wisława szymborska

welcome szymborska                                                

 

SZYMBORSKA    1  -  1A  -  1B  -   2  -  3

 

 

Wislawa Szymborska  Prix Nobel de littérature

j'espère

qu'au siècle prochain

ce poème

ne sera plus d'actualité

 

 

la haine
Voyez combien elle reste efficace
Combien elle se porte bien
En notre siècle, la haine.
Avec quel naturel elle prend

les plus hauts obstacles.
Combien il lui est facile: sauter, saisir ...
Pouah! les autres sentiments
chétifs et avachis.
Depuis quand la fraternité
attire-t-elle les foules?
A-t-on vu la miséricorde
prendre les autres de vitesse ?
Le scrupule soulève combien de prosélytes?
Elle seule sait soulever, on ne la lui fait pas ...
On la dit aveugle. Elle ?
Avec ses yeux de sniper ?
Intrépide, elle regarde l'avenir en face.
Elle seule.

l'odio

ingrandisci

 

guardate com'è sempre efficiente
come si mantiene in forma
nel nostro secolo l'odio
con quanta facilità supera gli ostacoli

come gli è facile avventarsi agguantare
non è come gli altri sentimenti
insieme più vecchio e più giovane di loro
da solo genera le cause
che lo fanno nascere.
se si addormenta  il suo non è mai un sonno eterno
l'insonnia non lo indebolisce  ma lo rafforza
religione o non religione
purchè ci si inginocchi per il via
patria o non patria
purchè si scatti alla partenza
anche la giustizia va bene all'inizio
poi corre tutto solo
l'odio  l'odio
una smorfia di estasi amorosa
gli deforma il viso
oh, quegli altri sentimenti
malaticci e fiacchi
da quando la fratellanza
può contare sulle folle?
la compassione è mai
arrivata per prima al traguardo?
il dubbio quanti volenterosi trascina?
lui solo trascina, che sa il fatto suo
capace, sveglio, molto laborioso
occorre dire quante canzoni ha composto?
quante pagine ha scritto nei libri di storia?
quanti tappeti umani ha disteso
su quante piazze stadi?
diciamoci la verità
sa creare bellezza
splendidi i suoi bagliori nella notte nera
magnifiche le nubi degli scoppi nell'alba rosata
innegabile è il pathos delle rovine
e l'umorismo grasso
della colonna che vigorosa la sovrasta
e' un maestro del contrasto
tra fracasso e silenzio
tra sangue rosso e neve bianca
e soprattutto non lo annoia mai
il motivo del lindo carnefice
sopra la vittima insozzata
in ogni istante è pronto a nuovi compiti
se deve aspettare aspetterà
lo dicono cieco.cieco?
ha la vista acuta del cecchino
e guarda risoluto al futuro
lui solo

 

 

 

 

Si corrono incontro

a braccia spalancate
esclamano ridendo

Finalmente ! Finalmente !
Entrambi indossano abiti invernali
cappelli caldi
sciarpe
guanti
scarpe pesanti
ma solo ai nostri occhi.
Ai loro - sono nudi.
all’aeroporto

  

ABC

ORMAI NON VERRO PIU A SAPERE

COSA PENSAVA DI ME A

SE B FINO ALL'ULTIMO NON MI HA PERDONATO

PERCHE' C FACEVA FINTA CHE FOSSE TUTTO A POSTO

CHE PARTE AVEVA D NEL SILENZIO DI E

COSA SI ASPETTAVA F SE SI ASPETTAVA QUALCOSA

PERCHE' G HA DIMENTICATO BENCHE' SAPESSE BENE

COSA AVEVA DA NASCONDERE H

COSA VOLEVA AGGIUNGERE I

SE IL FATTO CHE ERO ACCANTO

POTEVA AVERE UN QUALUNQUE SIGNIFICATO

PER J   PER  E IL RESTANTE ALFABETO

discorso ufficio oggetti smarriti - adelphi

le tre parole più strane

quando pronuncio la parola  f u t u r o

la prima sillaba già va nel passato.

quando pronuncio la parola  s i l e n z i o

lo distruggo.

quando pronuncio la parola  n i e n t e

creo qualcosa che non entra in alcun nulla.

discorso ufficio oggetti smarriti

 

The Three Oddest Words
When I pronounce the word Future,
the first syllable already belongs to the past.
When I pronounce the word Silence,
I destroy it.
When I pronounce the word Nothing,
I make something no non-being can hold.

nobelprize.org

 

 

Tutto converge nella poesia 'riflessiva' di Wislawa Szymborska, che questa ampia scelta antologica permette di seguire lungo l'arco di sessant'anni, dal 1945 sino ad oggi

archividonneticino.ch

Poesia riflessiva, ossia concepita in un costante ripiegamento in sé, in una lettura accorta e partecipe delle proprie emozioni 

cuoreragione.it

doppiozero.com/materiali/ricordi/la-poesia-di-wislawa-szymborska

.

ci sono parole che evita, soprattutto quando scrive?
Quelle arcaiche e quelle magniloquenti. Ma ci sono anche parole che utilizzo raramente e con tanti dubbi .   Quando cerco di definire qualcosa come ‘bello’, per esempio. La bellezza è un’idea relativa che dipende dalla tradizione e dalle consuetudini e, soprattutto, dai gusti personali che il lettore può anche non condividere. Per me le cattedrali romaniche sono più belle delle gotiche, le ceramiche più belle delle porcellane più raffinate e la bambola di pezza con la quale nella mia infanzia potevo parlare di qualsiasi cosa è mille volte più bella dell’orribile Barbie . Perché, a ben pensarci, di che cosa si può parlare con una Barbie ? Nel migliore dei casi, di vestiti e di smalto per le unghie .
javier rodrìguez marcos - babel_el pais -mlbianchi.altervista.org

       

   

 

 

 


POSSIBILITA'

inglese

PREFERISCO IL CINEMA.
PREFERISCO I GATTI.
PREFERISCO LE QUERCE SUL FIUME WARTA.
PREFERISCO DICKENS A DOSTOEVSKIJ.
PREFERISCO ME CHE VUOL BENE ALLA GENTE
A ME CHE AMA L'UMANITÀ.
PREFERISCO AVERE SOTTOMANO AGO E FILO.
PREFERISCO IL COLORE VERDE.
PREFERISCO NON AFFERMARE
CHE L'INTELLETTO HA LA COLPA DI TUTTO.
PREFERISCO LE ECCEZIONI.
PREFERISCO USCIRE PRIMA.
PREFERISCO PARLAR D'ALTRO COI MEDICI.
PREFERISCO LE VECCHIE ILLUSTRAZIONI

