maggior parte dei giovani d'oggi è che la vita per loro non ha più "senso" perché non hanno fede.   

Ma non è questione di religione.
edscuola.com

 

 

 

principali pubblicazioni

 

2023

LAVORARE MENO LAVORARE DIVERSAMENTE O

NON LAVORARE AFFATTO

PENSER UN AUTRE MONDE

OBSOLESCENCE

2022

L’abbondanza frugale come arte di vivere

2021

tao della decrescita

breve storia della decrescita

travailler moins

quel che resta di braudillard

2019

HYPERPOLISH - sl e marcello faletra

I NOSTRI FIGLI CI ACCUSERANNO ?

2018

DECRESCITA O BARBARIE

2017

IL TEMPO DELLA DECRESCITA

2016

LA DECRESCITA PRIMA DELLA DECRESCITA

2015

pasolini - l'insensata modernita

2014

decolonizzare l'immaginario - 3a ed

L'ECONOMIA E UNA MENZOGNA

USCIRE DALL'ECONOMIA

2013

DOVE VA IL MONDO ?

CRONACHE DI UN OBIETTORE DI COSCIENZA

COME POTREMMO VIVERE

FINE CORSA

USA E GETTA

FOLLIE DELL'OBSOLESCENZA PROGRAMMATA

A proposito di crisi: crescere o decrescere?

2012

LIMITE

PER UN'ABBONDANZA FRUGALE

2011

Come si esce dalla società dei consumi

IL TEMPO DELLA DECRESCITA

 

 

2010

LA FINE DEL SOGNO OCCIDENTALE

FAREWELL TO GROWTH

COME REINCANTARE IL MONDO

2009

Mondializzazione e decrescita

2008

BREVE TRATTATO SULLA DECRESCITA SERENA

2007

Sortilegi . Racconti africani

la scommessa della decrescita

DEMOCRAZIA E DECRESCITA

2005
Come sopravvivere allo sviluppo
Decolonizzare l'immaginario

Altri mondi  altre menti  altrimenti

2003
Giustizia senza limiti
Il pensiero creativo contro l'economia
La fine del sogno occidentale

2001
L'invenzione dell'economia

2000
Immaginare il nuovo
La sfida di Minerva
Il mondo ridotto a mercato
1997
L'Altra Africa  tra dono e mercato
1995
La megamacchina
1993
Il pianeta dei naufraghi
1992
L'occidentalizzazione del mondo
 

unilibro.it  -  libreriauniversitaria.it  -  festivaletteratura.it

http://it.wikipedia.org/wiki/Serge_Latouche

 

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coronavirus - La Terra ci sta mandando segnali sempre più inequivocabili e pressanti ... Siamo vicini al collasso ma non c’è ancora in chi ci guida la consapevolezza necessaria per un’inversione di rotta  ...  ci troveremo di fronte a una scelta obbligata  ...     -sl
carlo andrea finotto - 24plus.ilsole24ore.com - 2020

Mi ha colpito molto la facilità con la quale il popolo ha accettato delle cose incredibili, da un giorno all’altro non ci abbracciamo più, non ci prendiamo la mano, la socialità è quasi interrotta. La gente ha accettato tutto. Questo vuol dire che l’uomo ha una capacità di adattarsi incredibile. La cosa buona è che potremmo adattarci a una società di non crescita, di frugalità, ma con la stessa facilità potremmo adattarci con altrettanta facilità a un eco-fascismo, come in 2022: i sopravvissuti, il film di Richard Fleischer degli Anni Settanta.
eleonora lombardo - larepubblica.it - 2021

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