' Io sono molti poeti...
' diceva di sé Marina Cvetaeva e ancora:
«...
da me si potrebbero ritagliare almeno sette poeti,
per non parlare dei prosatori...».
Sette
poeti? - certamente di più.
La giovinezza poetica di Marina è
smagliante polifonia di voci. In un itinerario orgogliosamente
autonomo («non sono mai stata sotto l'influsso di nessuno, ho
cominciato non dal leggere i poeti, ma dallo scrivere poesie...»),
sorda ai richiami delle mode e delle scuole, aveva saggiate,
una dopo l'altra, una accanto all'altra,
tutte le possibilità di un precocissimo dono.
per loro disseminati
nella polvere dei negozi
-
ove nessuno li ha mai
presi e mai li prenderà -
per i miei versi
come per i vini pregiati
verrà il momento
Ora ci credono tutti ma per anni, per
una vita, ci ha creduto soltanto lei fino a sopportare
disagi di ogni genere: è un esempio di quanto si può
subire per non rinunciare alle proprie idee, è un atto di
eroismo spinto fino al sacrificio della vita per salvare
ciò che avviene nell’interiorità dell’anima.
Una ribelle, uno spirito libero ha accettato gli infiniti
vincoli che la sorte le aveva riservato, un’artista che
avrebbe voluto vivere di sé si è impegnata per gli altri
e se improvvisamente ha smesso di farlo significa che
continuare a credere nelle proprie cose in una situazione
simile era stato un dramma e che era durato fin troppo.
edscuola.com
À la différence du syllabisme pur
propre à la versification française, les vers de Pushkin
dans les versions de Cvetaeva (PVC) revêtent un caractère
nettement syllabo-tonique, comportant toutes les
variantes rythmiques rencontrées dans les originaux. (La
correspondance de Cvetaeva à ce sujet démontre que c'est
là un processus délibéré de sa part.) En revanche, il n'y
a aucune corrélation apparente dans la répartition de ces
variantes par rapport à celle observée dans les originaux
russes. Le caractère syllabo-tonique des PVC est plus
marqué que celui rencontré dans d'autres versions
analogues. Cela dit, même ces autres versions tendent
vers un rythme syllabo-tonique de base, surtout si l'on
les compare avec un poème original fiançais de type
analogue (ici, « Le chat » de Baudelaire). L'auteur se
limite à une analyse objective des éléments métriques et
rythmiques en jeu, estimant que tout jugement de valeur
relève de la compétence du seul lecteur francophone.
monderusse.revues.org
I POETI
Ci sono al mondo i superflui, gli aggiunti,
non registrati nell’ambito della visuale.
- Che non figurano nei vostri manuali,
per cui una fossa da scarico è la casa .
Ci sono al mondo i vuoti, i presi a spintoni,
quelli che restano muti: letame,
chiodo per il vostro orlo di seta!
Ne ha ribrezzo il fango sotto le ruote!
Ci sono al mondo gli apparenti – invisibili,
- il segno: màcula da lebbrosario !
ci sono al mondo i Giobbe, che Giobbe
invidierebbe se non fosse che:
noi siamo i poeti – e rimiamo con i paria,
ma, straripando dalle rive,
noi contestiamo Dio alle Dee
e la vergine agli Dei !
|
Da dove tutta questa
tenerezza ?
Non è la prima volta che accarezzo
Questi riccioli, e ho conosciuto labbra
Più tenebrose delle tue.
Le stelle sono sorte e tramontate
Da dove tutta questa tenerezza ?
Due occhi sono sorti e tramontati
Così vicini ai miei.
Io ancora non avevo udito mai
Inni del genere, nella notte buia
Mentre ero incoronata
o tenerezza !
Proprio sul petto del cantore.