A TRATTEGGIO.
PREFERISCO IL RIDICOLO DI SCRIVERE POESIE
AL RIDICOLO DI NON SCRIVERNE.
PREFERISCO IN AMORE GLI ANNIVERSARI NON TONDI
DA FESTEGGIARE OGNI GIORNO.
PREFERISCO I MORALISTI
CHE NON PROMETTONO NULLA.
PREFERISCO UNA BONTÀ AVVEDUTA

A UNA CREDULONA.
PREFERISCO LA TERRA IN BORGHESE.
PREFERISCO I PAESI CONQUISTATI

A QUELLI CONQUISTATORI.
PREFERISCO AVERE DELLE RISERVE.
PREFERISCO L'INFERNO DEL CAOS

ALL'INFERNO DELL'ORDINE.
PREFERISCO LE FAVOLE DEI GRIMM

ALLE PRIME PAGINE.
PREFERISCO FOGLIE SENZA FIORI
CHE FIORI SENZA FOGLIE.
PREFERISCO I CANI

CON LA CODA NON TAGLIATA.
PREFERISCO GLI OCCHI CHIARI

PERCHÉ LI HO SCURI.
PREFERISCO I CASSETTI.
PREFERISCO MOLTE COSE

CHE QUI NON HO MENZIONATO
A MOLTE PURE QUI NON MENZIONATE.
PREFERISCO GLI ZERI ALLA RINFUSA
CHE NON ALLINEATI IN UNA CIFRA.
PREFERISCO IL TEMPO DEGLI INSETTI

A QUELLO SIDERALE.
PREFERISCO TOCCAR FERRO.
PREFERISCO NON CHIEDERE
PER QUANTO ANCORA E QUANDO.
PREFERISCO CONSIDERARE

PERSINO LA POSSIBILITÀ
CHE L'ESSERE ABBIA UNA SUA RAGIONE.



PI GRECO
DEGNO DI MERAVIGLIA È IL NUMERO PI GRECO
TRE VIRGOLA UNO QUATTRO UNO.
LE SUE CIFRE SEGUENTI SONO ANCORA TUTTE INIZIALI
CINQUE NOVE DUE, PERCHÈ NON HA MAI FINE.
NON SI FA ABBRACCIARE SEI CINQUE TRE CINQUE
CON LO SGUARDO
OTTO NOVE CON IL CALCOLO
SETTE NOVE CON L’IMMAGINAZIONE
E NEPPURE TRE DUE TRE OTTO PER SCHERZO
O PER PARAGONE
QUATTRO SEI CON QUALSIASI COSA
DUE SEI QUATTRO TRE AL MONDO.
IL PIÙ LUNGO SERPENTE TERRESTRE
DOPO UNA DOZZINA DI METRI S’INTERROMPE.
COSÌ PURE, ANCHE SE UN PO’ PIÙ TARDI
FANNO I SERPENTI DELLE FAVOLE.
LA FILA DELLE CIFRE CHE COMPONGONO IL NUMERO PI
NON SI FERMA AL MARGINE DEL FOGLIO
RIESCE A PROSEGUIRE SUL TAVOLO, NELL’ARIA
SU PER IL MURO, IL RAMO, IL NIDO, LE NUVOLE
DIRITTO NEL CIEL
O
PER TUTTO IL CIELO ATMOSFERICO E STRATOSFERICO.
OH COME È CORTA, QUASI QUANTO QUELLA DI UN TOPO
LA CODA DELLA COMETA !
QUANTO È DEBOLE IL RAGGIO DI UNA STELLA
CHE S’INCURVA NELLO SPAZIO !
ED ECCO INVECE DUE TRE QUINDICI TRECENTO DICIANNOVE
IL MIO NUMERO DI TELEFONO IL TUO NUMERO DI CAMICIA
L’ANNO MILLE NOVECENTO SETTANTA TRE SESTO PIANO
NUMERO DI ABITANTI SESSANTA CINQUE CENTESIMI
GIRO DEI FIANCHI DUE DITA UNA SCIARADA E UNA CIFRA
IN CUI VOLA VOLA E CANTA, MIO USIGNOLO
E SI PREGA DI MANTENERE LA CALMA
E COSÌ IL CIELO E LA TERRA PASSERANNO,
MA IL PI GRECO NO, QUELLO NO
LUI SEMPRE COL SUO BRAVO ANCORA CINQUE
UN NON QUALSIASI OTTO
UN NON ULTIMO SETTE
STIMOLANDO, OH SÌ
STIMOLANDO LA PIGRA ETERNITÀ
A DURARE.
wielka liczba - grandi numeri - 1976
trad alessandra czeczott

14 marzo 2015 - PI DAY

 

 
AD ALCUNI PIACE LA POESIA
AD ALCUNI PIACE LA POESIA
AD ALCUNI CIOÈ NON A TUTTI.
E NEPPURE ALLA MAGGIORANZA MA ALLA MINORANZA.
SENZA CONTARE LE SCUOLE DOVE È UN OBBLIGO
E I POETI STESSI
CE NE SARANNO FORSE DUE SU MILLE.
PIACE
MI PIACE ANCHE LA PASTA IN BRODO,
PIACCIONO I COMPLIMENTI E IL COLORE AZZURRO
PIACE UNA VECCHIA SCIARPA
PIACE AVERLA VINTA
PIACE ACCAREZZARE UN CANE.
LA POESIA
MA COS'E' MAI LA POESIA?
PIU D'UNA RISPOSTA INCERTA
E' STATA GIA DATA IN PROPOSITO.
MA IO NON LO SO,
NON LO SO E MI AGGRAPPO A QUESTO
COME ALLA SALVEZZA DI UN CORRIMANO.

la fine e l'inizio - 1997

 

 

 

 

 

VESTIARIO
TI TOGLI, CI TOGLIAMO, VI TOGLIETE
CAPPOTTI, GIACCHE, GILÈ, CAMICETTE
DI LANA, DI COTONE, DI TERITAL,
GONNE, CALZONI, CALZE, BIANCHERIA,
POSANDO, APPENDENDO, GETTANDO SU
SCHIENALI DI SEDIE, ANTE DI PARAVENTI;
PER ADESSO, DICE IL MEDICO, NULLA DI SERIO,
SI RIVESTA, RIPOSI, FACCIA UN VIAGGIO,
PRENDA NEL CASO, DOPO PRANZO, LA SERA,
TORNI FRA TRE MESI, SEI, UN ANNO,
VEDI, E TU PENSAVI, E NOI TEMEVAMO,
E VOI SUPPONEVATE, E LUI SOSPETTAVA;
È GIÀ ORA DI ALLACCIARE

CON MANI ANCORA TREMANTI
STRINGHE, AUTOMATICI, CERNIERE, FIBBIE,
CINTURE, BOTTONI, CRAVATTE, COLLETTI
E DA MANICHE, BORSETTE, TASCHE, TIRAR FUORI
- SGUALCITA, A POIS, A RIGHE, A FIORI, A SCACCHI -
LA SCIARPA
RIUTILIZZABILE PER PROTRATTA SCADENZA.
gente sul ponte
 

