NormanManea- abitare una lingua
Sono una persona che fin dall'infanzia è stata costretta a spostarsi da un posto
all'altro e talvolta anche da una lingua all'altra. Ma il vero luogo in cui vivo
è la lingua rumena, che è anche un luogo che ho conquistato, un pò alla volta. E
ad un certo punto credo di aver trovato lì la mia casa, la mia legittimità, una
cittadinanza nella lingua e attraverso la lingua. Per questo il trauma di essere
espulso, anche dalla lingua, è stato ancora più doloroso di altri tipi di trauma
che ho subìto. Ma io ho preso con me la mia lingua, uso dire, come una lumaca
porta con sé la sua casa. Anche a New York vivo più o meno in questa casa.
L'ambiente esterno è un'altra lingua, con molte altre lingue, ma la lingua
intima, quella in cui penso e scrivo e vivo, è la mia lingua iniziale, che è la
lingua rumena.
.
La mia bandiera è una bandiera interiore,
non è fuori, è all'interno ed è diffusa nella lingua che uso. luciano minerva -
rainews24.it
.
IN AMERICA
- La prima sensazione, quel giorno, è stata che un fantasma nero e oscuro, un
fantasma che derivasse dalle mie vite precedenti mi stesse seguendo e mi avesse
acchiappato. Il secondo sentimento che ho provato, però, è stato questo: ero lì
con tutte quelle persone in quel momento, ero una parte del loro presente e
delle loro vite. Ho pensato “Io sono un newyorchese”, appartengo a questa città,
che è per definizione la città degli esiliati”. In che lingua sogna? Comincio ad avere un inconscio
più confuso, sogno delle sequenze in inglese, ma quando è il fuori, l’ambiente,
che irrompe nella dimensione onirica. Diciamo che tra le due lingue, per me,
corre la tensione che corre abitualmente per tutti tra vita interiore e vita
esteriore.
ilportoritrovato.net - festivaletteratura.it
Il ritorno dell’Huligano
E' il
cuore di tenebra dell'Europa quello che racconta Manea. Ed è il tentativo di
rendere la letteratura uno strumento per poterne parlare.
repubblica.it
racconto
del suo ritorno in ROMANia alla ricerca della propria identità. Il viaggio
s'interseca con i ricordi dell'infanzia in una trama di flashback popolata dal
conflitto tra vita e letteratura, passato e presente. Manea ricorda i genitori,
le speranze di una nazione devastata dalla guerra e l'importante ruolo
dell'amore, dell'amicizia e della lettura nella sua vita.
ibs.it
messaggero di una lezione semplicissima: "La vita usurpa le nostre illusioni di
perfezione e il nostro orgoglio d'unicità".
informazionecorretta.com
Norman Manea, born in 1936, in Bukovina
was deported at the age of five to the Ukrainian internment camp of Transnistria.
His fiction, which is preoccupied with the trauma of the Holocaust and with
daily life in a totalitarian state, has been translated into more than ten
languages. He received Guggenheim and MacArthur Foundation Awards. He is now
professor of literature at Bard College and lives in New York City.
Norman Manea - Born in Burdujeni-Suceava Bukovina Romania
on July 19 1936 - is a Jewish Romanian writer and author of short fiction,
novels, and essays about the Holocaust, daily life in a communist state, and
exile. He lives in the United States, where he is the Francis Flournoy Professor
of European Culture and writer in residence at Bard College.
Manea was deported as a child, in 1941, by the Romanian fascist authorities,
allied with Nazi Germany, to the concentration camp of Transnistria in the
Ukraine with his family and the entire Jewish population of the region. He
returned to Romania in 1945 with the surviving members of his family and
graduated with high honors from the high school (liceu) Stefan cel Mare (Stephan
the Great) in his home town, Suceava. He studied engineering at the Construction
Institute in Bucharest and graduated with master’s degree in hydro-technique in
1959, working afterwards in planning, fieldwork and research. He has devoted
himself to writing since 1974.
