Thorwald Dethlefsen   -    PAGINA   1   -   2

 

LA POLARITA’ DELLA REALTA’

 

Tutto è a due facce, tutto ha due poli, tutto ha la sua coppia di opposti, uguale e disuguale sono la stessa cosa.  Gli opposti sono identici in natura, solo diversi di grado; gli estremi si toccano; tutte le verità sono soltanto mezze verità; tutte le contraddizioni possono essere composte.    KYBALION

 

La legge di polarità è la base della filosofia ermetica. Molti errori umani potrebbero essere evitati se la legge di polarità fosse capita meglio. Il cammino dell’uomo lo porta a confrontarsi con la polarità: scopo di questo cammino è il superamento della polarità.

"Che cos’è? Al mattino va su quattro gambe, a mezzogiorno su due e la sera su tre", diceva l’enigma della Sfinge. Morte e annientamento attendevano le persone che non sapevano risolvere questo enigma. Edipo conosceva la risposta: è l’uomo. Da bambino si muove a quattro gambe, nel mezzogiorno della vita su due e nella vecchiaia il bastone è la sua terza gamba.

Ma questo è semplicemente il significato exoterico della domanda. Non sarebbe proporzionato imporre la pena di morte a chi non sa rispondere a una domanda scherzosa. Qui piuttosto viene chiesto il significato delle tappe principali del cammino umano, il cui mancato superamento è letteralmente mortale. Il numero quattro è, fin dai tempi antichi, il simbolo della materia, che rappresenta la croce dell’uomo. Attraverso il confronto con la materia, che costituisce l’inizio dell’evoluzione (mattino), l’uomo deve imparare a capire la polarità, simboleggiata dal numero due. Tuttavia, solo il superamento della polarità e il raggiungimento del tre lo porta alla sera, cioè al perfezionamento. Soltanto chi assolve a questo compito raggiunge la vita eterna.

La legge di polarità pare all’inizio troppo semplice, troppo ovvia, perché si abbia l’impressione che valga la pena di occuparsene più da vicino. Tutto ciò che l’uomo trova nel mondo delle manifestazioni e tutto ciò che l’uomo riesce ad immaginarsi gli si presenta sempre sotto forma di due poli. È impossibile per l’uomo immaginarsi un’unità al di fuori della polarità. Espresso nel linguaggio simbolico di numeri, questo significa che il numero uno non è pensabile fintanto che non è creato il due; l’uno presuppone il due.

Sul piano geometrico è più facilmente comprensibile. Il simbolo geometrico dell’uno è il punto. Un punto non possiede dimensione né nello spazio, né sul piano, altrimenti sarebbe una sfera o un disco. Il punto non ha dimensioni. L’uomo però riesce ad immaginarsi un punto di questo genere, perché quando ci immaginiamo un punto ci figuriamo sempre una estensione, per quanto piccola possa essere. Questa unità, però, per l’uomo non è pensabile.

La sua coscienza obbedisce alla legge di polarità. Soggiace al due. Così c’è più e meno, uomo e donna, elettrico e magnetico, buono e cattivo, tono maggiore e tono minore, luce e tenebre. E si potrebbe continuare a lungo, dato che ogni concetto ha il suo polo opposto. Queste coppie di concetti noi le definiamo opposti, e siamo abituati a porci, nei casi concreti, l’alternativa "o–o". Noi cerchiamo costantemente di creare coppie di concetti. Una cosa è grande o piccola, chiara o scura, buona o cattiva. Noi siamo del parere che questi opposti si escludano l’un l’altro, ma è qui che ci sbagliamo.