 

 

ritratto di donna

Deve essere a scelta.
Cambiare, purché niente cambi.
È facile, impossibile, difficile, ne vale la pena.
Ha gli occhi, se occorre, ora azzurri, ora grigi
neri, allegri, senza motivo pieni di lacrime.
Dorme con lui

come la prima venuta, l'unica al mondo.
Gli darà quattro figli, nessuno, uno.
Ingenua, ma è un'ottima consigliera.
Debole, ma sosterrà.
Non ha la testa sulle spalle, però l'avrà.
Legge Jaspers e le riviste femminili.
Non sa a che serva questa vite, e costruirà un ponte.
Giovane, come al solito giovane,

sempre ancora giovane.
Tiene nelle mani un passero con l'ala spezzata
soldi suoi per un viaggio lungo e lontano
una mezzaluna, un impacco e un bicchierino di vodka.
Dove è che corre, non sarà stanca ?
Ma no, solo un poco, molto, non importa.
O lo ama, o si è intestardita.
Nel bene
nel male
e per l'amor di Dio.

grande numero 1976

https://youtu.be/pxFvH8cm214  - roberto vecchioni

 

LA BREVE VITA DEI NOSTRI ANTENATI

NON ARRIVAVANO IN MOLTI FINO A TRENT'ANNI.
LA VECCHIAIA ERA UN PRIVILEGIO
DI ALBERI E PIETRE.
L'INFANZIA DURAVA QUANTO
QUELLA DEI CUCCIOLI DI LUPO.
BISOGNAVA SBRIGARSI

FARE IN TEMPO A VIVERE
PRIMA CHE TRAMONTASSE IL SOLE,
PRIMA CHE CADESSE LA NEVE.
LE GENITRICI TREDICENNI,
I CERCATORI QUATTRENNI DI NIDI

FRA I GIUNCHI,
I CAPICACCIA VENTENNI-
UN ATTIMO PRIMA NON C'ERANO,
GIÀ NON CI SONO PIÙ.
I CAPI DELL'INFINITO SI UNIVANO IN FRETTA.
LE FATTUCCHIERE BIASCICAVANO ESORCISMI
CON ANCORA TUTTI I DENTI DELLA GIOVINEZZA.
IL FIGLIO SI FACEVA UOMO SOTTO
GLI OCCHI DEL PADRE.
IL NIPOTE NASCEVA

SOTTO L'OCCHIAIA DEL NONNO.
E DEL RESTO NON SI CONTAVANO GLI ANNI.
CONTAVANO RETI, PENTOLE, CAPANNI, ASCE.
IL TEMPO, COSÌ PRODIGO
CON UNA QUALSIASI STELLA DEL CIELO,
TENDEVA LORO LA MANO QUASI VUOTA,
E LA RITRAEVA IN FRETTA, COME DISPIACIUTO.
ANCORA UN PASSO, ANCORA DUE
LUNGO IL FIUME SCINTILLANTE,
CHE DALL'OSCURITÀ NASCE
E NELL'OSCURITÀ SCOMPARE.
NON C'ERA UN ATTIMO DA PERDERE,
DOMANDE DA RINVIARE

E ILLUMINAZIONI TARDIVE,
SE NON LE SI ERANO AVUTE PER TEMPO.
LA SAGGEZZA NON POTEVA ASPETTARE
I CAPELLI BIANCHI.
DOVEVA VEDERE CON CHIAREZZA,
PRIMA CHE FOSSE CHIARO,
E UDIRE OGNI VOCE, PRIMA CHE RISUONASSE.
IL BENE E IL MALE -
NE SAPEVANO POCO, MA TUTTO:
QUANDO IL MALE TRIONFA, IL BENE SI CELA;
QUANDO IL BENE SI MOSTRA,
IL MALE ATTENDE NASCOSTO.
NESSUNO DEI DUE SI PUÒ VINCERE
O ALLONTANARE AD UNA DISTANZA DEFINITIVA.
ECCO IL PERCHÈ D'UNA GIOIA
SEMPRE TINTA DI TERRORE,
D'UNA DISPERAZIONE MAI DISGIUNTA
DA TACITA SPERANZA.
LA VITA, PER QUANTO LUNGA, SARÀ SEMPRE BREVE.
TROPPO BREVE PER AGGIUNGERE QUALCOSA.

 


 
 NULLA DUE VOLTE

NULLA DUE VOLTE ACCADE
NÉ ACCADRÀ. PER TAL RAGIONE
NASCIAMO SENZA ESPERIENZA,
MORIAMO SENZA ASSUEFAZIONE.
ANCHE GLI ALUNNI PIÙ OTTUSI
DELLA SCUOLA DEL PIANETA
DI RIPETER NON È DATO
LE STAGIONI DEL PASSATO.
NON C'È GIORNO CHE RITORNI
NON DUE NOTTI UGUALI UGUALI
NÉ DUE BACI SOMIGLIANTI
NÉ DUE SGUARDI TALI E QUALI.
IERI, QUANDO IL TUO NOME
QUALCUNO HA PRONUNCIATO
MI È PARSO CHE UNA ROSA
SBOCCIASSE SUL SELCIATO.
OGGI, CHE STIAMO INSIEME
HO RIVOLTO GLI OCCHI ALTROVE.
UNA ROSA. MA COM'È?
FORSE È PIETRA, O FORSE FIORE?
PERCHÉ TU ORA, MALVAGIA
DÀI PAURA E INCERTEZZA?
CI SEI - PERCIÒ DEVI PASSARE.
PASSERAI - E IN CIÒ STA LA BELLEZZA.
CERCHEREMO UN'ARMONIA
SORRIDENTI FRA LE BRACCIA
ANCHE SE SIAMO DIVERSI
COME DUE GOCCE D'ACQUA.
taccuino d'amore

UN TERRORISTA:  LUI GUARDA
La bomba esploderà nel bar alle tredici e venti.
Adesso sono appena le tredici e sedici.
Alcuni faranno in tempo a entrare
alcuni a uscire
.
Il terrorista ha già attraversato la strada.
Questa distanza lo protegge da ogni male
e poi la vista è come al cinema

Una donna con il giaccone giallo, lei entra.
Un uomo con gli occhiali scuri, lui esce.
Ragazzi in jeans, loro parlano.
Le tredici e diciassette e quattro secondi.
Quello più basso è fortunato e sale sulla vespa
quello più alto invece entra.

