HANS GEORG GADAMER
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VITA E OPERE
Hans Georg Gadamer, Allievo di
Hiedegger a Marburgo, ha sviluppato alcuni aspetti del suo pensiero elaborando
un'ermeneutica filosofica. Tradizionalmente, con ermeneutica ( dal greco
hermeneus , che vuol dire colui che fa da interprete e media fra chi enuncia un
messaggio e chi lo riceve ) s'intende la tecnica dell'interpretazione, elaborata
e impiegata in discipline come la teologia, la filologia classica e la
giurisprudenza, allo scopo di comprendere il significato di testi sacri o
profani o delle leggi. Nell'Ottocento l'ermeneutica si era posta l'obiettivo di
capire un autore meglio di quanto si fosse egli stesso compreso (caso tipico era
stato quello di Schleiermacher con Platone). Per far questo si riteneva
necessario riprodurre il passato in modo da riviverlo. La comprensione di un
testo era vista come condizionata da un circolo fra la totalità del testo e le
sue singole parti: il senso del tutto è ricostruibile a partire da quello delle
parti, ma quest'ultimo, a sua volta, presuppone che sia conferito un significato
preliminare al tutto. In queste prospettive il problema dell'interpretazione era
concepito come proprio delle cosiddette scienze dello spirito, in primis della
storiografia. In Essere e tempo Heidegger aveva, invece, mostrato che la
comprensione è costitutiva della struttura dell'esistenza: l'esserci ha la
prerogativa di comprendere se stesso e l'interpretazione è l'articolazione di
questa comprensione, consistente nell'appropriarsi di quel che si è compreso. In
tal modo, l'interpretazione cessava di essere soltanto un problema metodico e
gnoseologico delle cosiddette scienze dello spirito, ma si trasformava in un più
generale problema ontologico. Anche nella prospettiva di Heidegger essa appariva
caratterizzata da un circolo: la comprensione, infatti, è sempre condizionata da
una pre-comprensione, che si è venuta costruendo storicamente e nella quale
l'esserci che comprende si trova situato, ma a sua volta la pre-comprensione è
anche sempre messa in gioco e modificata attraverso la comprensione. Questo è il
punto di partenza, che determina l'obbiettivo dell'ermeneutica filosofica di
Gadamer: mettere in chiaro le strutture della comprensione e
dell'interpretazione come strutture proprie dell'esistenza storica dell'uomo.
Nato nel 1900 a Marburgo, Gadamer, la cui vita ricopre tutto il Novecento, ha
studiato nell'università della città natale, dove nel 1922 ha conseguito il
dottorato in filosofia con Natorp e nel 1929 la libera docenza con Heidegger. A
Margurgo egli ha studiato anche filologia classica soprattutto con Paul
Friedlander, che avrebbe poi scritto un ampio studio su Platone, e inoltre ha
seguito le lezioni di storia delle religioni e di teologia tenute
rispettivamente da Walter Otto e Rudolf Bultmann. Il primo ampio scritto di
Gadamer è l' Etica dialettica di Platone. Interpretazioni fenomenologiche del
Filebo (1931). Dopo un periodo di insegnamento a Marburgo, Gadamer passa
all'università di Lipsia, dove, con l'approvazione dell'autorità sovietiche di
occupazione, è nominato rettore nel 1946-47. Successivamente passa a insegnare e
Francoforte e poi, nel 1949, a Heidelberg, sulla cattedra tenuta da Jaspers; dal
1953 è direttore della "Philosophische Rundschau" e nel 1960 pubblica la sua
opera più importante, Verità e medoto. Lineamenti di un'ermeneutica filosofica.
Altri scritti, che illustrano e approfondiscono i temi della sua opera maggiore
sono: Il problema della coscienza storica (1963, in francese); La ragione
nell'età della scienza (1976); L'idea del bene in Platone e Aristotele (1978). A
partire dal 1985 è in corso di pubblicazione l'edizione completa delle sue
opere.
LIBRI
2008
Il movimento fenomenologico
2007
A colloquio. Frammenti di memoria di un grande
saggio
Lettura, scrittura e partecipazione
2006
Ermeneutica. Uno sguardo retrospettivo. Testo
tedesco a fronte
Linguaggio
2004
Eraclito. Ermeneutica e mondo antico
Il problema della coscienza storica
2002
Scritti di estetica
Scritti su Parmenide
L'ultimo dio. Un dialogo filosofico con Riccardo Dottori
2001
Educar-si. Nella famiglia, nella scuola,
nell'università
Verità e metodo. Lineamenti di una ermeneutica filosofica.
