SERGE LATOUCHE maitre a penser

VANNES   BRETAGNA  - 12 GENNAIO 1940

 

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globalizzazione&pluriversalismo

roy arundhati      hans magnus enzensberger    noam chomsky   zygmunt bauman  

serge latouche      peter singer  

 

Serge Latouche

nato a Vannes - 12 gennaio 1940  

insegna Storia del Pensiero Economico presso l'Università Jean  Monnet  di  Parigi  e conduce  attività seminariale  presso  l’IEDES

Institut d’ Étude du Économique et Social -  

Esperto di cooperazione allo sviluppo  e specialista del Terzo Mondo e dell’epistemologia delle scienze sociali

Economista e filosofo,  esponente di spicco del Mauss -  movimento anti-utilitarista - presidente dell'associazione La ligne d'horizon

PRESIDENTE ONORARIO PIANA ECO FESTIVAL dal 2015 - reggio calabria

 

professore emerito di Scienze economiche presso l’Università di Parigi-sud  XI.    

Tra gli animatori della  Revue du MAUSS Movimento Anti-Utilitarista nelle Scienze Sociali ha insegnato anche presso l’Institut d’Etudes du Developpement Economique et Social di Parigi.

È uno dei principali esponenti della teoria della decrescita a livello internazionale contrapponendo all’ occidentalizzazione del mondo  e alla diffusione del capitalismo globale finanziario un modello di convivenza economica che rivaluti i princìpi di sostenibilità, localismo e frugalità

festivalfilosofia.it

 

 

1998 - Premio Speciale per Studi Politici Luigi Sturzo
2009 - premio artusi
2013 - premio capalbio internazionale

2013 - Premio Marcello La Greca Grifone d’argento

2013 - premio vincenzo dona - voce consumatori

2018 - TIGNANO FESTIVAL - PREMIO PER L'AMBIENTE

 

 

Non ci può essere una crescita illimitata in un pianeta le cui risorse sono limitate e ormai sono stati raggiunti e superati i ‘limiti del pianeta’ -  la decrescita pertanto è necessaria per risparmiare all’umanità la gravissima crisi alla quale ci sta portando l’attuale organizzazione economica e sociale      2011

Se si è felici si è meno soggetti alla propaganda televisiva e alla dipendenza dagli acquisti compulsivi

L'attuale sistema agricolo non può nutrire un pianeta che nel 2050 raggiungerà quota 9 miliardi di abitanti. Abbiamo già trasformato 18 milioni di ettari di foreste in deserto, ma nel 2050 non ci saranno più foreste da saccheggiare. Dobbiamo diminuire la nostra impronta ecologica, produrre cibo che verrà mangiato localmente       2012

L'ECONOMIA HA FALLITO, IL CAPITALISMO E' GUERRA, LA GLOBALIZZAZIONE VIOLENZA   ...  ho perso la fede nell'economia. Ho capito che si tratta di una menzogna, l'ho capito in Laos dove la gente vive felice senza avere una vera economia perché quella serva solo a distruggere l'equilibrio. E' una religione occidentale che ci rende infelici
giuliano balestrieri - repubblica.it -   2015

La globalizzazione ?    Libera volpe in libero pollaio ...
Lavoriamo sempre di più per guadagnare sempre meno. Viviamo l'incubo di una società di crescita senza crescita
     2016

 

 

la globalizzazione è la più grande truffa della storia

un gioco al massacro su scala globale

SL - 2015

 

 

 

avrebbe preferito un’europa più piccola?
Sarebbe stato tutto più semplice

Non si può avere una moneta unica senza una legislazione fiscale unica

Abbiamo messo, come si dice in francese    ' la charrue avant les boeufs '
roberto rosano_intervista - micromega.net/il-neoliberismo-va-superato

2023

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L'OCCIDENTE A RISCHIO GLOBALIZZAZIONE

l´aumento costante della disuguaglianza tra nord e sud del pianeta, si può considerare come la principale causa dei mali che affliggono il nostro mondo.     Dopo il crollo del muro di Berlino si pensava che avremmo vissuto tutti meglio e soprattutto in pace. La "mega macchina" economico-tecnologica invece ha cominciato a lavorare per annullare le culture, ed imporne una propria. Anche chi si è schierato contro questa globalizzazione l´ha in qualche modo favorita continuando a parlare di multiculturalità, favorendo in questo modo la radicalizzazione della diversità. La parola giusta da usare e da applicare al problema è pluriuniversalità, che significa conoscere ed accettare il diverso. Perché davvero se tutte le culture avessero lo stesso spazio ci sarebbe convivenza pacifica.            