Le tredici e diciassette e quaranta secondi.
La ragazza, lei cammina

con un nastro verde nei capelli.
Ma quell'autobus d'improvviso la nasconde.
Le tredici e diciotto.
La ragazza non c'è più.
Se è stata così stupida da entrare, oppure no
si vedrà quando li porteranno fuori.

Le tredici e diciannove.
Più nessuno che entri, pare.
Invece esce un grassone calvo.
Sembra che si frughi nelle tasche e
alle tredici e venti meno dieci secondi
rientra a cercare quei suoi miseri guanti.

Sono le tredici e venti.
Il tempo, come scorre lentamente.
Deve essere ora.
No, non ancora.
Sì, ora.
La bomba, lei esplode.

vista con granello di sabbia 1998


Io - un'adolescente?
SE QUI, ORA, D'IMPROVVISO, MI COMPARISSE DAVANTI
DOVREI FORSE SALUTARLA COME UNA PERSONA CARA
BENCHÉ MI SIA ESTRANEA E LONTANA ?
VERSARE UNA LACRIMUCCIA, BACIARLA SULLA FRONTE
PER LA SOLA RAGIONE
CHE LA DATA DI NASCITA È LA STESSA ?

SIAMO COSÌ DISSIMILI
CHE FORSE SONO LE OSSA SONO UGUALI
LA CALOTTA CRANICA, LE ORBITE OCULARI.
PERCHÉ GIÀ I SUOI OCCHI SEMBRANO UN PO' PIÙ GRANDI
LE CIGLIA PIÙ LUNGHE, LA STATURA PIÙ ALTA
E TUTTO IL CORPO È FASCIATO
DA UNA PELLE LISCIA, SENZA UN'IMPERFEZIONE.
IN VERITÀ CI LEGANO PARENTI I CONOSCENTI
MA NEL SUO MONDO, DI QUESTA CERCHIA
VIVI LO SONO QUASI TUTTI
MENTRE NEL MIO QUASI NESSUNO.
SIAMO COSÌ DIVERSE
COSÌ DIVERSI I NOSTRI PENSIERI E LE PAROLE.
LEI SA POCO -
MA CON CAPARBIETÀ DEGNA DI MIGLIOR CAUSA.
IO SO MOLTO DI PIÙ -
MA NON IN MODO CERTO.
MI MOSTRA QUALCHE POESIA
SCRITTA CON UNA GRAFIA NITIDA, ACCURATA
COME ORMAI NON SCRIVO PIÙ DA ANNI.
LEGGO QUELLE POESIE, LE LEGGO.
BE’, FORSE QUEST’UNICA
SE FOSSE ACCORCIATA
E CORRETTA QUA E LÀ.
DAL RESTO NON VERRÀ NULLA DI BUONO.
LA CONVERSAZIONE LANGUE.
SUL SUO MODESTO OROLOGIO
IL TEMPO È ANCORA INCERTO E COSTA POCO.
SUL MIO È MOLTO PIÙ CARO ED ESATTO.
PER COMMIATO NULLA, UN SORRISO ABBOZZATO
E NESSUNA COMMOZIONE. 
SOLO QUANDO SPARISCE
E NELLA FRETTA DIMENTICA LA SCIARPA.

UNA SCIARPA DI PURA LANA
A RIGHE COLORATE
CHE NOSTRA MADRE
HA FATTO PER LEI ALL'UNCINETTO.
LA CONSERVO ANCORA.

Il silenzio delle piante
La conoscenza unilaterale tra voi e me
si sviluppa abbastanza bene.
So cosa sono foglia, petalo, spiga, stelo, pigna
e cosa vi accade in aprile, e in dicembre.
Benché la mia curiosità non sia reciproca
su alcune di voi mi chino apposta,
e verso altre alzo il capo.
Ho dei nomi da darvi:
acero, bardana, epatica
erica, ginepro, vischio, nontiscordardime
ma voi per me non ne avete nessuno.
Viaggiamo insieme.
E quando si viaggia insieme si conversa,
ci si scambiano osservazioni almeno sul tempo
o sulle stazioni superate in velocità.
Non mancherebbero argomenti, molto ci unisce.
La stessa stella ci tiene nella sua portata.
Gettiamo ombre basate sulle stesse leggi.
Cerchiamo di sapere qualcosa, ognuno a modo suo,
e ciò che non sappiamo, anch’esso ci accomuna.
Io spiegherò come posso, ma voi chiedete
che significa guardare con gli occhi
perché mi batte il cuore
e perché il mio cuore non ha radici.
Ma come rispondere a domande non fatte
se per giunta si è qualcuno
che per voi è a tal punto nessuno.
Epifite, boschetti, prati e giuncheti -
tutto ciò che vi dico è un monologo
e non siete voi che lo ascoltate.
Parlare con voi è necessario e impossibile.
Urgente in questa vita frettolosa
e rimandato a mai.

plotting with the dead
Under what conditions
do you dream of the dead?
Do you often think of them before you fall asleep?
Who appears first?
Is it always the same one?
First name? Surname? Cemetery? Date deceased?
To what do they refer?
Old friendship? Kinship? Fatherland?
Do they say where they come from?
And who's behind them?
And who besides you sees them in his dreams?
Their faces, are they like their photographs?
Have they aged at all with time?
Are they robust? Are they wan?
The murdered ones
have their wounds healed yet?
Do they still remember who killed them?
What do they hold in their hands?
Describe these objects.
Are they charred? Moldy? Rusty? Decomposed?
And in their eyes, what? Entreaty? A threat?
Be
specific.
Do you only chat about the weather?
Or about flowers? Birds? Butterflies?
No awkward questions on their part?
If so, what do you reply?
Instead of safely keeping quiet?
Or evasively changing the dream's subject?
Or waking up just in time?

trad stanislaw baranczak - clare cavanagh

 

 

 