 

(I due elementi figurativi vaso/volti sono presenti entrambi contemporaneamente nell'immagine, ma costringono chi osserva a una decisione nel senso di o/o: o vediamo il vaso, o vediamo i volti. Nel migliore dei casi, possiamo percepire i due aspetti di questa immagine uno dopo l'altro, ma è molto difficile percepirli entrambi contemporaneamente. Questo gioco ottico è un buon mezzo per capire la polarità. [...] Se si toglie dall'immagine un polo (sia quello bianco che quello nero: è indifferente), sparisce tutta l'immagine coi suoi due aspetti. Anche qui il nero trae vita dal bianco, il primo piano nasce dallo sfondo, proprio come l'inspirazione deriva dall'espirazione o il polo positivo della corrente elettrica trae vita da quello negativo.) [Da Malattia e Destino, di Thorwald Dethlefsen, pp. 30-31.]

La realtà consiste di unità, che però si manifestano alla coscienza umana solo in termini di polarità. Noi siamo in grado di percepire l’unità come unità, il che però non ci autorizza a dedurne che questa unità non esiste. La percezione della polarità presuppone per forza l’esistenza di una unità. Il due non può essere che la conseguenza dell’uno. Noi vediamo l’unità sempre e soltanto sotto forma di due aspetti, che ci sembrano opposti. Ma sono proprio gli opposti che insieme formano una unità e nella loro esistenza sono dipendenti uno dall’altro.

 

LA VITA È RITMO

 

L’esperienza umana fondamentale delle polarità è il respiro. In esso possiamo studiare le leggi della polarità, che è poi possibile trasferire a tutto l’universo. Perché come sotto, così sopra. Quando noi inspiriamo, ne deriva con assoluta certezza, come polo opposto, l’espirazione. A questa espirazione segue con altrettanta certezza di nuovo l’inspirazione. Lo scambio continuo di questi due poli produce il ritmo.

Il ritmo è il modello di base di tutta la vita. Se si distrugge il ritmo, si distrugge la vita. Il ritmo consiste sempre di due poli, e quindi non è un "o–o", ma un "e–e". chi rifiuta di espirare, non può poi più inspirare, e viceversa. Perché un polo vive dell’esistenza dell’altro polo. Se accantono un polo, sparisce anche l’altro. Un polo produce l’altro. Ciò che nella respirazione appare ovvio non viene però riconosciuto in quasi tutti gli altri campi.

Fintanto che l’uomo si pone "a favore di qualcosa" o "contro qualcosa", distrugge l’unità. L’uomo è per la salute e contro la malattia. Non vuol capire che salute e malattia, in quanto polarità, si condizionano reciprocamente e vivono una dell’altra. La salute esiste solo in quanto esiste la malattia. La salute può derivare soltanto dalla malattia. Per questo qualunque medicina preventiva è un’illusione.

Chi ha compreso la legge di polarità sa che ogni meta è raggiungibile soltanto attraverso il polo opposto e non per via diretta, come la maggior parte della gente tenta inutilmente di fare. Chi vuol gettare una pietra il più lontano possibile non si protende certo in avanti, ma all’indietro, nella direzione opposta a quella del lancio. Il giardiniere non concima le sue rose con olezzanti profumi affinché l’anno dopo abbiano un buon profumo, ma la concima con lo sterco, e tuttavia da questo sterco nascono fiori profumati. Il Libro Tibetano dei Morti insegna: "Chi non ha imparato a morire non può imparare a vivere". E il Cristo ci insegna che la vita la si raggiunge solo attraverso la morte. Tutti i sistemi di saggezza insegnano che solo subordinandosi alla Legge si diviene liberi. L’uomo però non vuol capire questa Legge. In tutti i campi si ricerca la via diretta e gli insuccessi ben difficilmente insegnano qualcosa.

Ogni atteggiamento pro o contro qualcosa è una fissazione. La vita è ritmo e quindi movimento. "Tutto scorre", diceva Eraclito. La fissazione però impedisce il movimento ed è quindi ostile alla vita. Ogni opinione o idea fissa, in qualunque campo sia, impedisce l’evoluzione. Se ci analizzassimo onestamente, potremmo constatare che noi siamo fatti quasi esclusivamente di queste fissazioni. Niente sembra più difficile all’uomo che cambiare opinione.