Da dove tutta questa tenerezza
E cosa devo farne malizioso
Adolescente forestiero
aedo
Dalle ciglia - c’è cosa di
più lungo?
a
Osip Mandel'stam - 18
febbraio 1916
|
È solo quando si è a
corto - di tenerezza o di qualsiasi altra
forza -
che se ne riconosce l' inesauribilità . Più
diamo, più ci resta. Dilapidando arricchiamo. Sanguiniamo - ed
eccoci fonte viva .
le notti fiorentine 1922
|
what
shall I do
singer and first-born
in a world where the deepest black is
grey
and inspiration is kept in a thermos ?
with all this immensity in a measured world ?
the poet - trans. elaine
feinstein -
great.russian-women.net
la piccola cvetaeva
|
Mosca 1916
marito Sergej e Alja
|
Praga
1923
|
A Mosca
1940 |
Io sono io
io e la mia mano maschile
con le dita quadrate
io e il mio naso con la gobba
Io
e più esattamente io non sono
né i capelli né la mano né il naso
io sono io
ciò che è invisibile.
...
da lettere 1909 - 1925
Alla mia povera fragilità
guardi senza sprecar parole.
Tu sei di pietra, ma io canto.
Tu sei un monumento, ma io volo.
Io so che il più tenero maggio
all'occhio dell'Eternità è nulla.
Ma io sono un uccello
e non incolparmi
se una facile legge m'è imposta.
16.5.1920
Alla povera
mia fragilità tu guardi senza dire una parola. Tu sei di
marmo, ma io canto tu – statua, ma io – volo. So bene che
una dolce primavera agli occhi dell’Eterno – è un niente.
Ma sono un uccello, non te la prendere se è leggera la legge
che mi governa.
scusate l’amore - poesie 1915-1925
|
Con me non bisogna parlare
ecco le labbra -
date da bere
Ecco i miei capelli - carezzali
Ecco le mani - si possono baciare
Meglio però - fatemi dormire
18 agosto 1918
In modo inimitabile la vita sa mentire
al di là di attese e smentite …
Ma dal tremito di tutte le vene
lo puoi capire - è viva !
Come stesi sull’erba - azzurro, afa
…
- Irretiti? che importa? – cielo, suono …
Ronzio di cento pungiglioni …
Rallégrati ! Sei stato tu a chiamare !
Non biasimarmi, amore, se in noi corpi
l’anima è stregabile a tal punto
che la fronte, ecco, inclina al sogno.
Sei stato tu a cantare !
Nel bianco libro dei tuoi silenzi
nell’argilla selvaggia dei tuoi 'sì'
quieta reclino l’aggetto della fronte
giacché il palmo della mano è vita .
dopo la russia - paris 1928
Io sono una pagina per la tua penna.
Tutto ricevo. Sono una pagina bianca.
Io sono la custode del tuo bene
lo crescerò e lo ridarò centuplicato.
Io sono la campagna, la terra nera.
Tu per me sei il raggio e l’umida spiaggia.
Tu sei il mio Dio e Signore, e io
Sono terra nera e carta bianca.
|
A lungo, a lungo - fin dall’infanzia, fin da
quando ho ricordo di me stessa - mi è sembrato di voler essere amata.
Adesso io so che non mi serve l’amore, mi serve la comprensione.
E quello che Voi chiamate
amore - gelosia, sacrificio - tenetelo in serbo per gli
altri ... Io posso amare solo la persona che
in una giornata di primavera a me preferirà una betulla .
Non dimenticherò mai come mi abbia fatto
infuriare, questa primavera, un poeta, una creatura incantevole,
che, camminando insieme con me per il Cremlino, senza guardare
la Moscova e le cattedrali, mi parlava incessantemente di me.
Io gli ho detto : 'Come potete non capire che il cielo è mille
volte più grande di me, come potete pensare che in una simile
giornata io possa pensare al vostro amore.'
Io voglio invece
leggerezza, libertà, comprensione - non trattenere
nessuno, e che nessuno mi trattenga. Tutta la mia vita è
una storia d’amore con la mia anima, con la città in cui vivo,
con l’albero al bordo della strada - con l’aria.
E sono infinitamente felice.
mc -
il paese dell’anima - lettere
1909-1925
|
Irina !
Se esiste un cielo, tu sei in cielo
comprendimi e perdonami se sono stata una
cattiva madre
che non ha saputo superare la sua avversione per
la tua natura oscura e incomprensibile
sua seconda figlia
Marina Ivanovna Cvetaeva
-
mosca
8 ottobre 1892 - elabuga
31 agosto
1941
nacque a Mosca il 26 settembre
- 8 ottobre (?)
