LETTERA ALLE DONNE
Joseph Card. Ratzinger
E
GIOVANNI
PAOLO ii
LETTERA DEL PAPA
GIOVANNI PAOLO II
ALLE DONNE
A voi, donne del mondo intero,
il mio saluto più cordiale!
1. A ciascuna di voi e a tutte le donne del mondo indirizzo
questa lettera nel segno della condivisione e della gratitudine,
mentre si avvicina la IV Conferenza Mondiale sulla Donna, che si
terrà a Pechino nel prossimo mese di settembre.
Desidero innanzitutto esprimere il mio vivo apprezzamento
all'Organizzazione delle Nazioni Unite, che ha promosso una
iniziativa di così grande rilievo. Anche la Chiesa intende
offrire il suo contributo a difesa della dignità, del ruolo e
dei diritti delle donne, non solo attraverso lo specifico
apporto della Delegazione ufficiale della Santa Sede ai lavori
di Pechino, ma anche parlando direttamente al cuore e alla mente
di tutte le donne. Recentemente, in occasione della visita che
la Signora Gertrude Mongella, Segretaria Generale della
Conferenza, mi ha fatto proprio in vista di tale importante
incontro, ho voluto consegnarle un Messaggio nel quale sono
raccolti alcuni punti fondamentali dell'insegnamento della
Chiesa in proposito. È un messaggio che, al di là della
specifica circostanza che lo ha ispirato, si apre alla
prospettiva più generale della realtà e dei problemi delle donne
nel loro insieme, ponendosi al servizio della loro causa nella
Chiesa e nel mondo contemporaneo. Per questo ho disposto che
fosse trasmesso a tutte le Conferenze Episcopali, per
assicurarne la massima diffusione.
Rifacendomi a quanto scrivevo in tale documento, vorrei ora
rivolgermi direttamente ad ogni donna, per riflettere con lei
sui problemi e le prospettive della condizione femminile nel
nostro tempo, soffermandomi in particolare sul tema essenziale
della dignità e dei diritti delle donne, considerati alla luce
della Parola di Dio.
Il punto di partenza di questo ideale dialogo non può che essere
il grazie. La Chiesa - scrivevo nella Lettera apostolica
Mulieris dignitatem - « desidera ringraziare la santissima
Trinità per il "mistero della donna", e, per ogni donna, per ciò
che costituisce l'eterna misura della sua dignità femminile, per
le "grandi opere di Dio" che nella storia delle generazioni
umane si sono compiute in lei e per mezzo di lei » (n. 31).
2. Il grazie al Signore per il suo disegno sulla vocazione e la
missione delle donna nel mondo, diventa anche un concreto e
diretto grazie alle donne, a ciascuna donna, per ciò che essa
rappresenta nella vita dell'umanità.
Grazie a te, donna-madre, che ti fai grembo dell'essere umano
nella gioia e nel travaglio di un'esperienza unica, che ti rende
sorriso di Dio per il bimbo che viene alla luce, ti fa guida dei
suoi primi passi, sostegno della sua crescita, punto di
riferimento nel successivo cammino della vita.
Grazie a te, donna-sposa, che unisci irrevocabilmente il tuo
destino a quello di un uomo, in un rapporto di reciproco dono, a
servizio della comunione e della vita.
Grazie a te, donna-figlia e donna-sorella, che porti nel nucleo
familiare e poi nel complesso della vita sociale le ricchezze
della tua sensibilità, della tua intuizione, della tua
generosità e della tua costanza.
Grazie a te, donna-lavoratrice, impegnata in tutti gli ambiti
della vita sociale, economica, culturale, artistica, politica,
per l'indispensabile contributo che dai all'elaborazione di una
cultura capace di coniugare ragione e sentimento, ad una
concezione della vita sempre aperta al senso del « mistero »,
alla edificazione di strutture economiche e politiche più ricche
di umanità.
Grazie a te, donna-consacrata, che sull'esempio della più grande
delle donne, la Madre di Cristo, Verbo incarnato, ti apri con
docilità e fedeltà all'amore di Dio, aiutando la Chiesa e
l'intera umanità a vivere nei confronti di Dio una risposta «
sponsale », che esprime meravigliosamente la comunione che Egli
vuole stabilire con la sua creatura.
Grazie a te, donna, per il fatto stesso che sei donna! Con la
percezione che è propria della tua femminilità tu arricchisci la
comprensione del mondo e contribuisci alla piena verità dei
rapporti umani.