C’è una antica tecnica nell’insegnamento esoterico che consiste nel ribaltamento successivo di tutte le opinioni e di tutte le idee. Questa tecnica consiste nel sostenere l’opposto di quello che si pensa, finché entrambi i poli hanno acquistato uguale forza. A questo punto ci si libera automaticamente della polarità e da un terzo punto di vista, superiore ai due precedenti, si comincia a capire che dalla polarità nasce la globalità.

Ogni affermazione umana può esprimere sempre soltanto un aspetto della verità. Per descrivere tutta la verità, occorre sempre il polo opposto. In questo modo, qualunque cosa si dica sulla realtà è un paradosso. La lingua umana non può fornire espressioni univoche sulla verità. Se a una formulazione manca il paradosso, è in ogni caso incompleta e comprende soltanto un aspetto parziale. Questo fatto è stato fatale al tentativo scientifico di ottenere asserzioni univoche e non contraddittorie. E male ha fatto chi ha sorriso delle formulazioni contraddittorie delle antiche discipline di sapienza, come per esempio il Tao Te Ching o gli alchemisti.

La svolta nella scienza è stata costituita dalla studio della luce. C’erano due opinioni opposte sulla natura dei raggi di luce. Una era la teoria delle onde; l’altra quella dei corpuscoli: e pareva che queste due teorie si escludessero l’una con l’altra. Se la luce consiste di onde, non può consistere di particelle. Ma se consiste di particelle, non è un’onda. O–o. intanto, però, siamo venuti a sapere che questo "o–o" è un’impostazione sbagliata. La luce è sia onda che corpuscolo. Questa coesistenza di due nature che a noi sembrano opposte non è concepibile per l’uomo, però è vera. La natura ondulatoria e corpuscolare della luce è stata dimostrata. A questa doppia natura della luce bisognerebbe sempre pensare quando si affrontano problemi filosofici.

In ogni tempo si è discusso appassionatamente sul problema se l’uomo sia libero o determinato. E non ci si accorge che il problema è male impostato. Solo superando la posizione "o–o" e riconoscendo che l’uomo è sia pienamente determinato che pienamente libero, ci si potrà avvicinare alla verità. Dalla legge di polarità deriva il fatto che tutto ciò che esiste ha il diritto di esistere.

Nell’ambito di un cosmo che funziona in base a delle leggi, non può esserci nulla che "in realtà non dovrebbe esserci". Solo gli uomini hanno preso l’abitudine di suddividere il mondo in cose che possono esistere e in cose che non dovrebbero esserci. Con un atteggiamento del genere si va però contro la verità. Ogni manifestazione ha il suo significato, altrimenti non potrebbe esistere. Chi non vuole accettare questo, deve introdurre di nuovo il concetto di Caso.

Se una persona è contro qualcosa, significa in genere che è "per" il suo contrario. Così, per esempio, si è per la pace e contro la guerra, per la saluta e contro la malattia, per la felicità e contro il dolore, per il bene e contro il male. E ci si dimentica che tutti questi concetti sono coppie che costituiscono una indissolubile unità, che l’uomo non può dissolvere. Se mi rifiuto di espirare, non poso più inspirare. Se tolgo il polo negativo della corrente elettrica, sparisce anche quello positivo. Allo stesso modo, la pace condiziona la guerra, il bene è tale in quanto esiste il male e il male è il fertilizzante del bene. Così Mefistofele nel Faust di Goethe dice: "Io sono una parte di quella forza che vuole costantemente il male e produce costantemente il bene".

Queste considerazioni non legittimano affatto un comportamento arbitrario dell’uomo, ma devono metterlo in guardia quando considera le manifestazioni del reale. Se avviene un assassinio, anch’esso è parte del reale e ha il suo significato e la sua motivazione, altrimenti non sarebbe avvenuto. Non ha senso rifiutarsi di accettare l’assassinio che è avvenuto, a meno che non vogliamo porci contro tutto l’ordine universale. Questo non significa che dobbiamo definire questo assassinio buono e giusto, o che addirittura ci sentiamo autorizzati a compierne uno anche noi.