LA FINE E L'INIZIO

DOPO OGNI GUERRA
C'È CHI DEVE RIPULIRE.
IN FONDO UN PO' D'ORDINE
DA SOLO NON SI FA.
C'È CHI DEVE SPINGERE LE MACERIE
AI BORDI DELLE STRADE
PER FAR PASSARE
I CARRI PIENI DI CADAVERI. 
C'È CHI DEVE SPROFONDARE
NELLA MELMA E NELLA CENERE,
TRA LE MOLLE DEI DIVANI LETTO
LE SCHEGGE DI VETRO
E GLI STRACCI INSANGUINATI.
C'È CHI DEVE TRASCINARE UNA TRAVE
PER PUNTELLARE IL MURO,
C'È CHI DEVE METTERE I VETRI ALLA FINESTRA
E MONTARE LA PORTA SUI CARDINI.
NON È FOTOGENICO
E CI VOGLIONO ANNI.
TUTTE LE TELECAMERE SONO GIÀ PARTITE
PER UN'ALTRA GUERRA.
BISOGNA RICOSTRUIRE I PONTI
E ANCHE LE STAZIONI.
LE MANICHE SARANNO A BRANDELLI
A FORZA DI RIMBOCCARLE.
C'È CHI CON LA SCOPA IN MANO
RICORDA ANCORA COM'ERA.
C'È CHI ASCOLTA
ANNUENDO CON LA TESTA NON MOZZATA.
MA PRESTO
GLI GIRERANNO INTORNO ALTRI
CHE NE SARANNO ANNOIATI.
C'È CHI TALVOLTA
DISSOTTERRERÀ DA SOTTO UN CESPUGLIO
ARGOMENTI CORROSI DALLA RUGGINE
E LI TRASPORTERÀ SUL MUCCHIO DEI RIFIUTI.
CHI SAPEVA
DI CHE SI TRATTAVA,
DEVE FAR POSTO A QUELLI
CHE NE SANNO POCO.
E MENO DI POCO.
E INFINE ASSOLUTAMENTE NULLA.
SULL'ERBA CHE HA RICOPERTO
LE CAUSE E GLI EFFETTI,
C'È CHI DEVE STARSENE DISTESO
CON UNA SPIGA TRA I DENTI,
PERSO A FISSARE LE NUVOLE.

https://youtu.be/T9pxSAntcoY  -   legge WS

teche.rai.it/szymborska-la-fine-linizio-della-poesia

 

 seconda versione >

 

 

Del non leggere
In libreria con l'opera di Proust
non ti danno un telecomando
non puoi cambiare
sulla partita di calcio
o sul telequiz con in premio una Volvo .
Viviamo più a lungo
ma con minor esattezza
e con frasi più brevi .
Viaggiamo più veloci, più spesso, più lontano
e torniamo con foto invece di ricordi .
Qui sono io con uno .
Là, credo, è il mio ex .
Qui sono tutti nudi
quindi di certo in spiaggia .
Sette volumi - pietà.
Non si potrebbe riassumerli, abbreviarli
o meglio ancora mostrarli in immagini ?
Una volta hanno trasmesso un serial, La bambola
ma per mia cognata è di un altro che inizia con la P .
E poi tra parentesi, chi mai era costui .
Scriveva, dicono, a letto, per interi anni .
Un foglio dopo l'altro
a velocità ridotta.
Noi invece andiamo in quinta
e - toccando ferro - stiamo bene .

 

 

 

un'altra versione di la fine e l'inizio

UN'ALTRA GUERRA
DOPO OGNI GUERRA
C'È CHI DEVE PULIRE,
RIMETTERE IN ORDINE.

C'È CHI DEVE SPINGERE LE MACERIE
AI BORDI DELLE STRADE,
C'È CHI DEVE TRASCINARE TRAVI
PER PUNTELLARE MURI
C'È CHI DEVE METTERE I VETRI ALLE FINESTRE.

CI VOGLIONO ANNI.

NEL FRATTEMPO, GLI ALTRI SONO GIÀ RIPARTITI
PER UN'ALTRA GUERRA.
BISOGNA RICOSTRUIRE I PONTI,
LE STAZIONI, GLI STADI,
COGLIERE L'OCCASIONE
PERCHE' TUTTO SEMBRI PIÙ BELLO DI PRIMA.

C'È CHI CON LA SCOPA IN MANO
RICORDA ANCORA COM'ERA.
C'È CHI ASCOLTA ANNUENDO.
MA PRESTO CI SARÀ CHI SI ANNOIA.

CHI SAPEVA DI CHE SI TRATTAVA
FA LENTAMENTE POSTO A QUELLI
CHE NE SANNO POCO.

POI A QUELLI CHE NON NE SANNO NULLA.
SULL'ERBA CHE HA SEPOLTO LE CAUSE E GLI EFFETTI
C'È CHI STA DISTESO
CON UNA SPIGA TRA I DENTI
E FISSA LE NUVOLE.

POI CI SARÀ UN'ALTRA GUERRA.

 

SÉANCE
Il caso svela i suoi trucchi.
Tira fuori dalla manica un bicchiere di cognac
e ci mette a sedere sopra Henryk.
Entro nel bistrò e resto di stucco.
Henryk non è altri che
il fratello del marito di Agnieszka
e Agnieszka è parente
del cognato di zia Zosia.
Parlando è venuto fuori un bisnonno in comune.
Fra le dita del caso lo spazio
si srotola e arrotola
si allarga e si restringe.
Un attimo fa era una tovaglia
ed è già un fazzoletto.
Indovina chi ho incontrato
e dove, in Canada
e dopo tutti questi anni.
Pensavo fosse morto,
ed eccolo là, su una Mercedes.
Sull’aereo per Atene.
Nello stadio a Tokyo.
Il caso gira fra le mani un caleidoscopio.
Vi luccicano miliardi di vetrini colorati.
E d’un tratto il vetrino di Hänsel
sbatte contro il vetrino di Gretel.
Figurati, nello stesso albergo.
faccia a faccia nell’ascensore.
In un negozio di giocattoli.
All’angolo fra la via Szewska
e la Jagiallonska.
Il caso è avvolto in un mantello.
Vi si perdono e ritrovano cose.
Mi ci sono imbattuta senza volerlo.
Mi sono chinata e ho raccolto.
Guardo, ed era un cucchiaio
di quel servizio rubato.
Non fosse stato per il braccialetto
non avrei riconosciuto Ola
e quell’orologio l’ho trovato a Plock.
Il caso ci guarda a fondo negli occhi.
La testa comincia a farsi pesante.
Ci si chiudono le palpebre.
Ci vien voglia di ridere e piangere
è davvero incredibile -
dalla quarta B a quella nave
deve esserci un senso.
Ci vien voglia di gridare
com’è piccolo il mondo
com’è facile afferrarlo
a braccia aperte !
E per un attimo ancora ci colma una gioia
raggiante e illusoria.