 

new-global

mondiale ..."morale" economica priva di etica (se non quella del mercato) che gioca su disparità e ingiustizie: il fine giustifica i mezzi? quale fine? quali mezzi? "economia giusta" o "società giusta"? ...  

intervista  - paola bonora   arcoiris.tv

PROCESSO ALLA GLOBALIZZAZIONE

La fede nel progresso ci possiede a tal punto da sembrarci inconcepibile non andare avanti. Siamo saliti su un bolide che sembra non aver più né marcia indietro, né freno, né conducente. Il suo motore? La mondializzazione liberale. Il suo obiettivo? La mercificazione del mondo. I suoi effetti? La crisi di mucca pazza, gli orrori degli organismi geneticamente modificati, l'instabilità economica, il surriscaldamento della terra, i terribili attentati all'ambiente. La presente opera, di una notevole varietà e ricchezza, riunisce i più grandi specialisti mondiali di tutte le materie trattate.

EDWARD GOLDSMITH PREFAZIONE DI SERGE LATOUCHE

peacelink.it

 

 

universalismo

sembra una parola bellissima, ma è bellissima per noi occidentali perché l’abbiamo inventata nel Settecento, è la parola d’ordine dell’illuminismo. Ma oggi si verifica che non tutti si riconoscono in queste aspirazioni cosiddette universalistiche, perché l’universalismo alla fine è l’ideologia occidentale, anche con i diritti dell’uomo. Un amico, che è un teologo famoso, Raimon Panikkar, dice che in tutte le civiltà ci sono delle aspirazioni più o meno condivise che hanno delle affinità: sono equivalenti, ma non identiche. Per esempio gli indiani, che pensano che la mucca sia molto più importante di altre cose, hanno un’aspirazione alla dignità che si traduce nel termine dharma. Ma non è esattamente la stessa cosa che i diritti dell’uomo, e noi occidentali, abbiamo imposto questa ideologia universalistica che di fatto è l’ideologia occidentale. E penso che se vogliamo la convivenza delle culture, dobbiamo pensare a un dialogo vero, non ad un imperialismo, non a un imperialismo culturale, perché oggi viviamo in un tempo di imperialismo culturale occidentale sotto la forma dell’universalismo imposto. Così si può fare un gioco di parole con universalismo, pensiero unico, mondo unico, universo unico. "Pluriversalismo" significa che c’è un’aspirazione comune nella diversità: un vero pluralismo culturale fondato su una vera democrazia delle culture. Tutte sono diverse, uguali e condividono naturalmente la volontà di tolleranza reciproca.

prom.it    rainews24 incontri     edscuola.it

 

 

Il ritorno dell’etnocentrismo e la necessità di un pluriversalismo
Serge Latouche insegna all’Università di Parigi XI e presso l’IEDES (Institut d’Etude du Developpement Economique et Social, Parigi).Specialista del Terzo Mondo e della epistemologia delle scienze sociali, è tra i fondatori del Mauss (Movimento anti-utilitarista).
 

cscsalerno.org/progettoCISP.htm

 