http://en.wikipedia.org/wiki/Norman_Manea
pwf.pragonet.cz/authors_nm_en.asp
festivaletteratura.it Nato nel 1936 a Suceava, in Romania
- più precisamente in Bucovina, crogiolo plurinazionale e multireligioso di
culture - Manea conosce come pochi altri «la sarcastica
simmetria dell'esilio»,
com'egli l'ha chiamata, e ne ha fatto la chiave per capire e rappresentare il
mondo e la sua incomprensibilità. Sono gli scrittori mitteleuropei ad aver
vissuto con particolare intensità l'esilio quale forma di vivere, come rivela
Enzo Bettiza nel suo splendido Esilio. A cinque anni Manea è stato deportato con
la famiglia, in quanto ebreo, dai tedeschi nel Lager della Transnistria, in
Ucraina. Nella Romania del dopoguerra ha vissuto gli anni peggiori del comunismo
satrapesco, «miscuglio bizantino di demagogia, miseria e terrore» che trasforma
la patria in esilio, in un luogo in cui non ci si può sentire a casa, perché
tutto è diventato altro, deformato e falso. Nei suoi romanzi e nei suoi saggi la
perversione totalitaria non è solo tirannide imposta all'individuo dall'esterno,
ma è divenuta corruzione interiore della persona, vizio e droga alla fine
difficilmente distinguibili dalla natura dell'individuo stesso. Si scrive, ma si
finisce anche per vivere, in uno stile cifrato, che nasce per sfuggire alle
maglie di una tirannide politica e diviene un modo di essere, un depistaggio per
sottrarsi alle maglie di ogni potere, anche a quello gelatinoso delle società in
cui dostoevskijanamente «tutto è permesso». Ammirato da Heinrich Böll e da
Philip Roth, Manea, sempre più vessato dal regime romeno per la sua coraggiosa indipendenza,
è emigrato nel 1986 negli Stati Uniti, dove insegna al Bard College. Altro
esilio: «liberatorio», come egli ha scritto con grande riconoscenza al Paese che
lo ha accolto nella libertà e gli ha dato la possibilità di lavorare e di
vivere, ma pur sempre esilio, esistenziale e soprattutto linguistico;
«combustione in profondità» e possibile «olocausto» per uno scrittore - ha detto
- privato dell'immediatezza della sua lingua e dunque incrinato nella sua
identità. Tale scissione è tragicomica; lo scrittore assomiglia più di ogni
altro a un clown - figura analizzata da Manea in incisivi saggi - esposto alle
botte e alle manfrine della storia universale.
notiziarioitaliano.it - corriere.it - 2012
innumerevoli riconoscimenti
tra questi il premio
nonino 2002 - membro giuria premio
nonino 2021
laurea Honoris Causa
2012 - Università Alexandru Ioan Cuza FIL LITERARY AWARD - GUADALAJARA
2016
Ottobre ore otto
L'universo del campo di
concentramento nello sguardo attonito di un bambino, il difficile ritorno alla
vita quotidiana nella ROMANia del dopoguerra sotto un regime inquisitorio e
ridicolo insieme, la memoria con le sue ferite mai sanate: è questo l'orizzonte
esistenziale dei racconti di Norman Manea. Se la persecuzione razziale, il
conflitto, il senso perduto delle cose e dei legami umani pongono lo scrittore
in una dimensione spirituale di esilio, dal caos occasionalmente può nascere la
redenzione fatta di bagliori di speranza, gesti di sfida, momenti di epifania
poetica.
unilibro.it
LA QUINTA IMPOSSIBILITA'
Riflessioni, ritratti, ricordi, interviste
raccolti nella Quinta impossibilità, sotto l’egida di un’errabonda “scrittura
d’esilio”, partecipano pienamente a questo stile e, soprattutto, a questa
condizione. A tenerne insieme il corpo lacerato non c’è solo la personalità
dell’autore (quella clownerie spirituale e quell’idiosincrasia libertaria che
sono la sua stimmate), c’è un ostinato contrappunto che continuamente risorge
nella sinfonia di fughe e di addii: il tema della disperata fedeltà alla lingua,
il “guscio di lumaca” che lo scrittore si porta sempre appresso. -attilio scarpellini - lettera22.it
Quando viviamo immersi in un ambiente
totalitario, dove la lingua viene prosciugata, insterilita,
conservare la lingua, custodirla, è un gesto clandestino, spesso
condotto in solitudine, ma nella convinzione che non si è soli e,
dall'altra parte del muro, qualcuno che non è un delatore o un
censore saprà ascoltarti.