Verità e metodo. Integrazioni.
2000
Caro professor Heidegger
La dialettica di Hegel
La filosofia nella crisi del moderno
Metafisica e filosofia pratica in Aristotele
Verità e metodo.
1999
Elogio della teoria. Discorsi e saggi
L'Europa e la filosofia
La ragione nell'età della scienza
1997
L'inizio della filosofia occidentale
1996
La dialettica di Hegel
1994
Dove si nasconde la salute
1992
Ermeneutica e critica dell'ideologia
unilibro.it
ibs.it
ESTETICA
ED ERMENEUTICA
Intento di Gadamer non è di costruire un metodo, concepito come insieme di
regole da applicare nel dominio delle scienze dello spirito, ma di portare alla
luce l'esperienza di verità, che avviene nella comprensione e
nell'interpretazione, " di là dal nostro volere e dal nostro fare ". Riprendendo
Heidegger, Gadamer ritiene che il comprendere non sia uno dei possibili
atteggiamenti del soggetto, limitato soltanto ad ambiti particolari della sua
esperienza: esso invece caratterizza " il modo di essere dell'esistente stesso
come tale ". L'ermeneutica, dunque, non è una semplice tecnica interpretativa,
ma il " movimento fondamentale dell'esistenza ", nella sua finitezza e nella sua
storicità, il quale abbraccia l'intero campo dell'esperienza umana del mondo.
Per questo aspetto si può dunque parlare di universalità dell'ermeneutica .
Essendo costitutivo dell'esistenza stessa, il comprendere non è mai
atteggiamento meramente teoretico, coma già aveva mostrato Heidegger, e dunque
non si realizza sulla base di una distinzione tra soggetto che comprende e
oggetto che viene compreso. Contro queste forme di oggettivismo, che sono alla
base dell'impostazione tipica delle scienze umane, non soltanto di quelle
naturali, Gadamer intende sottolineare che ci sono ambiti in cui accadono
esperienza di verità, le quali si collocano fuori dai metodi propri delle varie
scienze: se ci si attiene esclusivamente a questi metodi, tali esperienze non
sarebbero possibili. Per esperienza si deve pertanto intendere non un
rispecchiamento oggettivo e distaccato dell'oggetto, ma un essere toccati e
modificati. Nella sua opera maggiore Gadamer studia tre ambiti nei quali avviene
un'esperienza di verità di questo tipo: l'arte, la storia, il linguaggio,
L'esperienza dell' arte è abitualmente dominata, soprattutto a partire da Kant,
da quella che Gadamer chiama differenza estetica . Si tratta di un'operazione,
di astrazione, con la quale si prescinde da tutto quel che radica un'opera
d'arte nel suo contesto vitale originario e, quindi, da tutte le funzioni
religiose o profane che essa vi assolveva e dalle quali traeva il suo
significato, per rendere visibile l'opera come pura opera d'arte, nella sua
autonoma sussistenza. Un' espressione concreta di questa operazione è data dal
museo, in cui l'opera d'arte è per definizione strappata al suo mondo originario
di appartenenza, per appartenere soltanto alla coscienza estetica. In tal modo
l'opera d'arte è colta esteticamente come qualcosa di semplicemente presente,
oggetto di un puro vedere o di un puro udire, ma questo non costituisce per
Gadamer la vera e propria esperienza estetica. Questa è data, invece,
dall'incontro con l'opera d'arte e con il mondo contenuto in essa, che non ci
resta estraneo: nel rapporto con l'opera d'arte, infatti, si impara anche a
comprendere se stessi. L'esperienza estetica è, dunque, un modo dell'
autocomprensione. Questo è possibile in quanto l'arte è conoscenza, secondo
Gadamer, e l'esperienza dell'opera d'arte fa partecipi della conoscenza. Per
cogliere questo punto, bisogna dunque fare riferimento a un concetto di
esperienza più ampio dei concetti di conoscenza e di realtà, propri delle
scienza della natura. L'esperienza dell'opera d'arte, infatti, instaura un