-
1892, figlia di Ivan Vladimirovic Cvetaev
(1847-1913, filologo e storico dell'arte, creatore e
direttore del Museo Rumjancev, oggi Museo Pushkin) e
della sua seconda moglie, Marija Mejn, pianista di
talento, polacca per parte di madre. Marina trascorse
l'infanzia, insieme alla sorella minore Anastasija (Asja)
e ai fratellastri Valerija e Andrej, figli del primo
matrimonio del padre, in un ambiente ricco di
sollecitazioni culturali. A sei anni cominciò a scrivere
poesie. Seguendo la madre, gravemente malata di
tubercolosi, ebbe modo di soggiornare a lungo all'estero
(in Italia nel 1902; in seguito Marina e Asja studiarono
dapprima a Losanna, poi a Friburgo). Dopo la morte della
madre, avvenuta nel 1906, Marina si iscrisse a un
ginnasio di Mosca, ma la sua carriera scolastica fu
travagliata, segnata da numerosi trasferimenti - ancora
adolescente la Cvetaeva rivelò un carattere
imperiosamente autonomo e ribelle; agli studi preferiva
intense e appassionate letture private: Pushkin, Goethe,
Heine, Hölderlin, Hauff, Dumas-padre, Rostand, la
Baskirceva... Nel 1910, ancora studentessa liceale,
pubblicò Vecernij al'bom (Album serale): poesie scritte
dai quindici ai diciassette anni. Il volumetto, stampato
in poche copie e a proprie spese, attirò l'attenzione di
poeti come Brjusov, Gumilëv, Voloshin. Quest'ultimo ebbe
in seguito una parte rilevante anche nella vita privata
della Cvetaeva: nella sua dacia di Koktebel', in Crimea
(di cui fu ospite assidua fino al 1917), Marina incontrò
per la prima volta, nel 1911, Sergej Jakovlevic Efron,
uno studente diciassettenne. L'anno dopo, contro il
parere del padre, Marina lo sposò; di lì a poco comparve
la sua seconda raccolta di liriche, Volsebnyj fonar'
(Lanterna magica) e nel 1913 Iz dvuch knig (Da due
libri). Intanto, il 5 settembre 1912, era nata la prima
figlia, Ariadna -
Alja. Le poesie scritte dal 1913 al
1915 avrebbero dovuto vedere la luce in un volume, Junoseskie stichi (Juvenilia), che restò inedito durante
la vita della Cvetaeva. Agli inizi del 1916, dopo un
viaggio a Pietroburgo (il marito si era intanto arruolato
come volontario su un treno sanitario) si rafforzò
l'amicizia con Osip Mandel'stam e si ruppe bruscamente
l'intenso rapporto amoroso che per circa due anni l'aveva
legata alla poetessa Sofija Parnok.
Dopo l'ottobre 1917, mentre il marito raggiunge
l'esercito dei volontari «Bianchi», la Cvetaeva resta
bloccata a Mosca dalla guerra civile; per la coppia
cominciava una lunghissima separazione, per Marina un
periodo di terribili difficoltà materiali che dovevano
acuire la sua incapacità di accettare il nuovo regime,
incapacità alimentata dalla coscienza di appartenere a un
ormai mitico passato di preziosi valori individuali,
dalla fedeltà agli ideali del marito e, infine, da un
tratto tipico del suo carattere: la volontà di essere
sempre controcorrente, sempre dalla parte dei vinti, mai
dei vincitori. Tra le atroci privazioni allora comuni al
popolo russo (nel febbraio 1920 morì di denutrizione in
un asilo per l'infanzia Irina, la sua seconda figlia,
nata nel 1917), dopo un sùbito fallito tentativo di
lavorare in un'organizzazione statale, la Cvetaeva
continuò a scrivere e a mantenere sia pur saltuari
rapporti con il mondo letterario e artistico della
capitale. Dal 1918 al 1919, nel periodo della sua
amicizia con gli attori del II studio del Teatro d'Arte
di Mosca, lavorò alle pièces del ciclo «ROMANtico» Metel'
(La tormenta), Feniks (La fenice), Prikljucenie
(Un'avventura), Fortuna, Cervonnyj valet (Il fante di
cuori), Kamennyj angel (L'angelo di pietra). I frammenti
narrativi del progettato volume Zemnye primety (trad. it.