Accettare la verità significa semplicemente riconoscere il diritto di esistenza di tutte le cose. Se ci poniamo contro la verità, non modifichiamo nulla nei fatti oggettivi, però ci sentiamo oggettivamente peggiori. Perché ogni resistenza alla verità produce una apparente controresistenza che noi avvertiamo. La maggior parte del dolore umano dipende dalla resistenza che noi stessi opponiamo contro le manifestazioni del reale.

Tutte le cose sono in sé completamente prive di valore e neutrali. È l’atteggiamento dell’uomo che le rende opposte alla gioia o al dolore. Così la solitudine non è né buona né cattiva, né gradevole né sgradevole. Uno vive la solitudine come sofferenza, l’altro come gradevole premessa per la riflessione e la meditazione. Per uno il possesso è la metà ultima delle sue fatiche, per l’altro un peso e un disturbo. Non sono mai le circostanze in se stesse che toccano il nostro animo, ma semplicemente il nostro atteggiamento nei confronti delle circostanze.

 

LA CONCILIAZIONE

 

Se l’uomo impara la prima regola importante, che cioè tutto ciò che esiste è buono in quanto esiste, troverà sempre più pace e tranquillità. E solo in questa pace imparerà a considerare le cose, e queste gli riveleranno il loro significato. Ci si libera così gradualmente dalle idee fisse, dall’idea di dover combattere per o contro qualcosa, senza per altro diventare inattivi. Infatti, chi crede di poter cambiare il mondo con la sua attività, in genere non si accorge che in realtà è diventato schiavo delle circostanze e che queste modificano lui.

La vera attività deriva dalla tranquillità. È un segno di maturità lasciare che qualcosa accada senza voler intervenire subito. A questo punto i più cominciano a ribellarsi; si teme, seguendo questa regola, di passare per minchioni, di diventare il trastullo degli altri, di andare a fondo senza speranza. Non si vorrebbe rinunciare alle battaglie che in fondo amiamo, si vorrebbe continuare a mostrare agli altri "chi siamo", si vorrebbe esercitare una forza. Anche Pietro non poté fare a meno, nell’orto di Getsemani, di estrarre la spada, e in questo modo riuscì soltanto a dimostrare di non aver ancora capito fino in fondo gli insegnamenti del suo Maestro. Chi non è in grado di vivere in armonia con le cose reali, non potrà mai avviarsi sul sentiero esoterico.

La maggior parte delle gente si porta dietro un gran peso dal passato, consistente di eventi e personaggi degli anni trascorsi con cui si è stati, o si è, in ostilità. Per eliminare questo carico può essere utile il seguente esercizio: ci si distenda in silenzio e rilassati, si chiudano gli occhi e si facciano emergere davanti all’occhio interiore situazioni passate che si ritiene che sarebbe stato meglio non aver vissuto. Queste situazioni "negative" del destino le si consideri insieme alle persone da cui si pensa di aver avuto un torto e che si preferirebbe non aver mai incontrato. Mentre si riflette su queste situazioni e sulle persone in esse coinvolte, si consideri che tutto questo non è stato che un gradino nella via che il destino ha segnato per noi e che senza di esso oggi non si sarebbe quello che si è. Si cerchi di capire il significato di quanto è accaduto e si vedrà che lentamente si proverò gratitudine per il fatto che tutto è stato come è stato.

Solo quando si sarà riusciti a sorridere sinceramente dell’evento in se stesso e delle persone in esso coinvolte e anche a ringraziarle per l’aiuto che sono state disposte a dare alla realizzazione del nostro destino, solo allora si passi a un altro episodio, procedendo allo stesso modo. Si lasci che i singoli episodi emergano da sé, non c’è bisogno di stare a cercarli con l’intelletto. Si accettino tutti gli eventi, anche quelli meno gradevoli, senza reprimere nulla, neppure le cose con le quali si crede di essersi da tempo riconciliati.