rapporto non con un oggetto semplicemente presente, ma con un evento che non è
concluso e di cui si entra a far parte. Per chiarire che cosa sia questo evento,
Gadamer parte dal concetto di gioco , ma spogliato da ogni arbitrarietà e
soggettività. Il gioco, infatti, ha un' essenza propria, indipendente dalla
coscienza dei giocatori, che lo avvertono come una realtà che li trascende: esso
si produce attraverso i giocatori, che partecipano del gioco, sicché ogni
giocare è al tempo stesso un esser-giocato. Anche l'opera d'arte, secondo
Gadamer, è gioco e, quindi, un evento che non è separabile dalla sua
rappresentazione: il modo di essere dell'opera d'arte è gioco, che si compie
solo temporalmente con la fruizione e comprensione degli spettatori. Il problema
è come sia possibile l'identità dell'opera d'arte, che si presenta diversa nel
cambiare dei tempi a quelli che, di volta in volta, cercano di comprenderla. Per
illustrare questo punto, Gadamer ricorre ad un'altra analogia, con la festa:
anche la festa è sempre identica, ma al tempo stesso esiste soltanto in quanto è
celebrata ogni volta nel mutare delle circostanze storiche. In ciascuna di
queste circostanze si tratta di mediare quel che è identico con il presente, che
è sempre storicamente mutevole. Alla festa si assiste in quanto si partecipa:
essa ha il carattere delle contemporaneità. Kierkegaard aveva dimostrato che
nell'esperienza religiosa la contemporaneità è il compito che la coscienza deve
realizzare, mediando il proprio presente con l'azione salvifica di Cristo, in
modo che questa non rimanga un fatto storicamente remoto: si tratta dunque di
partecipare nel presente all'evento della salvezza. Così è anche, secondo
Gadamer, per l'esperienza dell'arte: fare in modo che l'opera d'arte non sia un
fatto meramente passato, ma sia mediata con il presente, tornando di volta in
volta a rivivere.
STORIA E TRADIZIONE
Tali considerazioni valgono anche per l'esperienza d verità che ha luogo nella
storia: anche in questo caso compito dell'ermeneutica è la mediazione del
passato con il presente. L'eremeneutica di Schleiermacher riponeva questa
mediazione in una ricostruzione della fisionomia originaria del passato, in base
al presupposto che il vero significato di esso può essere compreso soltanto in
riferimento al suo modo originario. A questa impostazione Gadamer muove
l'obiezione, già avanzata da Hegel, che il passato restaurato non è più quello
originario e bisogna, invece, percorrere la via dell'integrazione del passato
nella vita del presente. L'ermeneutica tradizionale era condizionata dal
miraggio dell'oggettività e, quindi, non riconosceva pienamente il carattere
storico del comprendere, che si costituisce, come aveva mostrato Heidegger, a
partire da una pre-comprensione che anticipa il senso di quel che dev'essere
interpretato. L'interpretazione consiste allora nel mettere alla prova la
legittimità della propria pre-comprensione nel rapporto che di volta in volta si
istituisce con il passato, rendendosi disponibili a lasciarsi dire qualcosa da
esso e mettendosi, quindi, in ascolto di esso. In questo consiste il cosiddetto
circolo ermeneutico , che include, dunque, come costitutivo e dotato di funzione
positiva, il pre-giudizio. Era stato l'Illuminismo a svalutare i pregiudizi,
considerati frutto di precipitosità o abdicazione all'autorità, ma a anche
l'Illuminismo, secondo Gadamer, aveva finito per soccombere al pregiudizio
contro i pregiudizi e, in generale, contro la tradizione. Di per sé, invece, il
termine pregiudizio significa solo un giudizio pronunciato prima di aver
effettuato un esame completo e definitivo di tutti gli elementi rilevanti, ma
questo non significa che necessariamente questo giudizio sia falso o infondato.