3. Ma il grazie non basta, lo so. Siamo purtroppo eredi di una
storia di enormi condizionamenti che, in tutti i tempi e in ogni
latitudine, hanno reso difficile il cammino della donna,
misconosciuta nella sua dignità, travisata nelle sue
prerogative, non di rado emarginata e persino ridotta in
servitù. Ciò le ha impedito di essere fino in fondo se stessa, e
ha impoverito l'intera umanità di autentiche ricchezze
spirituali. Non sarebbe certamente facile additare precise
responsabilità, considerando la forza delle sedimentazioni
culturali che, lungo i secoli, hanno plasmato mentalità e
istituzioni. Ma se in questo non sono mancate, specie in
determinati contesti storici, responsabilità oggettive anche in
non pochi figli della Chiesa, me ne dispiaccio sinceramente.
Tale rammarico si traduca per tutta la Chiesa in un impegno di
rinnovata fedeltà all'ispirazione evangelica, che proprio sul
tema della liberazione delle donne da ogni forma di sopruso e di
dominio, ha un messaggio di perenne attualità, sgorgante
dall'atteggiamento stesso di Cristo. Egli, superando i canoni
vigenti nella cultura del suo tempo, ebbe nei confronti delle
donne un atteggiamento di apertura, di rispetto, di accoglienza,
di tenerezza. Onorava così nella donna la dignità che essa ha da
sempre nel progetto e nell'amore di Dio. Guardando a Lui, sullo
scorcio di questo secondo millennio, viene spontaneo di
chiederci: quanto del suo messaggio è stato recepito e attuato?
Sì, è l'ora di guardare con il coraggio della memoria e il
franco riconoscimento delle responsabilità alla lunga storia
dell'umanità, a cui le donne hanno dato un contributo non
inferiore a quello degli uomini, e il più delle volte in
condizioni ben più disagiate. Penso, in particolare, alle donne
che hanno amato la cultura e l'arte e vi si sono dedicate
partendo da condizioni di svantaggio, escluse spesso da
un'educazione paritaria, esposte alla sottovalutazione, al
misconoscimento ed anche all'espropriazione del loro apporto
intellettuale. Della molteplice opera delle donne nella storia,
purtroppo, molto poco è rimasto di rilevabile con gli strumenti
della storiografia scientifica. Per fortuna, se il tempo ne ha
sepolto le tracce documentarie, non si può non avvertirne i
flussi benefici nella linfa vitale che impasta l'essere delle
generazioni che si sono avvicendate fino a noi. Rispetto a
questa grande, immensa « tradizione » femminile, l'umanità ha un
debito incalcolabile. Quante donne sono state e sono tuttora
valutate più per l'aspetto fisico che per la competenza, la
professionalità, le opere dell'intelligenza, la ricchezza della
loro sensibilità e, in definitiva, per la dignità stessa del
loro essere!
4. E che dire poi degli ostacoli che, in tante parti del mondo,
ancora impediscono alle donne il pieno inserimento nella vita
sociale, politica ed economica? Basti pensare a come viene
spesso penalizzato, più che gratificato, il dono della
maternità, a cui pur deve l'umanità la sua stessa sopravvivenza.
Certo molto ancora resta da fare perché l'essere donna e madre
non comporti una discriminazione. È urgente ottenere dappertutto
l'effettiva uguaglianza dei diritti della persona e dunque
parità di salario rispetto a parità di lavoro, tutela della
lavoratrice-madre, giuste progressioni nella carriera,
uguaglianza fra i coniugi nel diritto di famiglia, il
riconoscimento di tutto quanto è legato ai diritti e ai doveri
del cittadino in regime democratico.
Si tratta di un atto di giustizia, ma anche di una necessità. I
gravi problemi sul tappeto vedranno, nella politica del futuro,
sempre maggiormente coinvolta la donna: tempo libero, qualità
della vita, migrazioni, servizi sociali, eutanasia, droga,
sanità e assistenza, ecologia, ecc. Per tutti questi campi, una
maggiore presenza sociale della donna si rivelerà preziosa,
perché contribuirà a far esplodere le contraddizioni di una
società organizzata su puri criteri di efficienza e produttività
e costringerà a riformulare i sistemi a tutto vantaggio dei
processi di umanizzazione che delineano la « civiltà dell'amore
».