Indizi terrestri, Milano, 1980) che videro la luce solo
su riviste, sono un prezioso «diario» della vita di
Marina negli anni immediatamente successivi alla
rivoluzione d'ottobre. Nel 1920 scrisse il poema-fiaba
Car'-devica (Lo Zar-fanciulla, pubblicato nel 1922) e
Lebedinyj stan (L'accampamento dei cigni), un ciclo
lirico sull'Armata Bianca (anche questo libro vedrà la
luce solo postumamente). I versi del 1917-'20 furono
raccolti in Versty 2 (Verste), che vide la luce a Mosca,
per i tipi di una casa editrice privata, nel 1921.
Nel luglio 1921 la Cvetaeva ebbe per la prima volta la
notizia che il marito era vivo e aveva trovato asilo in
Boemia. Nel maggio dell'anno successivo lei e la figlia
lasciarono la Russia alla volta di Berlino; nell'agosto
1922 la famiglia Efron si stabilì in Boemia. Sergej Efron
studiava all'università di Praga e Marina riceveva un
modesto appannaggio dal governo ceco. Tra continui
trasferimenti, difficoltà finanziarie, separazioni (la
malattia di Sergej Efron che lo costringeva a lunghi
soggiorni in sanatori; il profondo amore che legò Marina
a Konstantin Rodzevic, un ex compagno d'armi del marito,
conosciuto a Praga nel 1923), la famiglia Efron visse in
Boemia fino alla fine del 1925. Intanto la fama della
Cvetaeva tra i letterati russi dell'emigrazione si era
andata sempre più consolidando: nel 1922 uscirono a Mosca
la raccolta Verste (1) e la pièce Konec Kazanovy (La fine
di Casanova); a Berlino Stichi k Bloku (Poesie per Block)
e Razluka (Separazione); nel 1923 a Berlino videro la
luce le raccolte liriche Remeslo (Mestiere) e Psicheja
(Psiche); nel 1924 la Cvetaeva scrive il Poema della
montagna e il Poema della fine, pubblica Ariadna
(Arianna), la prima parte di una progettata trilogia di
tragedie in versi, e il poema Mólodec (Il prode), di cui
più tardi appronterà una libera versione francese,
tuttora inedita. Con queste e altre sue opere (più tardi:
Krysolov, 1925; trad. it. L'accalappiatopi, Roma, 1983;
la tragedia Fedra, 1928, Natal'ja Goncarova, 1929; trad.
it. Milano, 1981), la Cvetaeva diviene assidua
collaboratrice delle riviste dell'emigrazione russa, tra
Berlino, Praga, Parigi. È proprio in quest'ultima città
che nel novembre 1925 si trasferisce con Alja e Georgij,
il bambino nato nel febbraio di quell'anno, dapprima
pensando di trattenervisi solo per un breve soggiorno. Lì
la raggiungerà il marito che dal 1926 al 1929 insieme ad
altri esponenti del gruppo «eurasico» redigerà tre
almanacchi letterari dal titolo Verste. La particolare
tendenza ideologica degli eurasici (su Verste apparivano
alcune tra le più interessanti opere che si andavano
pubblicando in Unione Sovietica) sospettati di connivenza
col regime sovietico, il carattere sempre intransigente e
altero della donna, nemica di ogni conformismo e aliena
dal viscerale antisovietismo della maggioranza degli
emigrati, le crearono gradatamente intorno una pesante
atmosfera di ostilità; l'isolamento della Cvetaeva era
rallegrato da poche amicizie e soprattutto da intensi
rapporti epistolari (nel 1922 ebbe inizio quello con
Pasternak, essenziale per la sua vita di donna e poeta;
il carteggio incrociato tra la Cvetaeva, Rilke e
Pasternak è stato pubblicato in Italia col titolo Il
settimo sogno
Lettere del 1926, Roma, 1980). L'ultima
raccolta di versi della Cvetaeva, Posle Rossii (Dopo la
Russia) esce a Parigi nel 1928 (una scelta di traduzioni
da questo volume è già stata pubblicata nell'«Almanacco
dello Specchio», 1981, 10, mentre fino ad oggi l'unica
raccolta antologica dell'opera della Cvetaeva in italiano
è Poesie, Milano, 1967).