La
lingua custodisce l'umano,
proprio nel punto in cui il potere mira a soffocarlo. Accettare che
la parola diventi completamente muta o sterile significa accettare
l'indifferenza assoluta. vita.it - 2015
Giornata di studi
in onore Norman Manea con claudio magris
- padova - 2017 .
nel 1945 quando ancora bambino tornai dal campo di concentramento ricevetti in
dono un libro di fiabe popolari. ricordo ancora quel primo regalo. la copertina
verde spessa. la magia dell'incontro. la parola come miracolo. solo in un
secondo tempo e forse in modo inevitabile
scoprii che la parola è anche un'arma contro o in difesa dell'umanità.
clown - nota dell'autore
la
banalità della verità non si poteva pronunciare in modo semplice e diretto
perchè
contrastava con la banalità autoritaria della menzogna ufficiale -
clown - pag 175 - storia di un'intervista
CLOWN -
manea coglie con magistrale potenza la grottesca spettralità del totalitarismo
che risucchia l'esistenza in tutti i suoi aspetti e la trasforma in una metafora
dolorosa tragicomica e struggente della condizione umana -
Il bambino specialmente nello scrittore, è sempre presente. Il
nostro grande scultore Brancusi disse che quando uno scrittore non è più un
bambino è morto. Così se lo scrittore è un bambino, è inevitabilmente anche un
pò clownescO
rainews24
In seguito all'orrendo delitto di Roma «misure punitive
collettive significherebbero anche una inaccettabile amnesia, sia per l'Italia,
sia per la ROMANia», ha dichiarato lo scrittore Norman Manea, ricordando, da una
parte, a cosa educhino i totalitarismi, dal fascismo al comunismo e la dura
lotta che la sua patria sta conducendo «contro i postumi di decenni di terrore e
menzogna», e, dall'altra, per quanto tempo gli italiani siano stati emigranti
malvisti anche loro. ansa
LA DEMOCRACIA ES IMPERFECTA Y
ABURRIDA POR NATURALEZA El escritor rumano Norman Manea visitó San
Sebastián para analizar los 20 años desde la caída del muro de
Berlín Nacido en la región rumana de Bucovina en
1936, fue deportado en la infancia junto a su familia a un campo de
concentración ucraniano. -¿Cómo
es un campo de concentración a los ojos de un niño? - Con cinco
años no se tiene conciencia de las cosas. Sé que pasé hambre, frío y
pánico, pero no dejan de ser las sensaciones de un muchacho que vive
al margen de la realidad. No tenía conciencia, y mucho menos, una
opinión elaborada sobre los campos de concentración. … -¿Es el democrático el único
régimen que salva de la quema? - La democracia es imperfecta por naturaleza,
no es un proyecto maravilloso. La democracia es compromiso entre
partes, tratos, negociaciones... muy aburrido sí, pero mejor que
cualquier otro sistema. En democracia podemos ser críticos, comprar
el periódico que nos interese, escuchar la música de cualquier país,
acceder a información en cualquier momento. Otros regímenes no lo
permiten. Y si eres crítico puedes tener problemas.
gorka larrumbide - diariovasco.com
Romania is a weird combination of burlesque and Byzantinism. (...) 20
years after the fall of the tiran, we discover, as the dossiers are
opened, than many respectable persons were dishonest. We discover
that 80% of the priests trusted by people with confessions were
Securitate collaborators.
The Clowns. The Dictator and the Artist
robert mihailescu
- english.hotnews.ro
.
la letteratura non ci salva ma
combatte il vuoto La mia
letteratura e in generale la mia struttura è più portata a
porre domande piuttosto che a dare risposte, e se devo dire
la verità anche in questo momento preferirei fare io le
domande a me stesso e normalmente lo faccio, perché è
proprio della letteratura porre domande sulla coerenza del
mondo e il suo significato. ... Il vuoto
è tutto intorno a noi, dentro di noi. Lo combattiamo con le
nostre pagine, per lasciare un qualche ricordo delle nostre
esistenze, per quanto fragili o effimere siano.