 

 

A una mia poesia
Nel migliore dei casi
poesia, sarai letta attentamente
commentata e ricordata.
Nel peggiore
sarai soltanto letta.
Terza eventualità
verrai sì scritta
ma subito buttata nel cestino.
Potrai approfittare di una quarta soluzione
scomparirai non scritta
borbottando qualcosa soddisfatta.
 basta così


CONVERSAZIONE

CON UNA PIETRA
Busso alla porta della pietra
– Sono io, fammi entrare.
Voglio venirti dentro
dare un’occhiata
respirarti come l’aria.
– Vattene – dice la pietra.
– Sono ermeticamente chiusa.
Anche fatte a pezzi
saremo chiuse ermeticamente.
Anche ridotte in polvere
non faremo entrare nessuno.
Busso alla porta della pietra.
– Sono io, fammi entrare.
Vengo per pura curiosità.
La vita è la sua unica occasione.
Vorrei girare per il tuo palazzo
e visitare poi anche la foglia e la goccia d’acqua.
Ho poco tempo per farlo.
La mia mortalità dovrebbe commuoverti.
– Sono di pietra – dice la pietra
– E devo restare seria per forza.
Vattene via.
Non ho i muscoli per ridere.
Busso alla porta della pietra.
– Sono io, fammi entrare.
Dicono che in te ci sono grandi sale vuote
mai viste, belle invano
sorde, senza l’eco di alcun passo.
Ammetti che tu stessa ne sai poco.
– Sale grandi e vuote – dice la pietra
– Ma in esse non c’è spazio.
Belle, può darsi, ma al di là del gusto
dei tuoi poveri sensi.
Puoi conoscermi, però mai fino in fondo.
Con tutta la superficie mi rivolgo a te
ma tutto il mio interno è girato altrove.
Busso alla porta della pietra
– Sono io, fammi entrare.
Non cerco in te un rifugio per l’eternità.
Non sono infelice.
Non sono senza casa.
Il mio mondo è degno di ritorno.
Entrerò e uscirò a mani vuote.
E come prova d’esserci davvero stata
porterò solo parole,
a cui nessuno presterà fede.
– Non entrerai – dice la pietra.–
Ti manca il senso del partecipare.
Nessun senso ti sostituirà quello del partecipare.
Anche una vista affilata fino all’onniveggenza
a nulla ti servirà senza il senso del partecipare.
Non entrerai, non hai che un senso di quel senso
appena un germe, solo una parvenza.
Busso alla porta della pietra.
– Sono io, fammi entrare.
Non posso attendere duemila secoli
per entrare sotto il tuo tetto.
– Se non mi credi – dice la pietra –
rivolgiti alla foglia, dirà la stessa cosa.
Chiedi a una goccia d’acqua, dirà come la foglia.
Chiedi infine a un capello della tua testa.
Scoppio dal ridere, d’una immensa risata
che non so far scoppiare.
Busso alla porta della pietra.
– Sono io, fammi entrare.
– Non ho porta – dice la pietra.

La vita difficile

con la memoria
Sono un cattivo pubblico per la mia memoria.
Vuole che ascolti di continuo la sua voce
ma io mi agito, tossicchio
ascolto e non ascolto
esco, torno ed esco di nuovo.
Vuole tutta la mia attenzione e il tempo.
Quando dormo, la cosa le riesce facilmente.
Di giorno ci sono alti e bassi, e le dispiace.
Mi propone con zelo vecchie lettere, foto
tocca fatti più e meno importanti
mi rende paesaggi sfuggiti alla mia vista
li popola con i miei morti.
Nei suoi racconti sono sempre più giovane.
È carino, ma a che pro questo ritornello.
Ogni specchio ha per me notizie differenti.
Si arrabbia quando scrollo le spalle.
Allora si vendica e sbandiera tutti i miei errori
pesanti, e poi dimenticati facilmente.
Mi fissa negli occhi, aspetta una reazione.
Mi consola alla fine, poteva andar peggio.
Vuole che viva solo per lei e con lei.
Meglio se in una stanza buia, chiusa
ma qui nei miei piani c'è sempre il sole presente
le nuvole di oggi, le vie giorno per giorno.
A volte ne ho abbastanza della sua compagnia.
Propongo di separarci. Da oggi e per sempre.
Allora compassionevole sorride
sa che anche per me sarebbe una condanna.


 

Forse tutto questo
avviene in un laboratorio?
Sotto una sola lampada di giorno
e miliardi di lampade la notte?
Forse siamo generazioni sperimentali?
Travasati da un recipiente all'altro
scossi in alambicchi
osservati non soltanto da occhi
e infine presi a uno a uno
con le pinzette?
O
forse è altrimenti
nessun intervento?
I cambiamenti avvengono da sé
in conformità al piano?
L'ago del diagramma traccia a poco a poco
gli zigzag previsti?
Forse finora non siamo di grande interesse?
I monitor di controllo sono accesi di rado?
Solo in caso di guerre, meglio se grandi
di voli al di sopra della nostra zolla di Terra
o di migrazioni rilevanti tra i punti A e B?
O
forse è il contrario
là piacciono solo le piccole cose?
Ecco: una ragazzina su un grande schermo
si cuce un bottone sulla manica.
I sensori fischiano
il personale accorre.
Ah, guarda che creaturina
con un cuoricino che le batte dentro!
Quale incantevole serietà
nell'infilare l'ago!
Qualcuno grida rapito
Avvertite il Capo
che venga a vedere di persona!
trad. pietro marchesani - audio




NEL SONNO
Ho sognato che cercavo una cosa
nascosta chissà dove oppure persa
sotto il letto o le scale
all'indirizzo vecchio.
Rovistavo in armadi, scatole e cassetti
inutilmente pieni di cose senza senso.
Tiravo fuori dalle mie valigie
gli anni e i viaggi compiuti.
Scuotevo fuori dalle tasche
lettere secche e foglie scritte non a me.
Correvo trafelata
per ansie e stanze
mie e non mie.
Mi impantanavo in gallerie
di neve e nell'oblio.
Mi ingarbugliavo in cespugli di spine
e congetture.
Spazzavo via l'aria
e l'erba dell'infanzia.
Cercavo di fare in tempo
prima del crepuscolo del secolo trascorso
dell'ora fatale e del silenzio.
Alla fine ho smesso di sapere
cosa stessi cercando così a lungo.
Al risveglio
ho guardato l'orologio.
Il sogno era durato due minuti e mezzo.
Ecco a che trucchi è costretto il tempo
dacché si imbatte
nelle teste addormentate.


While Sleeping
I dreamed I was looking for something,
maybe hidden somewhere or lost
under the bed, under the stairs
under an old address.
I dug through wardrobes, boxes and drawers
pointlessly packed with stuff and nonsense.
I pulled from my suitcases
the years and journeys I’d picked up.
I shook from my pockets
withered letters, litter, leaves not addressed to me.
I ran panting
through comforting, discomfiting
displaces, places.
I floundered through tunnels of snow
and unremembrance.
I got stuck in thorny thickets
and conjectures.
I swam through air
and the grass of childhood.
I hustled to finish up
before the outdated dusk fell
the curtain, silence.
In the end I stopped knowing
what I’d been looking for so long.
I woke up.
Looked at my watch.
The dream took not quite two and a half minutes.
Such are the tricks to which time resorts
ever since it started stumbling
on sleeping heads.