5. Guardando poi a uno degli aspetti più delicati della
situazione femminile nel mondo, come non ricordare la lunga e
umiliante storia - per quanto spesso « sotterranea » - di
soprusi perpetrati nei confronti delle donne nel campo della
sessualità? Alle soglie del terzo millennio non possiamo restare
impassibili e rassegnati di fronte a questo fenomeno. È ora di
condannare con vigore, dando vita ad appropriati strumenti
legislativi di difesa, le forme di violenza sessuale che non di
rado hanno per oggetto le donne. In nome del rispetto della
persona non possiamo altresì non denunciare la diffusa cultura
edonistica e mercantile che promuove il sistematico sfruttamento
della sessualità, inducendo anche ragazze in giovanissima età a
cadere nei circuiti della corruzione e a prestarsi alla
mercificazione del loro corpo.
A fronte di tali perversioni, quanto apprezzamento meritano
invece le donne che, con eroico amore per la loro creatura,
portano avanti una gravidanza legata all'ingiustizia di rapporti
sessuali imposti con la forza; e ciò non solo nel quadro delle
atrocità che purtroppo si verificano nei contesti di guerra
ancora così frequenti nel mondo, ma anche con situazioni di
benessere e di pace, viziate spesso da una cultura di
permissivismo edonistico, in cui più facilmente prosperano anche
tendenze di maschilismo aggressivo. In condizioni del genere, la
scelta dell'aborto, che pur resta sempre un grave peccato, prima
di essere una responsabilità da addossare alle donne, è un
crimine da addebitare all'uomo e alla complicità dell'ambiente
circostante.
6. Il mio grazie alle donne si fa pertanto appello accorato,
perché da parte di tutti, e in particolare da parte degli Stati
e delle istituzioni internazionali, si faccia quanto è
necessario per restituire alle donne il pieno rispetto della
loro dignità e del loro ruolo. In proposito non posso non
manifestare la mia ammirazione per le donne di buona volontà che
si sono dedicate a difendere la dignità della condizione
femminile attraverso la conquista di fondamentali diritti
sociali, economici e politici, e ne hanno preso coraggiosa
iniziativa in tempi in cui questo loro impegno veniva
considerato un atto di trasgressione, un segno di mancanza di
femminilità, una manifestazione di esibizionismo, e magari un
peccato!
Come scrivevo nel Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace
di quest'anno, guardando a questo grande processo di liberazione
della donna, si può dire che « è stato un cammino difficile e
complesso, e, qualche volta, non privo di errori, ma
sostanzialmente positivo, anche se ancora incompiuto per i tanti
ostacoli che, in varie parti del mondo, si frappongono a che la
donna sia riconosciuta, rispettata, valorizzata nella sua
peculiare dignità » (n. 4).
Occorre proseguire in questo cammino! Sono convinto però che il
segreto per percorrere speditamente la strada del pieno rispetto
dell'identità femminile non passa solo per la denuncia, pur
necessaria, delle discriminazioni e delle ingiustizie, ma anche
e soprattutto per un fattivo quanto illuminato progetto di
promozione, che riguardi tutti gli ambiti della vita femminile,
a partire da una rinnovata e universale presa di coscienza della
dignità della donna. Al riconoscimento di quest'ultima,
nonostante i molteplici condizionamenti storici, ci porta la
ragione stessa, che coglie la legge di Dio inscritta nel cuore
di ogni uomo. Ma è soprattutto la Parola di Dio che ci consente
di individuare con chiarezza il radicale fondamento
antropologico della dignità della donna, additandocelo nel
disegno di Dio sull'umanità.
7. Consentite dunque, carissime sorelle, che insieme con voi io
rimediti la meravigliosa pagina biblica che presenta la
creazione dell'uomo, e che tanto dice sulla vostra dignità e la
vostra missione nel mondo.
Il Libro della Genesi parla della creazione in modo sintetico e
con linguaggio poetico e simbolico, ma profondamente vero: « Dio
creò l'uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò: maschio e
femmina li creò » (Gn 1, 27). L'atto creativo di Dio si sviluppa
secondo un preciso progetto. Innanzitutto, è detto che l'uomo è
creato « ad immagine e somiglianza di Dio » (cfr Gn 1, 26),
espressione che chiarisce subito la peculiarità dell'uomo
nell'insieme dell'opera della creazione.