il multiculturalismo è il cosmetico della mondializzazione
Mi riferisco a un certo discorso multiculturalista, quello, ad esempio, sviluppato dalle agenzie di viaggio, che promuove la "scoperta di nuove culture" come una cosa fantastica, e parla di una diversità che non si era mai vista nella storia dell'uomo. Questa è una forzatura, un errore storico. Il multiculturalismo non è stato una scoperta della modernità, né della postmodernità. Ci sono già state esperienze di convivenza tra culture diverse, e non così livellatrici come quella di oggi. L'antropologo Marco Aime lo dice bene. A Venezia, fra il XIII e il XV secolo, c'erano albanesi, c'erano ottentotti, che vivevano in certi quartieri, gli ebrei vivevano nel ghetto, ma non era una condizione realmente escludente. Nessuno era uguale, e ognuno era differente in rapporto al potere. Non voglio dire che tutto funzionasse, ma c'erano dei meccanismi di bilanciamento e di compensazione.
Quello che va demistificato è l'uso che si fa del multiculturalismo per nascondere il terribile dramma dell'uniformazione planetaria: la diffusione generalizzata di McDonald's, della Coca-Cola, di un modo di vita occidentale che viene presentato come ideale, e che colonizza le menti delle persone distruggendo al tempo stesso i loro mezzi di sussistenza. Quando si fa bere la Coca-Cola a delle popolazioni africane o latino-americane, si distruggono le imprese locali, l'artigianato locale, le tradizioni locale, in cui ci sono bevande particolari come succhi di frutta o succo di canna da zucchero, etc. La stessa cosa avviene per l'alimentazione, con McDonald's e il fast food. Questa è un'uniformazione culturale. E la stessa cosa avviene per la musica: si esalta la musica folk, la musica etnica, ma tutto ciò in realtà passa attraverso una formattazione hollywoodiana, americana…

socialpress.it

 

 

Si dovrebbe ciononostante sapere

che non esistono valori che siano trascendenti rispetto alla pluralità delle culture, per la semplice ragione che un valore esiste come tale solo in un contesto culturale dato. Questa situazione è stata resa possibile dalla demonizzazione degli eccessi di ritorno che la stessa mondializzazione genera: crescita degli integralismi e dei terrorismi etnicisti. I ripiegamenti identitari provocati dalla uniformizzazione planetaria e la messa in concorrenza esacerbata degli spazi e dei gruppi sono tanto più violenti quanto la base storica e culturale è più fragile (o anche inesistente, come nel caso limite della Padania). Amplificati dai media, questi fenomeni hanno provocato una tale repulsione, senza dubbio legittima, che ne risulta esaltato un universalismo beatificato e tutto d'un PEZZo , di essenza esclusivamente occidentale, con la ripetizione magica di slogan vuoti.  

www.carta.org

 

 

Il pensiero unico uccide la giustizia
Il suo ultimo libro tradotto in italiano si intitola Giustizia senza limiti una formula che Serge Latouche ha abilmente «rubato» a George Bush (Enduring Justice era il primo nome con cui il presidente americano indicò la reazione americana all’11 settembre), rovesciandone il senso. In questo libro Latouche fa un’analisi dell’economia nell’era della mondializzazione e ne denuncia la fondamentale ingiustizia. Ma introduce sin dall’inizio un concetto caro al pensiero ecologista, quello di «limite».
Che relazioni ci sono fra giustizia e limite, ai tempi della mondializzazione?
«Le due cose, a mio parere, sono strettamente legate: se la giustizia, come dice il titolo del mio libro, si presenta “senza limiti”, è perché viviamo in una società senza limiti, con un’economia senza limiti, che tende a formare un mondo unico con un pensiero unico, e immagina che questo basti per avere una società giusta. Questa è l’ideologia liberale e, dunque, dopo aver denunciato l’impostura del mondo ridotto a mercato, mi sono sentito chiamato a denunciare l’impostura di un mondo che vorrebbe essere giusto, ma “senza limiti”. Perché io credo che la giustizia sia, prima di tutto, una questione di limiti. La giustizia, come indicò già Aristotele, risiede essenzialmente nella misura: un mondo senza limiti è legato all’atteggiamento che i greci hanno chiamato hybris, qualcosa appunto che è eccessivo, “fuori misura”, sia per quanto riguarda la giustizia che la società più in generale.  

articolo 21

 

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Lo sviluppo non è sostenibile perché è fondato sulla crescita.

Una crescita che non è finalizzata a soddisfare i bisogni

ma a crescere per far crescere all’infinito la produzione e i consumi

con la conseguenza che a crescere  sono i rifiuti e l’inquinamento.