In quanto essere finiti, gli uomini sono sempre inseriti in un orizzonte di
pregiudizi e, quindi, entro una tradizione. Ma pregiudizi e tradizioni non sono
sempre entità negative, delle quali sia possibile e necessario liberarsi
totalmente: essi possono, invece, rappresentare possibilità positive. L'ideale
di una ragione assoluta non rientra tra le possibilità degli uomini, i quali
sono sempre legati a un momento storico, cosicché la ragione non è mai
totalmente padrona di sé, ma sempre subordinata a situazioni entro la quali
agisce. L'illuminismo aveva escluso che l'autorità potesse anche essere fonte di
verità, ma l'autorità, secondo Gadamer, si fonda su un riconoscimento e, quindi,
richiede un'azione della ragione stessa, la quale non si sottomette ad essa
ciecamente, ma, " consapevole dei suoi limiti, concede fiducia al miglior
giudizio di altri ". La rivalutazione del pregiudizio e della tradizione
spiegano perché Gadamer non proceda a quella distruzione e superamento della
metafisica, progettati da Heidegger, e ritenga invece di poter instaurare un
proficuo legame di continuità con le filosofie di Platone e Aristotele, alle
quali ha dedicato numerosi saggi. In questo senso la posizione di Gadamer verso
la tradizione filosofica è meno radicale di quella heideggeriana e anzi si è
potuto dire che Gadamer ha " urbanizzato la provincia heideggeriana " (Habermas).
Il rapporto col passato, per Gadamer, non è definito in primo luogo
dall'esigenza di staccarsi e liberarsi da esso: noi siamo costantemente dentro
tradizioni e anche le rivoluzioni conservano molto del passato. Il che non
significa che si debba ripetere l'errore inverso, compiuto dai ROMANtici, i
quali, nel difendere la tradizione, la concepirono come un dato oggettivo e
immodificabile, alla pari delle entità naturali. Si tratta, invece, di vedere il
passato come qualcosa di vivo, che continua ancora a parlare e interpellare,
cosicché comprendere il passato significa inserirsi nel vivo del processo
storico, che lo trasmette sino a noi. Questa trasmissione è caratterizzata dal
fatto che, in ciascun momento di essa, passato e presente continuamente si
sintetizzano. L'interpretazione emerge, infatti, dall'incontro di due movimenti,
quello della trasmissione storica e quello dell'interprete, anch'esso mobile
nella sua storicità. La distanza temporale fra il resto del passato e
l'interprete non è un ostacolo che deve essere superato; anzi essa è la
condizione di possibilità dell'esperienza della verità nell'incontro col
passato. Questa distanza non è qualcosa di statico, ma è in movimento, porta
all'eliminazione di alcuni pregiudizi e fa emergere quelli che aiutano una vera
comprensione. Nell'incontro con l'altro, che dal passato avanza una pretesa di
verità, noi, prendendo sul serio questa pretesa, poniamo in questione i nostri
pregiudizi. Questo incontro non avviene fuori dal tempo, ma si colloca in quella
che Gadamer chiama Wirkungsgeschichte , "storia degli effetti" , la quale non è
solo la storia della fortuna di un testo nei secoli, ma la catena delle
interpretazioni passate, le quali condizionano e mediano la pre-comprensione che
l'interprete ha dell'oggetto da interpretare, senza che egli se ne renda sempre
conto. Noi siamo già sempre sottoposti agli effetti di questa storia, che decide
anticipatamente di quel che si presenta a noi come problematica e come oggetto
di ricerca. L'inserimento nel vivo di questa trasmissione storica è chiamato da
Gadamer fusione di orizzonti . Essa emerge dall'incontro tra due orizzonti
storici, quello del testo da interpretare e quello dell'interprete: quando
questo avviene, l'interpretazione si configura come un intendersi sulla verità
della cosa detta nel testo e non nel solo capire le intenzioni dell'autore. A
sua volta, questa nuova interpretazione viene ad inserirsi come un ulteriore
anello nella catena della Wirkungsgeschichte : il comprendere è, dunque, un
processo mai concluso e definitivo, perché nel corso storico si possono aprire,
nel rapporto con ogni nuovo interprete, sempre nuove possibilità di senso di
quel che è tramandato nei testi del passato. Problema generale di ogni
ermeneutica è, secondo Gadamer, l' applicazione , consistente nel porsi al
servizio del testo sacro o profano e delle leggi, per applicare al caso
particolare ciò che di universale essi contengono. Il modello di questa
procedura è ravvisato fa Gadamer nella fronhsiV descritta da Aristotele nell'
Etica Nicomachea : essa, infatti, non è scienza, ma saggezza pratica legata alle