Negli anni Trenta la Cvetaeva pubblica quasi
esclusivamente prose: saggi critici e
critico-memorialistici (in italiano si veda il volumetto
Incontri, Milano, 1982), di estetica (in italiano, il
volume Il poeta e il tempo, Milano, 1984), racconti
«autobiografici» condotti sul doppio filo dell'invenzione
e della memoria (in italiano: Il diavolo e altri
racconti, Roma, 1981; il Racconto di Sonecka 1938; trad.
it. Milano, 1982) e cerca invano di trovare un nuovo
pubblico con alcune prose in francese destinate a
rimanere inedite per mezzo secolo (Neuf lettres e Lettre
à l'Amazone, testo francese e trad. it. in Le notti
fiorentine, Milano, 1983); intanto, molte riviste
dell'emigrazione cui la Cvetaeva collaborava avevano
cessato di esistere per mancanza di fondi, privando così
gli Efron di una delle poche fonti di guadagno. In quegli anni Marina e la
famiglia vissero (per lo più in case dei sobborghi
parigini: Meudon, Clamart, Vanves) in condizioni
disperate, di vera e propria indigenza.
All'inizio del 1937 Ariadna, fervente sostenitrice delle
idee del padre, nel frattempo divenuto dirigente di
un'associazione che favoriva il ritorno in patria degli
esuli russi, partì per l'Unione Sovietica. Nel settembre
dello stesso anno Sergej Efron fu coinvolto in un
clamoroso caso politico-spionistico: l'assassinio di un
ufficiale della GPU (la polizia politica segreta
sovietica) che in Francia aveva disertato e nella cui
morte Efron, da tempo passato al servizio della «patria»
aveva avuto un ruolo decisivo. Poco dopo il marito della
Cvetaeva scomparve dalla Francia. Sottoposta a un ormai
violento ostracismo da parte della
colonia
russa, sconvolta dalle prime imprese europee del nazismo,
ostinatamente fedele al ricordo del marito che qualcuno
diceva trovarsi a Mosca, sollecitata dalle insistenze del
figlio, la Cvetaeva lasciò la Francia nel giugno 1939. A
Mosca la attendevano nuove e terribili prove (Alja venne
arrestata nel novembre '39 e poi mandata al confino: poté
tornare a Mosca solo dopo il '56; Efron, arrestato quasi
contemporaneamente alla figlia, morì, probabilmente
fucilato, in una data che resta ancora ignota), nuove
privazioni, acuite dalle tragiche difficoltà del periodo
prebellico. Aiutata da pochissimi amici fedeli, la donna
sopravvisse grazie a sporadici lavori di traduzione.
Nonostante l'abbattimento, la disperazione di quel periodo di miseria e solitudine, continuò a lavorare
a una raccolta della propria produzione poetica che non
vide mai la luce
Seguendo l'ondata dell'evacuazione, il 21 agosto del 1941
la Cvetaeva e il figlio giunsero a Elabuga, capitale
della repubblica autonoma socialista tatara. I due
trovarono una precaria sistemazione presso una coppia di
contadini del luogo. Il
31
agosto, mentre il figlio e i padroni di casa si trovavano
al lavoro in un campo vicino, Marina Cvetaeva si impiccò
a una trave dell'isba. Il suo corpo fu sepolto in una
fossa comune.
mondadori.it
Fu costretta a fronteggiare numerose
spiacevoli vicende, tra cui anche la perdita di un’altra figlia.