E il pianeta rischia di essere distrutto
sienafree.it

 

L'antiutilitarismo  

nel pensiero del suo più qualificato e profondo interprete, Serge Latouche   -- indagando sulla genealogia dell'economicismo non può che intrecciarsi con quella parte minoritaria, ma qualificata, del pensiero ecologista. Il reinserimento dell'economia nel sociale, la risacralizzazione del vivente e il conseguente re-incanto del mondo sono punti di riferimento condivisi, che d'altra parte assumono un sano realismo antiutopistico nel negare sia la razionalizzazione dell'ambiente ridotto a risorsa economica che l'idilliaco rispetto dell'incontaminato. Solo un equilibrio è possibile, tra cultura e natura: lo sbilanciamento per una delle parti in causa rafforza la vettoriale dialettica progresso/reazione a scapito della ciclicità, del senso del limite dell'armonico, che si incarna nel valore della giustizia condiviso nel bene comune. La critica dell'esistente non può identificarsi con la negazione della realtà, patologia genetica e germinalmente totalitaria degli ideologismi positivi, sia idealistici che materialistici.
italy.peacelink.org 



femministe
A volte vengo aggredito da qualche femminista, che mi rimprovera di non parlare delle donne. Be', rispondo dicendo che non ne ho parlato pe
rché non sono una donna, siete voi donne che ne dovete parlare. Si comincia a parlare dall'"io sono non è vero?
Secondariamente, c'è un malinteso su questo punto quando si apre un dialogo con altre culture, perché anche il femminismo è nato in una società occidentale, ed è nato a partire dalla visione individualista della nostra cultura, che sacralizza l'individuo a scapito delle altre dimensioni, di gruppo o anche personali. Per noi l'individuo è tutto, ma non è così per altre società, per altre culture, che spesso hanno una visione olistica, integrale, del rapporto fra gli esseri umani e il mondo.
Perciò riconosco la legittimità del movimento femminista all'interno del mondo occidentale, che concepisce la società come un'associazione di individui. È normale che in una situazione come questa le donne, per così dire, rivendichino la loro parte; ma al tempo stesso bisogna comprendere che può non essere lo stesso in altre società, in cui il rapporto fra i sessi, il rapporto fra uomini e donne, è concepito a partire da una visione globale: in queste società non è detto che le donne stesse maturino un punto di vista "femminista" all'occidentale. Malgrado tutto, siamo sempre alienati. Alienati può essere un altro termine per designare una situazione in cui tutto è formattato, in un modo o in un altro. Se non si è formattati in un certo modo lo si è in un altro. Da questo punto di vista l'individualismo è una forma di alienazione.

socialpress.it

 

chi non trova il proprio posto

in questo universo uniformizzato

è semplicemente condannato a scomparire


“Quando ho scritto questa frase pensavo prima di tutto ai popoli cosiddetti indigeni come gli indiani dell’Amazzonia o altri popoli che sono in via di estinzione che non vogliono inserirsi nella logica occidentale o non possono farlo e sono più o meno distrutti sia fisicamente che culturalmente. Invece tu dici che questo oggi non è totalmente vero, che si vede che anche gli occidentali sono condannati per questo processo uniformizzante a sparire e che i popoli che hanno conservato più legami con la tradizione, con la cultura, la terra e la propria identità culturale, hanno un futuro. Questo lo penso anch’io, ma possiamo fare una distinzione temporale da questo processo di occidentalizzazione del mondo.

Quelli che hanno rifiutato di fare compromessi con l’occidente sono spariti, mentre quelli che hanno potuto farne, che si sono più o meno occidentalizzati ed hanno conservato anche le loro radici, hanno fatto sia la resistenza che la dissidenza in rapporto al rullo compressore occidentale, hanno forse davanti a loro un futuro più sicuro.
bloom.it

 

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consumare meglio e realizzare l’autonomia alimentare

Ogni giorno 8 mila camion vanno dall’Italia alla Francia e viceversa

per portare l’acqua San Pellegrino da un lato e l’acqua Evian dall’altro

Nel 2020 non ci sarà più petrolio per far camminare i camion

genova24.it - 2011

 

 



Non sono più un economista - ho perso la fede nell'economia
Viviamo in una società che a poco a poco si è lasciata fagocitare dall'economia.    Dobbiamo recuperare la capacità di meravigliarci.
Viviamo nell'era del tutto e subito ma non ci affezioniamo più a nulla. L'unico modo per uscirne è costruire una società che sacralizzi prima di
tutto il rispetto per la natura e l'ambiente in cui come uomini ci muoviamo.

andrea crocioni - convegno - paradigma della decrescita e dimensione spirituale - pubblicitaitalia.it - 2012

