marguerite duras 4 c'est tout
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. La parole des femmes
dérange toujours quand elle sort de la sphère privée .
Je n'avais plus envie
de bouger du tout et cependant, en même temps, j'ai eu envie de
m'en aller ou de ne plus les retrouver jamais .
Non pas parce qu'ils m'avaient laissée toute seule ou par ennui, mais
j'aurais voulu avoir la preuve que j'étais capable de le faire, le
souvenir que j'avais été capable de le faire .
C'est parce que mon corps était tellement lourd de fatigue que ma pensée
s'en est allée si librement, si légère .
Molto in fretta voi rinunciate non la cercate più né nella città né nella notte né nel giorno. Avete potuto vivere questo amore nel solo modo possibile per voi perdendolo prima che si realizzasse testi segreti *
È curioso lo scrittore
. Esiste un rapporto sotterraneo tra lo scrittore e il libro ancora da scrivere: il ‘non nato’ che urge sotto la nostra pelle, e riempie di vita ulteriore la nostra vita. In questo brano Marguerite Duras ci parla di questo particolare legame, e di come respiri dentro la nostra solitudine. La solitudine della scrittura è una solitudine senza la quale lo scritto non si realizza o si sbriciola esangue nel cercare cosa scrivere ancora. Ci vuole sempre una separazione dagli altri intorno a chi scrive libri. È una solitudine, la solitudine dell’autore, quella dello scritto. Tanto per cominciare, ti chiedi che cos’era quel silenzio intorno a te e praticamente a ogni passo che fai in una casa, a ogni ora del giorno, sotto tutte le luci, quella di fuori o quella delle lampade accese anche durante il giorno. La solitudine reale del corpo diventa quella, inviolabile, dello scritto. Trovarsi in un buco, in fondo al buco, in una solitudine quasi totale e scoprire che soltanto la scrittura ci salverà. Essere senza alcun argomento di libro, senza alcuna idea di libro significa trovarsi, ritrovarsi, davanti a un libro. Un’immensità vuota, un libro eventuale. Davanti a niente. Davanti a una scrittura viva e spoglia, in un certo senso terribile, terribile da sormontare. Credo che la persona che scrive non abbia nessuna idea di libro, ha le mani vuote, la testa vuota e conosce dell’avventura del libro soltanto la scrittura asciutta e nuda, senza futuro, senza eco, remota, con le sue regole auree elementari: ortografia, senso. Nella vita viene un momento, credo sia fatale, cui non si può sfuggire, in cui si mette tutto in dubbio: il matrimonio, gli amici, soprattutto gli amici della coppia. Non il figlio. Il figlio non è mai messo in dubbio. E il dubbio ci cresce intorno. Questo dubbio è solo, è il dubbio della solitudine, nato dalla solitudine. Si può già dire la parola. Credo che molti non potrebbero sopportare quello che dico, scapperebbero. Forse per questo ogni uomo non è uno scrittore. Ecco la differenza, ecco la verità, nient’altro. Il dubbio, è scrivere. Dunque è anche lo scrittore. E con lo scrittore tutti scrivono, lo si è sempre saputo. Finché c’è il libro che esige di essere terminato, si scrive. Si è costretti a mettersi dalla sua parte. È impossibile buttare un libro per sempre prima che sia completamente scritto, vale a dire: solo e libero da te, che lo hai scritto. È intollerabile quanto un delitto. Non credo a quelli che dicono: “Ho strappato il manoscritto, l’ho gettato”. Non ci credo. O per gli altri non esisteva, ciò che era scritto, o non era un libro. Quando non è un libro, si sa, sempre. Quando non sarà mai un libro, no, non si sa. Mai. Tutto scriveva nella casa quando scrivevo. La scrittura era ovunque. Scrivere comunque, nonostante la disperazione. No: con la disperazione. Quale disperazione, non so darle un nome. Scrivere senza imboccare subito la via che porta allo scritto è pur sempre lavorarlo. E tuttavia si deve accettare questo: lavorare lo “scarto” significa tornare indietro verso un altro libro, verso un altro possibile di quello stesso libro. Quando un libro è terminato, un libro che hai scritto, intendo, non puoi più dire, leggendolo, che è un libro che hai scritto, né quali cose vi siano state scritte, né con quale disperazione o quale felicità, quella di una trovata oppure di un fallimento di tutta te stessa. Perché, alla fine, nel libro non si può vedere niente di simile. La scrittura è in certo qual modo uniforme, placata. Non succede più niente in un libro terminato e distribuito. Esso raggiunge l’innocenza indecifrabile della sua venuta al mondo. Esser soli con il libro non ancora scritto, significa trovarsi ancora nel primo sonno dell’umanità . Significa anche esser soli con la scrittura ancora incolta. Significa tentare di non morirne . Non so che cos’è un libro. Nessuno lo sa, ma si sa quando ce n’è uno. E quando non c’è, si sa, come si sa che si è, non ancora morti . scrivere - 1994 - www.franceculture.fr/marguerite-duras-ecrire-cest-hurler-sans - audio - https://ilmestierediscrivere.com/la-solitudine-della-scrittura . Duras a toujours été une créatrice contre. Elle a écrit contre l’écriture, elle a fait du cinéma contre le cinéma, elle a fait du journalisme contre le journalisme, elle a traduit contre la traduction. simona crippa - diacritik.com - 2018 .