Questa è la battaglia dell’arte e della letteratura contro
il niente, contro il vuoto, contro la grande incertezza
dell’esistenza.
milano - intervista - askanews.it - 2017
IL RIFUGIO MAGICO
Sullo
sfondo di un'America sconvolta dall'11 settembre si snodano le
vicende degli esuli Augustin Gora e Peter Gaspar protagonisti del
libro ''Il rifugio magico'' di Norman Manea per il Saggiatore... I
ricordi di una biografia traumatica, sotto il nazismo e il
comunismo, pervadono infatti l'esistenza dei personaggi. Il romanzo
riprende tutti i temi piu' cari all'autore: l'Olocausto, la
dittatura e l'esilio. L'intreccio narrativo si configura come una
complessa meditazione sulla morte, la sofferenza e la solitudine, ma
anche sulla bellezza, la liberta', la fede e l'amore. Norman Manea
e' nato nel 1936. Internato a cinque anni in un lager ucraino, ha
vissuto la giovinezza nella Romania stalinista e sperimentato la
dittatura di Ceausescu. adnkronos
In una
New York vicina all'11 settembre, Augustin Gora, professore romeno
esule da tempo, deve confrontarsi con l'inattesa comparsa dell'ex
moglie Lu e del compagno Peter Gaspar, figlio di ebrei comunisti
sopravvissuti ad Auschwitz. L'incontro fa riaffiorare i ricordi
delle dolorose esperienze vissute in patria, sotto il nazismo e il
comunismo. Per sfuggire ai fantasmi del passato che tornano a
minacciare il presente, a Gora non resta che ritirarsi tra i suoi
libri, unico rifugio possibile. Norman Manea riprende in questo
romanzo i temi a lui più vicini - l'Olocausto, la dittatura e
l'esilio - dando vita, attraverso un raffinatissimo intreccio
letterario, a una struggente meditazione sulla morte, la sofferenza
e la solitudine. Un naufragio della memoria nei peggiori incubi del
Novecento. Allo stesso tempo, un grande atto di fede e d'amore verso
le capacità salvifiche della scrittura e della letteratura. ibs
«Io la chiamo “capitale Dada
degli esuli”. Ed
essendo anch’io un esule credo che non sia il peggiore dei luoghi
possibili». È per questo che da quando Norman Manea è sbarcato a New
York più di vent’anni fa non se ne è andato più. Il suo esilio dalla
Romania prossima al crepuscolo di Ceausescu passò prima per Berlino,
poi per Parigi, infine per Washington, prima di arrivare nella
Grande Mela, “la città della luna”, come la chiama lui, la città
delle possibilità. Il rifugio magico - caleidoscopica storia fatta
di esili che si intrecciano e si penetrano e si consumano all’ombra
dei grattacieli e tra i prati dei campus universitari, per certi
versi può essere considerato il suo romanzo su New York. «Eppure se quando me ne andai dalla Romania
avessi potuto scegliere probabilmente sarei finito a Roma o a
Parigi. Ma questo è il modo in cui il destino ha voluto giocare con
me». europaquotidiano.it
CONVERSAZIONI IN ESILIO
Hannes Stein incontra Norman Manea nell’estate del 2010 a New York.
Tre giorni di conversazioni nelle quali lo scrittore rumeno che ha
appena festeggiato i 75 anni, compie un’acuta analisi che non
risparmia nessuno, nemmeno se stesso, affrontando il tema del
fallimento degli intellettuali nelle dittature. Manea parla delle
sue paure, delle sue certezze e delle sue incertezze, spesso con
amara ironia, in un dialogo sulla letteratura, sulla Shoa e sulla
nascita di un nuovo moderno antisemitismo.
feltrinelli.it - 2012
L'esilio è necessario alla vita e alla creazione
senza l'esilio da Troia, la stirpe di Enea
non fonderebbe Roma e l'Esodo, come racconta la Bibbia, è necessario
alla Storia Sacra. L'esilio si identifica con la vita, perché - ha
scritto Manea in un suo romanzo - «ha inizio nel momento stesso in
cui lasciamo la placenta materna». Ma Norman è troppo ironicamente
esperto del circo e del mercato universale per non sapere che anche
l'esilio - come il mito - può diventare slogan politico o spot
pubblicitario. «Esuli di tutti i Paesi - si dice nel Rifugio magico
- unitevi». Claudio
Magris-
su norman manea - corriere
III conversazione - della felicità ''era la
regola a scuola. Tutti gli scolari avevano la testa rasata.
Nella mia memoria sono
rimasti molti particolaridi quella serata natalizia.
Soprattutto, però, ricordo anco-ra con
precisione il mio imbarazzo. In quella casa regna-va un’atmosfera
di festa, mistica, che io non comprendevo.