 

All’inizio della mia carriera ero un economista puro e duro, sono andato come un  'missionario'  a predicare l’economia in Africa negli anni ’60;  poi sono diventato un   'pagano',   ho smesso di credere nel progresso, nell’economia, nella crescita e sono diventato un profeta della Decrescita.
francesco paolo busco - identitainsorgenti.com - uni federico II napoli - 2017

 

DECRESCITA

La decrescita non è un’alternativa  ma una matrice di alternative.
abbiamo bisogno ovunque di un cambiamento radicale - si deve lavorare meno ore per tutti i lavori ma soprattutto si deve lavorare meno per vivere meglio - questo è più importante e più sovversivo . E si deve passare da un’agricoltura intensiva a un’agricoltura biologica.

comune-info.net - 2013

Decrescita non vuol dire recessione ma rallentare la globalizzazione.

Ripensare un modello di società che si allontani dai precetti della teoria neoliberista e dall’obiettivo della crescita illimitata che porterà inevitabilmente al collasso.
l'aquila - 2016

 

https://youtu.be/sRFMyBurBsk  - 2018

facebook.com/QuanteStorieRai3/videos - intervista - 2018


 

 

È un mondo senza speranza? Può dare cinque semplici regole quotidiane per salvare l’ecosistema?
La devastazione del mondo non dipende dal comportamento individuale. Certo, dobbiamo proteggere il pianeta, ciononostante gli altri continueranno a consumare e a distruggere. Serve una rivoluzione culturale, un cambiamento radicale. L’abbattimento dell’oligarchia mondiale. Tutti sanno cosa si deve fare, il problema vero è che non si fa.
ilaria ulivelli - qn.quotidiano.net - 2013

 

 

' sviluppismo ' - venezia - Cambiare rotta. Per una riconversione sociale ed ecologica
La crisi che stiamo attraversando può favorire quell’uscita dall’economia da lei auspicata?
La crisi non solo favorisce l’uscita dall’economia, ma la rende l’unica vera soluzione a lungo termine. Stiamo vivendo una crisi che non è solo economico-finanziaria, ma ecologica, sociale, culturale. É la crisi della stessa civiltà occidentale. Siamo di fronte all’“ora della verità” per il sistema economico capitalista mondializzato. Non possiamo prevedere l’apice della crisi, ma sappiamo che se restassimo sulla strada percorsa finora non andremmo oltre il 2030 come d’altronde prevedono il quinto rapporto dell’IPCC - il Panel intergovernativo sui cambiamenti climatici, ndr -  e il terzo rapporto del Club di Roma.

giuliano battiston - lettera22.it - 2014

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i pensatori della crescita sono una piccola parentesi nella storia del pensiero dell’umanità. I grandi pensatori sono sempre stati molto duri contro il produttivismo.
i popoli felici non consumano. sono quelli infelici a rifugiarsi nel consumo.
Quando è stata scritta la dichiarazione dei diritti dell’uomo, avrebbero dovuto scrivere anche quella dei doveri. La libertà dell’uomo non può essere assoluta:

l’umanità deve porsi dei limiti.
https://youtu.be/dNMP20hD_L4  - salone internazionale del libro torino  - 2014

 

 

 
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PAPA Francesco farà bene al mondo ?   Soprattutto all’Italia che vive maggiormente l’influenza del Vaticano.  Essendo un gesuita sa far bene politica mediatica  però con una certa sincerità. già con Giovanni XXIII era stato intrapreso un cammino in questa direzione ma dopo due reazionari è un bene che sia arrivato un Papa che prende più sul serio il messaggio evangelico.