situazioni particolari. L'applicazione non è un momento successivo alla
comprensione, in quanto nella comprensione avviene anche sempre un'applicazione
del testo da interpretare alla situazione particolare dell'interprete. Il
modello è dato dalla l' struttura dialogica della domanda e della risposta ,
elaborata da Platone. Per comprendere questo punto bisogna tener presente il
fatto che la tradizione, per Gadamer, non è semplicemente un insieme di oggetti
o fatti del passato da conoscere o padroneggiare: la tradizione è, in primis, un
linguaggio che si rivolge a noi come l'interlocutore in un dialogo e con la
quale, pertanto, si può instaurare un rapporto vivente, diventando consapevoli
della propria finitudine e storicità. Solo in quanto fra l'interprete e il testo
non sussiste già un rapporto armonico, ma il testo pone un problema e deve
essere trasformato da qualcosa di estraneo in qualcosa di familiare, allora può
aver luogo un'esperienza ermeneutica, nella quale la fusione di orizzonti si
articola come struttura dialogica. " Condurre un dialogo significa mettersi
sotto la guida dell'argomento che gli interlocutori hanno di mira ", asserisce
Gadamer, ma all'inizio del dialogo c'è la domanda che il testo pone a noi, che
siamo così chiamati in causa dalla parola del passato. Di qui scaturisce se la
necessità di pensare, come aveva mostrato Heidegger, quel che per l'autore del
testo era rimasto non problematico e pertanto non era stato da lui pensato:
questo vuol dire che l'interpretazione non è soltanto la ricostruzione e
riproduzione dell'opinione altrui, ma è integrazione rispetto a quel che è detto
nel testo. Infatti, un dialogo, quando è autentico, non riesce mai come vogliono
gli interlocutori, i quali, più che guidarlo (cfr. il modello del gioco), sono
guidati da esso: il risultato di un dialogo non può mai essere conosciuto in
anticipo. Nel dialogo viene, dunque, ad espressione qualcosa che non appartiene
soltanto ad uno dei due interlocutori, all'autore del testo o a chi lo
interpreta: si tratta, invece, di qualcosa di comune che li unisce. In tal modo
ha luogo la fusione di orizzonti che accade nella comprensione: essa si dispiega
nel l' linguaggio , è sempre un fatto linguistico. Per questa attenzione
particolare rivolta al linguaggio Gadamer si può richiamare ancora una volta a
Heidegger: il linguaggio non è uno strumento di cui si possa disporre
arbitrariamente, ma è il luogo in cui l'essere e le cose si danno all'uomo.
L'uomo non può fare esperienza del mondo se non attraverso il linguaggio, è
attraverso il linguaggio che egli è interpellato dalla tradizione. Ma il
linguaggio non è un'entità semplicemente presente e disponibile all'uomo, bensì
ha il carattere dell'evento, attraverso il quale quel che è detto nei testi
della tradizione afferra e trasforma l'interprete. Questa è la struttura
fondamentale di tutto quel che in generale può essere oggetto del comprendere,
cosicché Gadamer può concludere che " l'essere, che può venire compreso, è
linguaggio ". Linguaggio e comprensione sono, dunque, costitutivi di ogni
rapporto dell'uomo col mondo; il linguaggio assume una portata ontologica
universale, è il luogo in cui può avvenire ogni esperienza della verità,
cosicché l'ermeneutica, portando alla luce questa struttura fondamentale del
rapporto dell'uomo col mondo, ha anch'essa una dimensione di universalità.
a cura di diego fusaro
geocities.com/dyeg83/gadamer.htm
"Gadamer ha rappresentato lo
spirito fondamentalmente libero della tradizione filosofica tedesca."
La lunghezza eccezionale della sua esistenza - era nato nel 1900 - e la
straordinaria vitalità intellettuale, che lo ha caratterizzato anche in età
avanzata, hanno fatto di lui, per coloro che lo hanno conosciuto personalmente,
la rappresentazione vivente del legame con la storia: una persona che ha potuto
vedere il kaiser in carne ed ossa, e che ha incontrato le più grandi personalità
del ventesimo secolo, primo fra tutti Martin Heidegger, che ha avuto su di lui
una enorme influenza.
La sua opera maggiore, Verità e metodo, uscì nel 1960 ed ebbe un successo
inaspettato, in primo luogo per lo stesso Gadamer, che aveva concepito il lavoro
come un trattato accademico, principalmente centrato sulla discussione
dell'ermeneutica. Il libro ebbe un successo mondiale, diventando un termine di
confronto nel dibattito ideologico degli anni '60.
Frankfurter Allgemeine Zeitung 14.3.2002
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