Mi trattavano tutti
particolarmente bene, perché piacevoalla mia maestra. Credo anche che lei
avesse raccontatoagli ospiti che ero un bravo scolaro, un
ragazzino ebreo,sopravvissuto ai campi di concentramento. Non
so. Ad
ognimodo tutti erano eccezionalmente gentili con
me. Allegri,premurosi. Come
se io fossi
stato di vetro e bisognasse stare attenti a non rompermi.
Era qualcosa di
stupendo, cheal tempo stesso, però, mi intimidiva. Per la
prima volta vedevo una festa
di Natale tradizionale, con i tipici addobbinatalizi. Quando i miei genitori, dopo,
mi domandarono come era andata, non riuscivo a rispondere. Mi
sentivo unpoco colpevole: io, un ragazzo ebreo, ero
stato in quel luogo straniero e particolare, avevo partecipato a
tutte quelle festività bizzarre e mistiche, senza sapere nulla di
Gesù etutto il resto. Allora avevo dieci anni, e la
maestra era davvero incantevole, meravigliosa''
scribd - 2012
AL DI LA DELLA MONTAGNA Pessach Antschel, divenuto Paul Antschel e poi
Paul Celan. Benjamin Wechsler, divenuto Barbu o B. Fundoianu, e poi
Benjamin Fondane. Due scrittori
romeni, emblemi della letteratura dell'esilio, voci della coscienza
ebraica e testimoni della persecuzione nazista. Celan, delicato e
fragile, chiuso nei lunghi silenzi, nelle malinconie precoci e
persistenti, pellegrino affascinante e impulsivo ispirato dalle
pagine di Trakl e di Rilke. Fondane, alto e ardente, chiome e sogni
al vento, impetuoso, contraddittorio e indisponente, dai rapidi
cambiamenti d'umore, vitale e brioso, ribelle, ruvido e aspro. Se
Fondane muore ad Auschwitz, dopo aver lasciato nell'"Exode" il suo
testamento poetico, Celan vi sopravvive, ma continua a bere il "nero
latte dell'alba", anche dopo la notte incompiuta dell'incubo, e il
suo suicidio del 1970 nella Senna è solo l'atto finale di un dramma
spirituale incomparabile. Scomparsi nel fuoco e nelle acque
dell'Olocausto, i due poeti si incontrano solo nel martirio, così
diverso e tuttavia comune, e nel dialogo postumo del loro Io lirico. feltrinelli.it - 2012
dialogo immaginario tra Celan e Fondane Nel libro di Manea si legge che la morte di Fondane, analogamente a
quella di Celan, «può considerarsi anch’essa un suicidio, se teniamo
presente la sua decisione di rifiutare la salvezza che gli era stata
offerta». Infatti, la fine dell’uno può ricondursi a quella
dell’altro. Celan, circa vent’anni dopo, ripete il gesto del primo,
anche se in maniera differente, inabissandosi tra le acque della
Senna. Attraverso la sua poesia, egli riuscirà ad evocare l’orrore
dei lager nazisti, divenendo il testimone della «combustione
totale», anzi farà qualcosa di più: riuscirà a dare prova di una
morte possibile anche dopo la sopravvivenza.
Norman Manea restituisce al lettore una singolare testimonianza
sullo spazio, il tempo, la cultura e l’arte di due uomini
straordinari che sono riusciti, l’uno a dire, l’altro a predire ciò
che era impossibile. Tra il fumo e le onde di una conversazione
surreale, si staglia l’orizzonte dell’esilio e della coscienza
ebraica. irma
carannante - orizonturiculturale.ro - 2012
Prima
di andarsene - Una conversazione
con Norman Manea - Saul Bellow Nel dicembre
1999, a Boston, Saul Bellow incontra Norman Manea, figura
fondamentale della cultura ebraica di matrice europea, per
realizzare quella che sarà la sua ultima intervista. Un'intervista
d'autore, una conversazione che abbraccia tutto il
Novecento, dalla fuga dei genitori di Bellow dalla Russia zarista,
alla condizione degli emigranti negli Stati Uniti, al rapporto tra
cultura e lingua degli avi. È un dialogo sul grande romanzo
contemporaneo, su quella letteratura ebraico-americana di cui Bellow
fu tra i creatori, sul loro legame con gli altri scrittori, Singer e
Roth fra tutti, sul tema - caro a entrambi - del rapporto fra
intellettuale e potere. Le voci di Bellow e Manea si fondono
nell'intento di riconoscere i nessi tra vita personale, politica,
storia e letteratura. I loro toni si fanno seri, arguti, divertiti a
volte, mai nostalgici: la forza di questa conversazione nasce
dall'incontro fra due persone che hanno avuto destini e percorsi
differenti ma che non si sono rassegnati alla propria sorte; la loro
certezza, non espressa a parole ma sottesa a ogni battuta, quella di
potere contare su un linguaggio comune. "Prima di andarsene" è un
documento unico che, partendo dalla vita di uno dei giganti della
letteratura del secolo scorso, è anche espressione del confronto tra
due diverse facce dell'ebraismo. Quello europeo che ha conosciuto i
lager nazisti e l'internamento stalinista, e quello americano,
immune dall'orrore dello sterminio ma spasmodicamente alla ricerca
delle proprie radici.