Si dice poi che egli, sin dall'inizio, è creato come « maschio e
femmina » (Gn 1, 27). La Scrittura stessa fornisce
l'interpretazione di questo dato: l'uomo, pur trovandosi
circondato dalle innumerevoli creature del mondo visibile, si
rende conto di essere solo (cfr Gn 2, 20). Dio interviene per
farlo uscire da tale situazione di solitudine: « Non è bene che
l'uomo sia solo: gli voglio fare un aiuto che gli sia simile » (Gn
2, 18). Nella creazione della donna è inscritto, dunque, sin
dall'inizio il principio dell'aiuto: aiuto - si badi bene - non
unilaterale, ma reciproco. La donna è il complemento dell'uomo,
come l'uomo è il complemento della donna: donna e uomo sono tra
loro complementari. La femminilità realizza l'« umano » quanto
la mascolinità, ma con una modulazione diversa e complementare.
Quando la Genesi parla di « aiuto », non si riferisce soltanto
all'ambito dell'agire, ma anche a quello dell'essere.
Femminilità e mascolinità sono tra loro complementari non solo
dal punto di vista fisico e psichico, ma ontologico. È soltanto
grazie alla dualità del « maschile » e del « femminile » che l'«
umano » si realizza appieno.
8. Dopo aver creato l'uomo maschio e femmina, Dio dice ad
entrambi: « Riempite la terra e soggiogatela » (Gn 1, 28). Non
conferisce loro soltanto il potere di procreare per perpetuare
nel tempo il genere umano, ma affida loro anche la terra come
compito, impegnandoli ad amministrarne le risorse con
responsabilità. L'uomo, essere razionale e libero, è chiamato a
trasformare il volto della terra. In questo compito, che in
misura essenziale è opera di cultura, sia l'uomo che la donna
hanno sin dall'inizio uguale responsabilità. Nella loro
reciprocità sponsale e feconda, nel loro comune compito di
dominare e assoggettare la terra, la donna e l'uomo non
riflettono un'uguaglianza statica e omologante, ma nemmeno una
differenza abissale e inesorabilmente conflittuale: il loro
rapporto più naturale, rispondente al disegno di Dio, è l'«
unità dei due », ossia una « unidualità » relazionale, che
consente a ciascuno di sentire il rapporto interpersonale e
reciproco come un dono arricchente e responsabilizzante.
A questa « unità dei due » è affidata da Dio non soltanto
l'opera della procreazione e la vita della famiglia, ma la
costruzione stessa della storia. Se durante l'Anno
internazionale della Famiglia, celebrato nel 1994, l'attenzione
s'è portata sulla donna come madre, l'occasione della Conferenza
di Pechino torna propizia per una rinnovata presa di coscienza
del molteplice contributo che la donna offre alla vita di intere
società e nazioni. È un contributo di natura innanzitutto
spirituale e culturale, ma anche socio-politica ed economica.
Veramente molto è quanto devono all'apporto della donna i vari
settori della società, gli Stati, le culture nazionali e, in
definitiva, il progresso dell'intero genere umano!
9. Normalmente il progresso è valutato secondo categorie
scientifiche e tecniche, ed anche da questo punto di vista non
manca il contributo della donna. Tuttavia, non è questa l'unica
dimensione del progresso, anzi non ne è neppure la principale.
Più importante appare la dimensione socio-etica, che investe le
relazioni umane e i valori dello spirito: in tale dimensione,
spesso sviluppata senza clamore, a partire dai rapporti
quotidiani tra le persone, specie dentro la famiglia, è proprio
al « genio della donna » che la società è in larga parte
debitrice.
Vorrei a tal proposito manifestare una particolare gratitudine
alle donne impegnate nei più diversi settori dell'attività
educativa, ben oltre la famiglia: asili, scuole, università,
istituti di assistenza, parrocchie, associazioni e movimenti.
Dovunque c'è l'esigenza di un lavoro formativo, si può
constatare l'immensa disponibilità delle donne a spendersi nei
rapporti umani, specialmente a vantaggio dei più deboli e
indifesi. In tale opera esse realizzano una forma di maternità
affettiva, culturale e spirituale, dal valore veramente
inestimabile, per l'incidenza che ha sullo sviluppo della
persona e il futuro della società. E come non ricordare qui la
testimonianza di tante donne cattoliche e di tante Congregazioni
religiose femminili che, nei vari continenti, hanno fatto
dell'educazione, specialmente dei bambini e delle bambine, il
loro principale servizio? Come non guardare con animo grato a
tutte le donne che hanno operato e continuano ad operare sul
fronte della salute, non solo nell'ambito delle istituzioni
sanitarie meglio organizzate, ma spesso in circostanze assai
precarie, nei Paesi più poveri del mondo, dando una
testimonianza di disponibilità che rasenta non di rado il
martirio?