Bisogna ripetere sempre questo esercizio, che a certuni all’inizio potrà sembrare difficile, e si vedrà che tutto diventerà più facile, che la pressione interiore sparirà. Finché ci si sente contro una parete, si avrà la sensazione che la parete eserciti una pressione su di noi. Se la propria pressione aumenta, aumenta anche quella della parte. La soluzione consiste nel togliere le mani dalla parete. La pressione allora parità da sola. Il paragone potrà sembrare banale, tuttavia quasi tutti si trovano come davanti a una parete, premono con tutte le loro forze e si lamentano della pressione della parete. Rinunciare alle proprie resistenze è facile in teoria, ma per l’uomo risulta incredibilmente difficile. Perché tutti sono profondamente convinti di dover premere contro questa parete appunto perché "la parete preme contro di loro" e che, se smettono di opporre resistenza, la parete finirebbe per piombare loro addosso. È qui però che sbagliano. Si provi personalmente a realizzare l’esempio della parete e si capirà il problema fino in fondo. Per rendersi conto dello sbaglio, bisogna avere il coraggio di smettere di fare pressione. Chi riconosce il diritto della parete di esistere, non ha bisogno di esercitare una pressione contro di lei ed essa non lo disturberà in alcun modo.

 

LA PROIEZIONE DELLA COLPA

 

Questo problema è di incalcolabile portata. L’umanità si è abituata a cercare nel mondo esteriore le scusanti per tutto ciò che non dovrebbe esserci. Dai membri della famiglia al governo, dalle circostanze del momento alla società: la scala dei colpevoli è infinita e a loro viene attribuita la responsabilità del proprio destino. Questa proiezione della colpa è stata addirittura elevata al rango di scienza: l’errore collettivo è sanzionato dai nomi psicologia e sociologia.

Tutti parlano di come i fattori esterni influiscono sull’uomo e lo plasmano. Psicoanalisi e psicoterapia cercano le cause di una turba nevrotica nell’infanzia, nel modo in cui si è educati, nelle situazioni traumatiche che si creano talora tra genitori e figli. Non passerà molto che in psicologia sarà adottato ufficialmente il metodo della regressione allora si crederà di individuare le cause nelle esperienze prenatali.

Per quanto diversi possano essere i metodi curativi e le teorie, tutti hanno un elemento in comune: si cercano le cause di una situazione o di una turba nel mondo esterno. Se ci si fa raccontare da una persona il suo destino, di certo per ogni situazione essa indicherà quali persone o quali circostanze ne sono responsabili.

Sarà molto difficile, in un’epoca come la nostra in cui l’ondata sociologica è più forte, liberarci dalla favola dell’influsso del mondo esterno. Infatti, ogni teoria che consente la proiezione della colpa trova certamente il consenso della maggioranza. Quello che l’esoterismo ha da offrire su questo piano è molto funzionale e pratico, però mostra al singolo come egli possa veramente modificare il proprio destino; gli mostra come uscire dalla malattia e mantiene quindi quello che tutti gli altri possono soltanto promettere.

Non esistono influssi esterni tali da formare l’uomo, non è l’educazione che conia la personalità in formazione, non esistono colpevoli per il destino del singolo. Non ci sono batteri i virus che producono le malattie. Tutti coloro che credono di disporre di prove esatte di quanto sopra affermato sbagliano in un punto: tutto ciò che riteniamo essere prove si basa su osservazioni di rapporti, si tratta soltanto di correlazioni.

Queste correlazioni dicono che quando si manifesta una determinata malattia infettiva si trova sempre un determinato virus; che nel caso dei giovani criminali le condizioni familiari mostrano sempre determinate caratteristiche; che quando riscontriamo una certa turba nevrotica ci sono sempre dei problemi materni. Queste correlazioni sono esatte nel senso che, in realtà, quando se ne verifica una si trova poi anche l’altra.