mondadori - ibs - 2013
Ogni bambino, in famiglia,
prendeva la sua strada, e a me è capitato di prendere quella
della storia americana, della letteratura, soprattutto della
letteratura inglese. -NM
VARIANTI DI UN AUTORITRATTO L'incubo del campo di concentramento, visto
dagli occhi sbigottiti di un bambino; il difficile ritorno alla vita
quotidiana nella Romania del dopoguerra, sotto un regime
inquisitorio e ridicolo insieme; la maturità solitaria in cerca di
speranza e salvezza dallo spazio angusto di un'altra dittatura. È
questo l'orizzonte esistenziale dei racconti di Norman Manea. La
persecuzione razziale, il conflitto, il senso perduto degli eventi e
dei legami umani pongono lo scrittore in una dimensione spirituale
di esilio, riflesso di quello simmetrico che lo portò, a soli cinque
anni, a essere rinchiuso in un lager in Ucraina perché ebreo, e che
da adulto, vittima del regime comunista, lo costringerà a emigrare
negli Stati Uniti. Ma dal caos e dalla disperazione, talvolta, può
nascere il riscatto: bagliori di speranza, gesti di sfida, momenti
di epifania poetica costellano la raccolta
di Manea. Avvolti da cupe atmosfere kafkiane, ma sempre venati da
un'inconfondibile ironia yiddish, i racconti si riuniscono in un
solo vivo organismo grazie alla scrittura di Manea. Nel vortice
continuo e inestricabile delle immagini, il dato biografico si
intreccia alla Grande Storia, mentre l'autore si fa interprete del
dramma umano dello sradicamento, fisico ed emotivo. Come a voler
dire: non dimentichiamo le nostre origini, i luoghi natii, la lingua
madre, altrimenti saremo ineluttabilmente perduti.
mondadori - ibs - 2015
.
Un ritratto non è una fotografia e un autoritratto è più di un
ritratto perché in un autoritratto l'autore è presente - pensate a
Rembrandt - nei suoi autoritratti c'è una intera visione, una
filosofia della vita. Insomma, è la vita presa come primo passo e
stimolo per la letteratura e la creatività. - NM
. un romanzo di formazione e deformazione ... . Il protagonista
di questi racconti è nato in una famiglia ebraica, come me, in una
regione cosmopolita com’era la Bucovina della mia infanzia. Ma anche
su di lui si abbatte la catastrofe, che lo strappa dal nido
domestico e lo precipita nell’incubo dei campi di concentramento,
questo buco nero della Storia. La guerra finisce, in Romania si
insedia il comunismo o, meglio, la versione bizantina del socialismo
reale. Una magnifica fiaba, che non può non incantare un ragazzo
come quello che io sono stato. Cresciuti senza fiabe, abbiamo
creduto a questa dell’uguaglianza universale. Il mio personaggio,
però, non è del tutto stupido, si accorge presto di quanto la realtà
si discosti dall’ideale. In un regime che respinge ogni critica,
l’unica via di salvezza è rappresentata dai libri, dalla
letteratura, dalla scrittura - NM avvenire.it - 2015
INTERVISTA
Lager
nazista, poi totalitarismo comunista a casa... come è sopravvissuto
nell'animo a prove così brutali? "Se parliamo di prove brutali, la
sopravvivenza può essere considerata come una chance, una speranza,
nel gioco delle probabilità esistenziali. Se aspiriamo o aspiravamo
a una sopravvivenza spirituale e morale, dobbiamo e soprattutto
dovemmo aggrapparci alla forza interiore, all'integrità".