10. Auspico dunque, carissime sorelle, che si rifletta con
particolare attenzione sul tema del « genio della donna », non
solo per riconoscervi i tratti di un preciso disegno di Dio che
va accolto e onorato, ma anche per fare ad esso più spazio
nell'insieme della vita sociale, nonché di quella ecclesiale.
Proprio su questo tema, già affrontato peraltro in occasione
dell'Anno Mariano, ebbi modo di intrattenermi ampiamente nella
menzionata Lettera apostolica Mulieris dignitatem, pubblicata
nel 1988. Quest'anno poi, in occasione del Giovedì Santo, alla
consueta Lettera che invio ai sacerdoti ho voluto unire
idealmente proprio la Mulieris dignitatem, invitandoli a
riflettere sul significativo ruolo che nella loro vita svolge la
donna, come madre, come sorella e come collaboratrice nelle
opere di apostolato. È questa un'altra dimensione - diversa da
quella coniugale, ma anch'essa importante - di quell'« aiuto »
che la donna, secondo la Genesi, è chiamata a recare all'uomo.
La Chiesa vede in Maria la massima espressione del « genio
femminile » e trova in Lei una fonte di incessante ispirazione.
Maria si è definita « serva del Signore » (Lc 1, 38). È per
obbedienza alla Parola di Dio che Ella ha accolto la sua
vocazione privilegiata, ma tutt'altro che facile, di sposa e di
madre della famiglia di Nazaret. Mettendosi a servizio di Dio,
Ella si è posta anche a servizio degli uomini: un servizio di
amore. Proprio questo servizio le ha permesso di realizzare
nella sua vita l'esperienza di un misterioso, ma autentico «
regnare ». Non a caso è invocata come « Regina del cielo e della
terra ». La invoca così l'intera comunità dei credenti,
l'invocano « Regina » molte nazioni e popoli. Il suo « regnare »
è servire! Il suo servire è « regnare »!
Così dovrebbe essere intesa l'autorità tanto nella famiglia
quanto nella società e nella Chiesa. Il « regnare » è
rivelazione della vocazione fondamentale dell'essere umano, in
quanto creato ad « immagine » di Colui che è Signore del cielo e
della terra, chiamato ad essere in Cristo suo figlio adottivo.
L'uomo è la sola creatura sulla terra « che Iddio abbia voluta
per se stessa », come insegna il Concilio Vaticano II, il quale
significativamente aggiunge che l'uomo « non può ritrovarsi
pienamente se non attraverso il dono sincero di sé » (Gaudium et
spes, n. 24).
In questo consiste il materno « regnare » di Maria. Essendo
stata, con tutto il suo essere, dono per il Figlio, dono Ella
diventa anche per i figli e le figlie dell'intero genere umano,
destando la profondissima fiducia di chi si rivolge a Lei per
essere condotto lungo le difficili vie della vita al proprio
definitivo, trascendente destino. A questo finale traguardo
ciascuno giunge attraverso le tappe della propria vocazione, un
traguardo che orienta l'impegno nel tempo tanto dell'uomo quanto
della donna.
11. In questo orizzonte di « servizio » - che, se reso con
libertà, reciprocità ed amore, esprime la vera « regalità »
dell'essere umano - è possibile accogliere, senza conseguenze
svantaggiose per la donna, anche una certa diversità di ruoli,
nella misura in cui tale diversità non è frutto di arbitraria
imposizione, ma sgorga dalle peculiarità dell'essere maschile e
femminile. È un discorso che ha una sua specifica applicazione
anche all'interno della Chiesa. Se Cristo - con libera e sovrana
scelta, ben testimoniata nel Vangelo e nella costante tradizione
ecclesiale - ha affidato soltanto agli uomini il compito di
essere « icona » del suo volto di « pastore » e di « sposo »
della Chiesa attraverso l'esercizio del sacerdozio ministeriale,
ciò nulla toglie al ruolo delle donne, come del resto a quello
degli altri membri della Chiesa non investiti del sacro
ministero, essendo peraltro tutti ugualmente dotati della
dignità propria del « sacerdozio comune » radicato nel
Battesimo. Tali distinzioni di ruolo, infatti, non vanno
interpretate alla luce dei canoni di funzionalità propri delle
società umane, ma con i criteri specifici dell'economia
sacramentale, ossia di quella economia di « segni » liberamente
scelti da Dio per rendersi presente in mezzo agli uomini.