 


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PENSO CHE IL POPOLO ITALIANO
NON SIA ANCORA MATURO PER LA DECRESCITA
2013


L’EURO POTRÀ DURARE ALTRI DUE MESI O DUE ANNI
roma - nov 2013


NON C’È NULLA DI PEGGIO DI UNA SOCIETÀ DEL LAVORO SENZA LAVORO
NON C’È NULLA DI PEGGIO DI UNA SOCIETÀ DELLA CRESCITA SENZA CRESCITA
2013


UNA CRESCITA INFINITA È INCOMPATIBILE CON UN PIANETA FINITO
lectio magistralis - uni sannio benevento - 2015

 

 

RECUPERARE L'AUTONOMIA - RESILIENZA
il professor Latouche ha introdotto il tema della resilienza, ovvero la capacita di un ecosistema di resistere alla tensione e all’aggressione e di tornare allo stato primitivo e originario. Ritornare quindi alle buone pratiche locali, recuperare l’autonomia tipica del mondo contadino, che coinvolga non soltanto gli aspetti agrari e ambientali, ma anche quelli sociali e culturali. Per fondare una società basata sulla qualità della vita e non sulla merce, quindi, è necessario riappropriarsi delle nostre origini, recuperare la capacità di sopravvivenza e la padronanza del saper fare, soprattutto in campo alimentare. Viviamo infatti, secondo lo studioso, in un mondo che potremmo definire come un paese dell’assurdo, in cui non c’è più il senso sacro del cibo.    

Tutto ciò è accaduto perchè nell’etica utilitarista non esiste alcun senso del limite: tutto si nutre con l’illusione di uno sviluppo infinito, di una crescita eterna, di un consumismo senza limiti. Per recuperare l’autonomia agricola e ambientale, quindi, è necessario ritrovare e condividere il senso della misura ...    dibattito al lago montepulciano  2014
alessio banini - lavaldichiana.it - 2014

AMO LA VOSTRA CUCINA MA NON CAPISCO I VEGANI
lei sa
che in Puglia siamo i re dei pasti frugali, semplici, poveri ma saporiti. che legame c'è tra cucina e decrescita?
Sono un grande amante della cucina. Il tema della convivialità, del non sprecare i resti, la filosofia che c'è dietro il gusto sono legati al senso della decrescita. Ho avuto l'onore di ricevere il premio ad honorem da CasArtusi. Ho scoperto da poco la cucina delle frattaglie e appena vado a Roma non resisto e mangio la trippa. Il mio unico cruccio è che ci sono tantissimi giovani
vegani che seguono i miei seminari.
Per me è una negazione della cucina, perché si assimila il rapporto uomo-animale nelle campagne, che era amorevole e rispettoso, con il trattamento distruttivo del capitalismo sugli animali.

lei è pessimista?
Io sono di un incurabile ottimismo, ma amo molto la frase di Woody Allen 'Il pessimista conosce meglio il soggetto'.
donpasta - bari.repubblica.it - polignano - festival letterario 'libro possibile' - 2016

Il mondo non è una merce
è necessario rompere con il produttivismo e la truffa dello sviluppo sostenibile.
La denuncia della truffa dello sviluppo sostenibile è fondamentale per comprendere la necessità della rottura che la decrescita comporta e comprenderne tuta la portata. Questa, in effetti, è insieme un ossimoro e un pleonasma. Un ossimoro perché in realtà ne la crescita ne lo sviluppo sono in alcun modo sostenibili o durevoli.
dublino 2017 - la via della decrescita come risposta all'inganno dello sviluppo sostenibile
fb/informazione libera - 2017
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Lo sviluppo sostenibile è un simpatico ossimoro, come 'l’oscura chiarezza' di Victor Hugo. Mi ricorda la strada per l’inferno, che è lastricata di buone intenzioni. Il problema non è tanto nel termine sostenibile, che è tutto sommato una bella parola, quanto nella parola 'sviluppo', che è decisamente un termine tossico.
luciano gulli - ilgiornale.it - 2008

... si può dire che la decrescita è un modo per estetizzare la vita  .
in quali termini, oltre le arti?
Il semplice fatto di diminuire la pressione dell'economia sulla vita quotidiana sarebbe una straordinaria conquista. Perché con la globalizzazione siamo finiti in un sistema nel quale c'è la guerra di tutti contro tutti .
antonio di giacomo - dialoghi di trani - bari.repubblica.it - 2017

dialoghi - per un'altra idea di economia, di giustizia e di politica
siamo onorati di averla a somma vesuviana, anzi voglio approfittare della sua presenza per chiederle di 'starci vicino' : le sue idee e le sue proposte possono essere una risorsa inestimabile per la nostra città.
sindaco salvatore di sarno - 2018
renato pagano - cronachedellacampania.it





12 GENNAIO .. AUGURI !


 

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