Ma in questo suo nuovo libro, la memoria si mescola con i sogni. Che
ruolo ha questa mescolanza o sinergia? "Se la memoria è forte, e se gli eventi che
la memoria richiama e rievoca dal passato sono potenti e acuti -
dolore, morte, amore, sconfitte, compromessi, colpe - allora è ovvio
che la memoria può segnare i nostri sogni, e qualche volta può
trasformarli in incubi".
Nel suo nuovo libro lo humour, l'ironia, appare ancora di salvezza,
perché? "È vero, lo humour è l'ultima via di
salvezza, se non ne hai più altre. Oggi in America si usa persino
raccontare scherzi o barzellette ai funerali, e non è che mi piaccia
tanto. Ma tornando alla letteratura, una dose di scetticismo è
necessaria, e l'ironia, persino il sarcasmo, sono strumenti
decisivi. In ogni grande opera letteraria troviamo un tocco di
umorismo, come nella vita".
andrea tarquini - repubblica.it - 2015
.
Ero combattuto tra l'influenza di Proust e di Kafka e se non avessi
avuto una biografia così dura probabilmente sarei stato un grande
seguace di Proust. Ma dato che la mia biografia è stata quella che è
stata, molto difficile, schiacciante e assurda, ho sentito una
solidarietà profonda, come essere umano, ma anche come scrittore,
con Kafka. ... kafka
è stato un precursore ma anche molto di più. ha vissuto l'oscurità
che sarebbe arrivata e ha previsto le grandi tragedie collettive del
secondo Novecento. - nm askanews.it - 2015
corriere dell'est Norman
Manea è la voce errante di tre grandi drammi collettivi:
l'Olocausto, il totalitarismo comunista, l'esilio. Ha
vissuto sulla sua pelle la deportazione in un
Lager in Transnistria, la Romania staliniana e la dittatura
di Ceausescu. Infine, stanco della censura e di una tragedia
civile sempre pronta a capovolgersi in tragicommedia umana,
ha trovato rifugio a New York, dove vive e insegna. Se
attraverso la scrittura ha saputo condensare i fantasmi di
un'epoca rovinosa e violenta, è perché non ha mai cessato di
considerare la letteratura come un rifugio, una fortezza di
parole entro cui «coltivare qualcosa
che non sapesse di stereotipo». Esiliato nel suo
stesso paese, costretto alla farsesca, deformata
quotidianità della dittatura, e infine esule negli Stati
Uniti, ha eletto a patria la lingua romena, scrivendo opere
indimenticabili come "Il ritorno dell'huligano" e "Varianti
di un autoritratto".
Corriere dell’Est
è il risultato degli undici anni di profondo scambio
intellettuale e umano tra Manea e Edward Kanterian. Dal loro
dialogo nasce un libro che oltrepassa i generi, sfiorando il
mémoir, il saggio letterario, l’autobiografia, e attraversa
il tempo e lo spazio in un viaggio che da Bucarest, passando
per Berlino, giunge fino a New York. Qui Manea stringe
rapporti con Saul Bellow e
Philip Roth con cui dà vita a
un’amicizia nutrita di profonde differenze e sorprendenti
affinità, che dura ormai da trent’anni. In queste pagine,
Manea instaura un confronto serrato con i maggiori letterati
romeni, come Emil Cioran e Paul Celan; o come Mircea Eliade,
letto, ammirato e insieme criticato per l’antisemitismo e il
sostegno al regime. Attorno al pensiero di Hannah Arendt
coagula le proprie riflessioni sull’identità e il futuro del
popolo ebraico. Lascia spaziare il suo sguardo sulle minacce
e le trasformazioni del presente: l’elezione di Donald
Trump, il terrorismo islamico, il conflitto in Medio
Oriente. E osserva con gli occhi dell’esule e del poeta
un’America vorace, burlesca e infinitamente contraddittoria,
capace di sprofondare chiunque nella solitudine della
folla, di accecare con la luminescente immaturità
della metropoli. Un’America approdo di una
democrazia impura, fatta di monotoni e deludenti
compromessi che sono il «volto che le persone le
imprimono»: la traccia di un’imperfetta e fragile libertà.
ilsaggiatore.com - libreriauniversitaria.it - 2017
.