Del resto, proprio nella linea di questa economia di segni,
anche se fuori dell'ambito sacramentale, non è di poco conto la
« femminilità » vissuta sul modello sublime di Maria. C'è
infatti nella « femminilità » della donna credente, e in specie
di quella « consacrata », una sorta di « profezia » immanente (cfr
Mulieris dignitatem, n. 29), un simbolismo fortemente evocativo,
si direbbe una pregnante « iconicità », che si realizza
pienamente in Maria e ben esprime l'essere stesso della Chiesa
in quanto comunità consacrata con l'assolutezza di un cuore «
vergine », per essere « sposa » del Cristo e « madre » dei
credenti. In questa prospettiva di complementarietà « iconica »
dei ruoli maschile e femminile vengono meglio poste in luce due
dimensioni imprescindibili della Chiesa: il principio « mariano
» e quello « apostolico-petrino » (cfr ibid., n. 27).
D'altra parte - lo ricordavo ai sacerdoti nella menzionata
Lettera del Giovedì santo di quest'anno - il sacerdozio
ministeriale, nel disegno di Cristo, « non è espressione di
dominio, ma di servizio » (n. 7). È compito urgente della
Chiesa, nel suo quotidiano rinnovarsi alla luce della Parola di
Dio, metterlo sempre più in evidenza, sia nello sviluppo dello
spirito di comunione e nella attenta promozione di tutti gli
strumenti tipicamente ecclesiali della partecipazione, sia
attraverso il rispetto e la valorizzazione degli innumerevoli
carismi personali e comunitari che lo Spirito di Dio suscita ad
edificazione della comunità cristiana e a servizio degli uomini.
In tale ampio spazio di servizio, la storia della Chiesa in
questi due millenni, nonostante tanti condizionamenti, ha
conosciuto veramente il « genio della donna », avendo visto
emergere nel suo seno donne di prima grandezza che hanno
lasciato larga e benefica impronta di sé nel tempo. Penso alla
lunga schiera di martiri, di sante, di mistiche insigni. Penso,
in special modo, a santa Caterina da Siena e a santa Teresa d'Avila,
a cui il Papa Paolo VI di v.m. attribuì il titolo di Dottore
della Chiesa. E come non ricordare poi le tante donne che,
spinte dalla fede, hanno dato vita ad iniziative di
straordinaria rilevanza sociale a servizio specialmente dei più
poveri? Il futuro della Chiesa nel terzo millennio non mancherà
certo di registrare nuove e mirabili manifestazioni del « genio
femminile ».
12. Voi vedete, dunque, carissime sorelle, quanti motivi ha la
Chiesa per desiderare che, nella prossima Conferenza, promossa a
Pechino dalle Nazioni Unite, si metta in luce la piena verità
sulla donna. Si ponga davvero nel dovuto rilievo il « genio
della donna », non tenendo conto soltanto delle donne grandi e
famose vissute nel passato o nostre contemporanee, ma anche di
quelle semplici, che esprimono il loro talento femminile a
servizio degli altri nella normalità del quotidiano. È infatti
specialmente nel suo donarsi agli altri nella vita di ogni
giorno che la donna coglie la vocazione profonda della propria
vita, lei che forse ancor più dell'uomo vede l'uomo, perché lo
vede con il cuore. Lo vede indipendentemente dai vari sistemi
ideologici o politici. Lo vede nella sua grandezza e nei suoi
limiti, e cerca di venirgli incontro e di essergli di aiuto. In
questo modo, si realizza nella storia dell'umanità il
fondamentale disegno del Creatore e viene alla luce
incessantemente, nella varietà delle vocazioni, la bellezza -
non soltanto fisica, ma soprattutto spirituale - che Dio ha
elargito sin dall'inizio alla creatura umana e specialmente alla
donna.
Mentre affido al Signore nella preghiera il buon esito
dell'importante appuntamento di Pechino, invito le comunità
ecclesiali a fare dell'anno corrente l'occasione per un sentito
rendimento di grazie al Creatore e al Redentore del mondo
proprio per il dono di un così grande bene qual è la
femminilità: essa, nelle sue molteplici espressioni, appartiene
al patrimonio costitutivo dell'umanità e della stessa Chiesa.
Vegli Maria, Regina dell'amore, sulle donne e sulla loro
missione al servizio dell'umanità, della pace, della diffusione
del Regno di Dio!
Con la mia Benedizione.
Dal Vaticano, 29 giugno 1995, Solennità dei Santi Pietro e
Paolo.
GIOVANNI PAOLO II
Joseph Card. Ratzinger
E
GIOVANNI
PAOLO ii
DARIO FO
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