A questo punto, la scienza fa un altro passo, che è completamente ascientifico: l’interpretazione come causalità. Dall’osservazione "tutte le volte che, allora anche" si fa sottobanco un principio di causalità. Ed è proprio questa trasformazione dei risultati che è sbagliata. Che ogni volta che si verifica una certa malattia siano presenti certi virus è vero, ma la convinzione che questi virus siano la causa della malattia farà ridere di cuore le generazioni future, come noi oggi ridiamo della teoria secondo cui la terra sarebbe piatta. Non è quindi tanto facile confutare la nostra affermazione che non esistono influenzamenti da parte del mondo esterno.

 

LA LEGGE DI RISONANZA

 

Noi tutti conosciamo dalla fisica il concetto di risonanza. Un diapason vibra ad un suono solo se questo suono corrisponde alla sua propria frequenza. Se questo non avviene, il suono per il diapason non esiste in quanto non può percepirlo. Una radio ricevente predisposta per le onde medie riceverà soltanto onde medie, proprio sulla base della sua risonanza. Onde corte e onde lunghe non vengono percepite, non fanno parte del suo mondo. Allo stesso modo l’uomo per ogni percezione ha bisogno in se stesso di una corrispondenza in grado di "vibrare all’unisono" e di trasmettergli quindi la percezione attraverso la risonanza. Goethe esprime questo concetto in questi termini: "Se l’occhio non fosse solare, non potrebbe mai fissare il sole; e se la forza di Dio non fosse già presente in noi, come potremmo estasiarci per il Divino?".

Questa formulazione di Goethe supera già il piano puramente fisico e trasporta la legge di risonanza proprio nel campo che ci interessa.

Ogni persona può percepire solo quegli aspetti della realtà per i quali possiede capacità di risonanza. Questo non vale soltanto per il campo della percezione puramente sensoriale, ma per tutta la percezione della realtà. Dato che tutto ciò che si trova fuori dalla propria capacità di risonanza non può essere percepito, per la persona in questione non esiste affatto. Per questo ognuno crede di conoscere tutta la realtà e che al di fuori di quella non si sia niente. Se uno legge un libro crede di capirlo fino in fondo, sebbene di quanto legge possa recepire solo quello che si trova in armonia col suo stato di coscienza del momento. Che le cose stiano così, lo si capisce quando si rileggono certi libri dopo anni. La coscienza in questi anni si è ampliata, e quindi si capisce il libro "ancora meglio".

Queste cose sono evidenti a ognuno e hanno lo scopo di rendere più chiaro il principio che vogliamo appunto applicare al destino in generale. Si può venire in contatto soltanto con le idee, le persone e le situazioni per le quali abbiamo una nostra risonanza, o, come ci esprimeremo in seguito, una affinità. Senza una adeguata affinità non si potrà mai arrivare a una manifestazione. Se uno si ritrova in una rissa o in una baruffa, questo non avviene mai a caso, ma sempre sulla base della propria affinità con simili esperienze. La colpa per le eventuali conseguenze di questa rissa è quindi anche di chi afferma di essercisi trovato coinvolto senza alcuna responsabilità sua. Senza affinità non ci si sarebbe mai trovato coinvolto. Se qualcuno viene investito per strada, la semplice colpa funzionale dell’automobilista non cambia nulla al dato di fatto che l’investito era maturo per quella esperienza, altrimenti l’evento in questione non avrebbe mai potuto entrare nel suo campo di esperienze.

 

IL MONDO ESTERNO COME SPECCHIO

 

So bene che questo modo di considerare risulta inizialmente molto insolito, tuttavia l’abitudine a certe affermazioni non deve necessariamente essere considerata il criterio della loro esattezza. Il cosiddetto mondo esterno è in realtà uno specchio in cui ognuno vive se stesso. Non potrà mai vedere qualcosa di diverso da se stesso, in quanto dalla realtà generale vera, oggettiva, uguale per tutti, filtra solo quello per cui ha personalmente un’affinità. Chi non è consapevole di questo fatto, finisce per commettere errori di comportamento.