La mattina
dell’11 settembre 2001 mi trovavo al Bard College, a circa
un’ora e mezzo da New York. Mi stavo preparando per il
seminario del pomeriggio: «Esilio e straniamento nella prosa
moderna». Solo alle undici venni a sapere di quel barbaro
attentato. La maggior parte dei docenti annullò le lezioni.
Preferii andare in classe e chiedere agli studenti se
volevano parlare, come da programma, del romanzo Pnin di
Nabokov, o rimandare la lezione. Erano esitanti. Parevano
traumatizzati, preferivano non restare soli. Pensavo che il
tema del seminario ci avrebbe permesso di dibattere anche
delle contraddizioni della modernità, della solitudine di
coloro che avevano
perso il loro centro e cercavano, a tutti i costi, l’uno. Il
terrore, i traumi e le mistificazioni esprimevano questa
ricerca. Il
silenzio si prolungava e proposi loro di votare: siete in
sedici, se metà di voi è a favore, possiamo decidere
soltanto con il mio voto. Qualunque fosse stata la
decisione, avrebbe scontentato chi aveva votato
diversamente. Costoro avrebbero potuto accettare il voto e
fare un compromesso, il tipico compromesso della democrazia,
e partecipare al dibattito. Oppure rifiutare ogni
compromesso e buttare per aria l’edificio. Questa è la
differenza tra la democrazia e il rifiuto della stessa.
-NM anita bernacchia - cultura.it - da
intervista di edward kanterian - 2017
L’ombra in esilio è il
romanzo più radicale di Norman Manea: una riflessione
sull’identità e sul senso inconciliabile di sradicamento che
avvolge l’esistenza degli esuli del mondo. C’è un uomo di origini ebraiche al
centro di
questa storia, un sopravvissuto. È sopravvissuto
all’Olocausto e al regime di Ceaușescu, alla fuga che lo ha
portato fortunosamente a Berlino, superando il Muro, e alla
perdita di tutti i suoi affetti. Si fa chiamare Nomade
Misantropo, perché – come quella del leggendario Ebreo
Errante – la sua vita sembra destinata a un esilio senza
fine. Nel percorso che lo condurrà a trovare una nuova casa
negli Stati Uniti, sul suo volto appariranno i volti delle
persone incontrate per la via, la sua voce diventerà un
mosaico di quelle attraversate, la sua ombra l’insieme di
quelle lasciate dalle luci altrui. L’ombra in esilio è il
racconto di questo viaggio in cui si uniscono le storie
maggiori e minori del Novecento. Un viaggio che viene
vissuto dal Nomade sul piano reale e su quello letterario,
intervallando l’orrore dei gulag ai romanzi di Robert Musil,
il volto di Thomas Mann a quello della statua di George
Washington, l’11 settembre alle poesie di Eugenio Montale.
Un «romanzo collage», in cui Manea ripercorre i temi che
hanno caratterizzato la sua ricerca narrativa fondendo
assieme autobiografia e invenzione, storia e letteratura, la
condizione di apolide con la «colpa» dei sopravvissuti, fino
a giungere sulla soglia degli interrogativi centrali
dell’esistenza umana: ma io, io che ho barattato l’intero
mio passato per avere un futuro, io che oggi parlo e scrivo
con una lingua diversa da quella che avevo, io chi sono?
mondadoristore.it - 2023 L’Imputato conosceva la marca di
sigarette americane preferita dalle ufficialità, una sorta
di emblema d’élite, mancia per medici, macellai, avvocati,
meccanici di limousine e commercianti di benzina,
intermediari senza i quali la vita quotidiana non poteva
funzionare . L’elegante colonnello si accese una sigaretta
lunga mentre l’ospite osservava l’ambiente ammobiliato con
cura . « Sì, questo ufficio è diverso dai
soliti. Vedo che stai ammirando il mobilio e gli specchi.
Conformi alla funzione, così come la mia tenuta . L’Ufficio
Passaporti! Ha fatto domanda di passaporto a un certo punto
.» L’immensa
mano dell’inquirente era troppo massiccia per la sigaretta
sottile dalla quale il fumo saliva in volute circolari
. « Sì,
molto tempo fa. Moltissimo tempo fa. Ho sempre ricevuto
esito negativo e alla fine ho rinunciato .» « E ora? Ora rinuncerebbe ancora ?» L’interrogato taceva, né lo si vedeva
più, lungo com’era, smarrito nella poltrona .
. da ' leggi un estratto ' mondadori - 2023