PROLOGO A UNA COMMEDIA
SI FECE UN VIOLINO DI VETRO PERCHÈ VOLEVA VEDERE LA MUSICA.
TRASCINÒ LA SUA BARCA FIN SULLA CIMA DELLA MONTAGNA E ATTESE CHE IL MARE ARRIVASSE A LUI. LE NOTTI SI DILETTAVA A LEGGERE L'ORARIO FERROVIARIO; I CAPOLINEA LO COMMUOVEVANO FINO ALLE LACRIME. COLTIVAVA LE ROSE CON UNA 'Z'.
SCRISSE UNA POESIA PER LA CRESCITA DEI CAPELLI E UN'ALTRA ANCORA SULLO STESSO SOGGETTO. RUPPE L'OROLOGIO DEL MUNICIPIO PER FERMARE UNA VOLTA PER TUTTE LA CADUTA DELLE FOGLIE DAGLI ALBERI.
VOLEVA DISSOTTERRARE UNA CITTÀ IN UN VASETTO D'ERBA CIPOLLINA. CAMMINAVA CON LA TERRA AL PIEDE, SORRIDENDO, LENTAMENTE, FELICE - COME DUE E DUE FAN DUE.
QUANDO GLI FU DETTO CHE NON ESISTEVA AFFATTO, NON POTENDO MORIRE PER IL DISPIACERE - DOVETTE NASCERE.
GIÀ VIVE DA QUALCHE PARTE, BATTE LE PALPEBRE E CRESCE.
GIUSTO IN TEMPO! IN UN BUON MOMENTO! ALLA GRAZIOSA NOSTRA SIGNORA, DOLCE MACCHINA ASSENNATA, PRESTO SARÀ UTILE UN BUFFONE PER SUO GIUSTO DILETTO E INNOCENTE CONFORTO.

 

SALUTO AI SUPERSONICI
OGGI PIÙ VELOCI DEL SUONO
DOPO DOMANI DELLA LUCE
MUTEREMO IL SUONO IN TARTARUGA
E LA LUCE IN LEPRE.

DI ANTICA PARABOLA
ONORATI ANIMALI
NOBILE COPPIA IN GARA
DA SEMPRE.

CORREVATE, CORREVANO
PER QUESTA BASSA TERRA
PROVATE A GAREGGIARE
IN ALTO NEL CIELO.

VIA LIBERA. NON VI SAREMO
D'INTRALCIO NELLA CORSA
PER INSEGUIRE NOI STESSI
PRIMA CI ALZEREMO IN VOLO

BALLATA
QUESTA È LA BALLATA SU UNA DONNA AMMAZZATA
CHE D'UN TRATTO SI È ALZATA.
SCRITTA IN MODO VERITIERO
SULLA CARTA PER INTERO.
TUTTO ACCADDE A FINESTRA SPALANCATA
E LA LAMPADA SPLENDEVA.
CHI VOLEVA, VEDEVA.
QUANDO L'USCIO SI RICHIUSE
E L'ASSASSINO CORSE GIÙ
LEI SI ALZÒ COME I VIVI
RISVEGLIATI DAL SILENZIO.
SI È ALZATA, MUOVE IL CAPO
E CON OCCHI DI DIAMANTE
GUARDA ATTENTA DA OGNI PARTE.
NON SI LEVA SU NELL'ARIA
MA CALPESTA IL PAVIMENTO
UN ASSITO SCRICCHIOLANTE.
LE TRACCE DELL'ASSASSINO
TUTTE BRUCIA NEL CAMINO.
FOTO E SPAGO DAL CASSETTO
FINO ALL'ULTIMO PEZZETTO.
NON È STATA STRANGOLATA.
NÉ UNO SPARO L'HA AMMAZZATA.
MA UNA MORTE INVISIBILE.
PUÒ DAR SEGNI D'ESSER VIVA
PIANGERE PER INEZIE
SPAVENTARSI E POI GRIDARE
PER UN TOPO.
TANTE SONO
LE FRAGILITÀ E SCIOCCHEZZE
CHE È FACILE CONTRAFFARE.
LEI SI ALZÒ, COME CI SI ALZA.
LEI CAMMINA, COME SI CAMMINA.
CANTA ANCHE, E SI PETTINA
I CAPELLI, CHE CRESCONO.
sale 1962

 

 

 

Negativo
In un cielo bigio
una nuvoletta ancora più bigia
contornata di nero dal sole.
A sinistra, ossia a destra
un ramo bianco di ciliegio con i fiori neri.
Sul tuo viso scuro ombre chiare.
Ti sei seduto accanto al tavolino
e vi hai posato sopra le mani ingrigite.
Sembri uno spirito
che cerca di evocare i vivi.
( Poiché ancora mi annovero tra loro
dovrei apparirgli e battere:
buonanotte, ossia buongiorno
addio, ossia benvenuto
e non risparmiargli domande ad alcuna risposta
se riguardano la vita
ossia la tempesta prima della quiete ) .
 la gioia di scrivere -  tutte le poesie 1945 – 2009

 

LA REALTÀ ESIGE
CHE SI DICA ANCHE QUESTO:
LA VITA CONTINUA.
CONTINUA A CANNE E BORODINO
E A KOSOVO POLJE E A GUERNICA.
C’È UN DISTRIBUTORE DI BENZINA
NELLA PIAZZA DI GERICO,
CI SONO PANCHINE DIPINTE DI FRESCO
SOTTO LA MONTAGNA BIANCA.
LETTERE VANNO E VENGONO
TRA PEARL HARBOUR E HASTINGS
UN FURGONE DI MOBILI TRANSITA
SOTTO L’OCCHIO DEL LEONE DI CHERONEA
E AI FRUTTETI IN FIORE INTORNO A VERDUN
SI AVVICINA IL FRONTE ATMOSFERICO.
C’È TANTO TUTTO
CHE IL NULLA È DAVVERO BEN CELATO.
DAGLI YACHT ORMEGGIATI AD ANZIO
ARRIVA LA MUSICA
E LE COPPIE DANZANO SUI PONTI AL SOLE.
TALMENTE TANTO ACCADE DI CONTINUO
CHE DEVE ACCADERE DAPPERTUTTO.
DOVE NON È RIMASTA PIETRA SU PIETRA
C’È UN CARRETTO DI GELATI
ASSEDIATO DAI BAMBINI.
DOV’ERA HIROSHIMA
C’È ANCORA HIROSHIMA
E SI PRODUCONO MOLTE COSE
D’USO QUOTIDIANO.
QUESTO ORRIBILE MONDO NON È PRIVO DI GRAZIE
NON È SENZA MATTINI
PER CUI VALGA LA PENA SVEGLIARSI.
SUI CAMPI DI MACIEJOWICE
L’ERBA È VERDE
E SULL’ERBA, COME È NORMALE SULL’ERBA
UNA RUGIADA TRASPARENTE.
FORSE NON CI SONO CAMPI SE NON DI BATTAGLIA
QUELLI ANCORA RICORDATI
QUELLI GIÀ DIMENTICATI
BOSCHI DI BETULLE E BOSCHI DI CEDRI
NEVI E NEBBIE, PALUDI IRIDESCENTI
E FORRE DI NERA SCONFITTA
DOVE PER UN BISOGNO IMPELLENTE
CI SI ACCUCCIA DIETRO A UN CESPUGLIO.
QUAL È LA MORALE? - FORSE NESSUNA.
DI CERTO C’È SOLO IL SANGUE CHE SCORRE E SI RAPPRENDE
E, COME SEMPRE, FIUMI, NUVOLE.
SUI VALICHI TRAGICI
IL VENTO PORTA VIA I CAPPELLI
E NON C’È NIENTE DA FARE -
LO SPETTACOLO CI DIVERTE.