Quando la mattina mi guardo allo specchio e in questo specchio vedo un viso che mi guarda in modo poco amichevole, posso strapazzare per bene questo viso per la sua poca cordialità. Il viso nello specchio non si lascia per questo impressionare, anzi invia altrettanti insulti. In questo modo è facile arrabbiarsi sempre di più, finché non si comincia a colpire il viso incriminato e lo specchio va in frantumi. Nessuno però si comporterà in questo modo con lo specchio del bagno, perché siamo ben consapevoli della sua funzione di specchio. Tuttavia, quasi tutti gli uomini si comportano nella vita quotidiana nel modo sopra descritto. Lottano contro i loro nemici nel mondo esterno, contro i vicini o i parenti indisponenti, contro le ingiustizie dei superiori, contro la società e altro ancora.

Tutti in realtà combattono soltanto contro se stessi. Per questo ovunque ci sono sempre e soltanto dei perdenti, mai dei vincitori, perché contro chi si potrà mai vincere in una battaglia allo specchio. La legge di risonanza e dello specchio vale naturalmente sia in senso positivo che negativo.

Se nelle nostre considerazioni citiamo quasi esclusivamente esempi negativi è perché è qui che si produce il dolore umano. Gli aspetti positivi della vita vengono facilmente accettati da tutti. se l’uomo si rende conto della funzione di specchio del mondo che lo circonda, si procura una insospettata fonte di informazione. Anche se nello specchio si può vedere sempre e soltanto se stessi, noi usiamo lo specchio perché può mostrarci parti di noi stessi che senza il suo aiuto non potremmo mai scorgere.

Allo stesso modo, l’osservazione del proprio mondo esterno e degli eventi coi quali si viene confrontati è uno dei metodi migliori per conoscere se stessi, perché tutto quello che nel mondo esterno disturba indica semplicemente che non si è conciliati in se stessi col principio analogo.   Questo l’uomo se lo sente dire poco volentieri. Tuttavia, il fatto che uno si irrita per l’avarizia dell’altro indica con certezza che è avaro anche lui. Altrimenti la cosa non potrebbe disturbarlo. Se è generoso, che gl’importa dell’avarizia degli altri? Potrebbe prenderne semplicemente atto, senza irritarcisi e senza sentirsi disturbato.

Alla semplice osservazione, le cose sono così come sono. L’erba è verde: naturalmente potrebbe anche essere rossa, però è verde e questo fatto avrà un suo significato. Il verde dell’erba non disturba nessuno, perché non suscita nell’uomo alcuna problematica. Il fatto che al mondo esista la guerra è una realtà come il verde del prato. La guerra però eccita gli animi; e così si comincia a lottare per la pace. Si "lotta" per tutto: per la pace, la giustizia, la salute, l’umanità.

Sarebbe molto più semplice e concreto voler stabilire la pace per se stessa. Questa è una delle chiavi più potenti in mano a chi sa usarla. Ognuno è in grado di modificare e configurare il mondo in base alle proprie idee, senza combattere e senza esercitare la forza. L’uomo deve solo modificare se stesso, ed ecco che tutto il mondo si modifica con lui. Se vedo allo specchio quel viso scortese, non ho che da sorriderne, e lui con certezza risponderà al sorriso! Tutti vogliono sempre modificare il mondo, ma nessuno applica i mezzi capaci di farlo con successo. Chi modifica la propria affinità, riceve un programma nuovo, vede un mondo diverso.

Ogni persona vive ne suo "mondo". Di questi mondi ce ne sono tanti quanti sono gli uomini. Tutti questi mondi sono solo parziali aspetti del mondo reale, che segue leggi ferree e non si fa influenzare dalle pretese umane di cambiamento. Il mondo esterno è la più fidata fonte di informazione sulla propria personale situazione, quella nella quale ci si trova. Se l’uomo impara a chiedersi il senso di tutto ciò che gli capita, non solo imparerà a conoscere meglio se stesso e i propri problemi, ma scoprirà anche le possibilità di cambiamento.