Senza lavoro e
disperata chiese ad alcuni scrittori di aiutarla a trovare lavoro
e a trasferirsi da Elabuga. Rimasta sola
la Cvetaeva non riuscì a sopportare la sua difficile condizione e
decise di togliersi la vita impiccandosi. Lasciò
un biglietto poi scomparso negli archivi
della milizia. Nessuno andò ai suoi funerali
svoltisi tre giorni dopo nel cimitero cittadino e
non si conosce il punto preciso dove fu sepolta.
libreriamo.it - 2013
La sua
bisessualità
affrontata più volte nella sua opera venne per anni sorvolata se non
addirittura negata ... Il suo primo grande amore fu la poetessa
Sophia Parnok e la rottura tra le due venne
considerata dalla Cvetaeva come la prima grande catastrofe della sua
vita.
Seguirono due matrimoni, altri amori gay, la nascita di due figli e
l’esilio a Parigi dove la Cvetaeva venne
progressivamente isolata, guardata con
sospetto o freddezza anche dai rifugiati russi a causa delle simpatie
filo sovietiche del marito. Il rientro in Russia fu ancora più
drammatico, marito e figlia vennero arrestati ed accusati di spionaggio.
L’uomo fu subito condannato a morte, mentre la primogenita della
poetessa se la cavò con otto anni di internamento.
Ancora una volta isolata e senza mezzi di sostentamento la Cvetaeva
decise di farla allora finita impiccandosi.
Ancora oggi rimangono tuttavia alcuni sospetti sulla sua morte
ed il convincimento di molti che la poetessa venne in realtà costretta
ad uccidersi dagli agenti del servizio segreto russo ...
giorgio - queerblog.it - 2014
La domenica 31 agosto del 1941 rimasta da sola
a casa la Cvetaeva salì su una sedia rigirò una corda attorno ad una trave e si impiccò.
Lasciò un biglietto poi scomparso negli archivi della milizia.
Nessuno andò ai suoi funerali svoltisi tre
giorni dopo nel cimitero cittadino e non si conosce il
punto preciso dove fu sepolta.
http://biografieonline.it/biografia.Marina+Cvetaeva
www.vanillamagazine.it/suicidio-di-marina-cvetaeva
https://poetarumsilva.com/2020/cvetaeva-de-angelis
www.doppiozero.com/inarrestabile-marina-cvetaeva
.
130° dalla nascita :
pubblicazione de i
volti dell'amore
raccolta di poesie tradotte per la prima
volta in italiano . traduttrice
marilena rea - roma - ottobre 2022
redazione planet360.info
Amori impossibili, devozione fino al
sacrificio, turbamenti, slanci verso le altezze dell'anima: tutte le
sfumature dell'Amore, racchiuse nei versi di una protagonista assoluta
della letteratura del Novecento. In occasione dei 130 anni dalla nascita
di Marina, questo libro raccoglie, per la prima volta in italiano, i
cicli poetici dedicati a Sof'ja Parnok, Sone?ka, Boris Pasternak, Sergej
?fron e altri uomini passati come comete nella vita tormentata di Marina
Cvetaeva. La traduzione di Marilena Rea, la maggiore esperta della
poetessa russa in Italia, dà finalmente la possibilità di avvicinarsi a
quelle raffinate ghirlande sonore che sono le poesie di Marina.
feltrinelli.it - 2022
.
.
.
L'Accalappiatopi
Il tema nordico del Pifferaio magico è il
pretesto che la grande poeta russa coglie per orchestrare le aspre
dissonanze di una “satira lirica” contro
il filisteismo.
L’accalappiatopi esprime l’antinomia
fondamentale della poetica di Marina Cvetaeva: il conflitto tra
l’Anima-Poesia e il corpo, ovvero il quotidiano, che esige dal poeta la
resa assoluta. Composto negli anni dell’emigrazione fra Praga e Parigi,
L’accalappiatopi è l’ultimo poema di Marina Cvetaeva ispirato a un
motivo del folclore, la leggenda del Pifferaio magico. Ammaliati dal
suono del flauto – seduzione femminile della Musica – i topi sognano di
una rivoluzione mondiale in un’India favolosa. Seguono il Pifferaio
incantati da miraggi d’Oriente. Incalzante il ritmo del Flauto e
dell’intero poema, musica demònica che conduce alla morte non morte nel
regno della libertà. L’originale interpretazione della fiaba vuole che i
topi siano salvati dall’imborghesimento e i bambini di Hameln sottratti
per sempre all’orrore della ripetizione. Il loro esodo verso una terra
promessa, Paradiso della Poesia, Eden e Sesamo, avviene in un tripudio
di azzurro, mitico colore dell’Anima romantica. Il tema nordico del
Pifferaio magico è il pretesto per orchestrare le aspre dissonanze di
una “satira lirica” contro il filisteismo. L’accalappiatopi esprime
l’antinomia fondamentale della poetica di Marina Cvetaeva: il conflitto
tra l’Anima-Poesia e il corpo, ovvero il quotidiano, che esige dal poeta
la resa assoluta. Così avvenne per Majakovskij, così per la Cvetaeva,
suicida ad Elabuga nel 1941, dopo il suo rientro in URSS. Lo scontro si
dinamizza nel tessuto poetico, dispiegato lungo un ampio registro, che
alterna toni alti e bassi, dizione biblica e modi colloquiali o gergali.