- Proprio non esiste. - Non c’è mai un centro, non c’è un percorso, una linea. Ci sono vaste zone dove sembra che ci fosse qualcuno, ma non è vero, non c’era nessuno. - La storia di una piccola parte della mia giovinezza l’ho già più o meno scritta, insomma l’ho lasciata intravedere, intendo la parte di cui parlo, quella dell’attraversamento del fiume. Ora faccio qualcosa di diverso e di uguale. Prima ho parlato dei periodi limpidi, chiari. Ora parlo dei periodi nascosti di questa stessa giovinezza, di fatti, sentimenti, eventi che avevo dissimulato. - Ho cominciato a scrivere in un ambiente in cui dovevo farlo con pudore. Scrivere, allora, era ancora un impegno morale. Adesso scrivere sembra che spesso non sia più niente. Talvolta me ne rendo conto: scrivere, o è mescolare tutto in un viaggio che ha per destinazione la vanità e il vento, o non è niente; o si mescola tutto in un’unità per sua natura indefinibile, o si fa soltanto della pubblicità. - ... One day, I was already old, in the entrance of a public place a man came up to me. He introduced himself and said: ‘I’ve known you for years. Everyone says you were beautiful when you were young, but I want to tell you I think you’re more beautiful now than then. Rather than your face as a young woman, I prefer your face as it is now. Ravaged'. . Un jour, j'étais âgée déjà, dans le hall d'un lieu public, un homme est venu vers moi. Il s'est fait connaître et il m'a dit : « Je vous connais depuis toujours. Tout le monde dit que vous étiez belle lorsque vous étiez jeune, je suis venu pour vous dire que pour moi je vous trouve plus belle maintenant que lorsque vous étiez jeune, j'aimais moins votre visage de jeune femme que celui que vous avez maintenant, dévasté. . Un giorno, ero già avanti negli anni, in una hall mi è venuto incontro un uomo. Si è presentato e mi ha detto: “La conosco da sempre. Tutti dicono che da giovane lei era bella, io sono venuto a dirle che la trovo più bella ora, preferisco il suo volto devastato a quello che aveva da giovane”. Penso spesso a un’immagine che solo io vedo ancora e di cui non ho mai parlato. È sempre lì, fasciata di silenzio, e mi meraviglia. La prediligo fra tutte, in lei mi riconosco, m’incanto. . Presto fu tardi nella mia vita . A diciott’anni era già troppo tardi . Tra i diciotto e i venticinque anni il mio viso ha deviato in maniera imprevista . Sono invecchiata a diciott’anni . Non so se succeda a tutti, non l’ho mai chiesto . l'amante - 1984
...
Lei non lo guarda in viso ... E’ innamorato in modo abominevole
. Je pleure
sans raison que je pourrais vous dire,
c'est comme une peine qui me traverse, il faut bien que
quelqu'un pleure, c'est comme si c'était moi .
*
dont elle tira son nom de plume
artist delphine delas -
misstic
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