Ogni volta che gli capita qualcosa dovrebbe chiedersi subito: "Perché questo succede proprio a me, proprio adesso?". Finché non ci si abitua a queste domande, sarà difficile darsi una risposta. Anche qui, però, è l’esercizio che fa il maestro, e presto si impara a individuare il senso degli eventi e a porli in rapporto con se stessi.

La psicopatologia conosce il fenomeno per cui specie gli schizofrenici tendono erroneamente a riferire a se stessi tutto ciò che accade nel mondo. Questo polo negativo ha un suo polo positivo: tutto ciò che avviene ha un valore per chi lo vive.

Più consapevole diviene l’uomo, più impara a dare un ordine alle cose, a chiedersi quali informazioni esse possono fornire. Di importanza fondamentale è restare in armonia con tutto ciò che è. Se questo non riesce, se ne cerchi il motivo in se stessi. L’uomo è il microcosmo e di conseguenza un’immagine esatta del macrocosmo. Tutto ciò che percepisco all’esterno lo ritrovo anche in me.

Se dentro di me sono in armonia coi diversi aspetti della realtà, anche i loro rappresentanti nel mondo esterno non possono turbarmi. Se avviene qualcosa che per me è sgradevole, devo considerarlo una sollecitazione e considerare dentro di me anche questo aspetto.

Tutte le persone cattive e gli eventi sgradevoli sono in realtà solo messaggeri, mezzi per rendere visibile l’invisibile. Chi capisce questo ed è disponibile ad assumersi personalmente la responsabilità del proprio destino, perde ogni paura del Caso che lo minaccia.

L’occupazione principale del nostro tempo è la prevenzione e l’assicurazione contro le eventualità del destino. I sistemi assicurativi hanno lo scopo di impedire o modificare gli attacchi del destino attraverso misure esterne. Dietro a tutte queste precauzioni si cela la paura. Solo quando l’uomo è disponibile a porsi responsabilmente di fronte al proprio destino perderà la paura. Non si può essere uccisi per errore, diventare ricchi per errore. Entrambe le cose possono verificarsi solo quando si è maturi per esse e si possiede la corrispondente affinità. Gli uomini tendono alla ricchezza e trascurano di maturare in vista di questa ricchezza. Chi ha interessi esoterici cerca in tutto il mondo il guru giusto e i sistemi migliori, e dimentica che è il guru stesso ad andare da chi è maturo.

Basta avere veramente bisogno di una cosa, e la si avrà. Molti l’avranno già sperimentato spesso nelle piccole cose. A un certo punto nella vita si viene improvvisamente confrontati con un tema la cui esistenza fino a quel momento non si era tenuta in alcuna considerazione. Per esempio, si fa la conoscenza di uno specialista della "vita amorosa delle formiche". Ci si stupisce che esistano persone che si interessano a un tema così particolare, poi da altre persone ci viene regalato "per caso" un libro proprio su questo tema. In una rivista ci capita di leggere un articolo sullo stesso argomento e si scopre anche che un buon conoscente, che si frequenta da anni, si occupa anche per lui di questo tema, ma non ne aveva mai parlato prima.

Dietro a questa "catena di casi", che i più avranno in qualche modo già sperimentato, non si nasconde altro che la legge di affinità, o di risonanza. In questo modo si ottiene con sicurezza quel libro, quella informazione, quel contatto di cui si ha bisogno, se veramente se ne ha bisogno e si è maturi per quell’incontro. Senza questa necessaria maturità, tutte le nostre ricerche nel mondo esterno non serviranno a niente.

Chi modifica se stesso modifica il mondo. In questo mondo non c’è niente da migliorare; molto, invece, c’è da migliorare se stessi. La via esoterica è una via di continua trasformazione, di nobilitazione del piombo a oro. Il saggio è in armonia con tutti i piani dell’essere e vive quindi nel migliore di tutti i mondi possibili. Egli vede la realtà e riconosce che tutto ciò che è, è buono. Non cerca più la felicità, perché l’ha trovata – in se stesso.

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