In lode di mia sorella
Mia sorella non scrive poesie
né penso che si metterà a scrivere poesie .
Ha preso dalla madre, che non scriveva poesie
e dal padre, che anche lui non scriveva poesie
Sotto il tetto di mia sorella mi sento sicura :
suo marito mai e poi mai scriverebbe poesie .
E anche se tutto ciò suona ripetitivo come una litania
nessuno dei miei parenti scrive poesie .
Nei suoi cassetti non ci sono vecchie poesie
né ce n’è di recenti nella sua borsetta .
E quando mia sorella mi invita a pranzo
so che non ha intenzione di leggermi poesie .
Fa minestre squisite senza secondi fini
e il suo caffé non si rovescia su manoscritti .
In molte famiglie nessuno scrive poesie
ma se accade – è raro che sia uno solo .
A volte la poesia scende a cascate per generazioni
creando gorghi pericolosi nel mutuo sentire .
Mia sorella pratica una discreta prosa orale
e tutta la sua opera scritta consiste in cartoline
il cui testo promette la stessa cosa ogni anno :
che al ritorno delle vacanze
tutto quanto
tutto
racconterà .

 

 

 IN EFFETTI, OGNI POESIA
In effetti ogni poesia
potrebbe intitolarsi 'Attimo'.
Basta una frase
al presente
al passato o perfino al futuro:
basta che qualsiasi cosa
portata dalle parole
stormisca, risplenda
voli nell'aria, guizzi nell'acqua
o anche conservi
un'apparente immutabilità
ma con una mutevole ombra
basta che si parli
di qualcuno
o di qualcuno accanto a qualcosa
di Pierino che ha il gatto
o che non ce l'ha più
o di altri Pierini
di gatti e non gatti
di altri sillabari
sfogliati dal vento
basta che a portata di sguardo
l'autore metta montagne provvisorie
e valli caduche
che in tal caso
accenni al cielo
solo in apparenza eterno e stabile
che appaia sotto la mano che scrive
almeno un'unica cosa
chiamata cosa altrui
che nero su bianco
o almeno per supposizione
per una ragione importante o futile
vengano messi punti interrogativi
e in risposta -
i due punti :

 

 

 

 

Foramine
Be’, metti, per esempio, le foramine.
Vivevano qui, perché c’erano, e viceversa.
Come potevano, visto che potevano e in che modo.
Al plurale, perché al plurale
anche se ciascuna separatamente
nel proprio, perché nel proprio
guscio di calcare.
A strati, poiché a strati
il tempo poi le riassumeva
senza entrare nei dettagli
perché nei dettagli c’è pietà.
Ed ecco davanti a me
due viste in una :
necropoli penosa
degli eterni riposi
ossia
incantevoli rocce bianche, emerse dal mare
dal mare azzurro
rocce, che sono qui, poiché ci sono.

due punti/qui

 

 

qui
Non so altrove,
ma qui sulla Terra c’è abbondanza di tutto.
Qui si producono sedie e afflizioni
forbicine, violini, tenerezza, transistor
dighe, scherzi, tazzine.
Forse altrove di tutto ce n’è di più,
solo per certe ragioni là mancano dipinti,
cinescopi, ravioli, fazzolettini per il pianto.
Qui ci sono luoghi con dintorni in quantità.
Ad alcuni puoi essere molto attaccato
chiamarli a tuo modo
e preservarli dal male.
Forse ci sono luoghi simili altrove,
ma nessuno li considera belli.
Forse come in nessun posto, o in pochi
qui trovi un torso a sé stante
e insieme a lui gli accessori che servono
per aggiungere bambini propri agli altri.
E poi le mani, le gambe e una testa stupita.
L’ignoranza qui ha molto lavoro,
conta, confronta, misura di continuo qualcosa
ne trae conclusioni, ne estrae le radici.
So bene cosa pensi.
Qui non c’è nulla che dura
perche da sempre e per sempre in balia degli elementi.
Bada però – gli elementi si stancano in fretta
e ogni tanto devono riposare a lungo
fino alla volta successiva.
E so cos’altro pensi.
Guerre, guerre, guerre.
Però anche fra loro capitano intervalli.
Attenti! – Gli uomini sono cattivi.
Riposo! – Gli uomini sono buoni.
Sull’attenti si producono luoghi deserti.
A riposo col sudore della fronte
si costruiscono case e ci si vive alla svelta.
La vita sulla Terra costa abbastanza poco.
Per i sogni ad esempio qui non paghi un soldo.
Per le illusioni – solo se perdute.
Per il possesso del corpo – solo con il corpo.
E come se ciò non bastasse
si va senza biglietto sulla giostra dei pianeti
girando a sbafo, nella tormenta di galassie
in tempi così vertiginosi
che niente qui sulla Terra potrebbe fare un passo.
Su, su, osserva bene:
il tavolo sta dove stava,
sul tavolo il foglio, come è stato messo,
dalla finestra socchiusa solo una folata d’aria
e neanche una crepa paurosa sui muri
per la quale ti si soffi via – da nessuna parte.

qui. due punti

 

 


 



Non uso la disperazione  -  non è cosa mia  me l'hanno solo affidata in custodia
kórnik 2 luglio 1923 - eternità


C’era in Wislawa Szymborska, e la conoscenza della persona lo confermava, qualcosa della Cordelia shakespeareana. La sua poesia, non a caso forse così traducibile, non ha nulla di compiacente, né di arrogante, ma prova a dire la verità a costo di essere sgradevole, con se stessa prima di tutto.      La sua franchezza non ha bisogno di ornamento, il suo linguaggio è leggero per trasparenza. Prima di parlare a noi da del tu a se stessa, interrogandosi ci interroga. Non ha paura delle ripetizioni né delle parole comuni.       Non ha risposte per quanto riguarda la poesia:       la poesia \ ma cos’è mai la poesia? \ Più d’una risposta incerta \ è stata già data in proposito.\ Ma io non lo so, non lo so e mi aggrappo a questo \ come alla salvezza di un corrimano.
antonella anedda - doppiozero.com - 2017


welcome szymborska  

 

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