ibs.it
.
lettere di marina cvetaeva a rainer maria
rilke
-
https://youtu.be/_m1YBpnd0ac
L’anno finisce con la tua morte ? fine ? inizio ! sei tu a te stesso l’anno
più nuovo. - caro, lo so, tu mi stai leggendo ancora prima che io
scriva -
rainer, ecco, sto piangendo, sei tu che mi sgorghi dagli occhi.
caro, se tu sei morto – vuol dire che non esiste nessuna morte
- o
nessuna vita ! -.
non voglio rileggere le tue lettere, altrimenti mi verrà voglia di
raggiungerti, di venire là – e non oso volerlo: tu sai bene che cosa è
legato a questo “volere”. rainer, ti sento immancabilmente dietro la mia spalla destra.
hai mai pensato a me ? – sì, sì, sì –. domani è l’anno nuovo,
rainer – il 1927 ... come sono infelice ma non devo affliggermi !
stanotte, a mezzanotte, brinderò con te. - tu sai come, colpirò il tuo
bicchiere piano piano ! -
Caro, fai in modo che io ti sogni spesso – anzi, no, non è giusto: vivi
nel mio sogno. adesso hai il diritto di desiderare e di fare.
Io e te non abbiamo mai creduto nel nostro incontro qui sulla terra –
come non abbiamo mai creduto in questa vita, non è vero ? Tu mi hai
preceduto - è stato più bello !
- e per accogliermi bene mi hai prenotato
non una stanza, non una casa, ma un intero paesaggio. ti bacio sulle
labbra ? sulle tempie ? sulla fronte ? naturalmente – sulle labbra,
veramente, come un vivo.
caro, amami più forte e diversamente da tutto. non arrabbiarti – ti devi
abituare a me, a come sono. cosa, ancora ?
non è vero: non sei ancora in alto e lontano, sei proprio qui accanto,
la fronte sulla mia spalla. non sarai mai lontano: l’irraggiungibile non
è mai alto. sei il mio caro
ragazzo adulto. rainer, scrivimi
! - e’ abbastanza
stupida la mia richiesta, vero ? - . ti auguro buon
anno e uno splendido paesaggio celeste !
marina - bellevue 31 dicembre 1926 - 10 di sera
rainer. sei ancora sulla terra. non è ancora passato un giorno intero.
marina - il settimo sogno
.
Che cosa voglio
da Te Rainer
? Nulla.
Tutto.
Che tu mi conceda di
sollevare lo sguardo verso di Te ogni istante della mia vita, come verso
un monte che mi protegge -
un angelo custode di
pietra ! - .
Finchè
non ti conoscevo, potevo farne a meno, ora che ti conosco mi è
necessario un Tuo permesso.
...
Che cose voglio da Te ? E’ quanto
chiedo a tutta la poesia e ad ogni verso poetico: la verità di un di
questo istante. La verità non va oltre. Non diventa
mai legno, incenerisce sempre.
...
Che dire: tutte le mie parole, le mie
parole, tutte, anelano a venire subito da Te, nessuna vuol cedere il
passo all’altra.
...
Rainer ieri sera
sono uscita a ritirare il bucato, stava per piovere. E ho accolto fra le
braccia tutto il vento, anzi, tutto il nord. E aveva il Tuo nome.
(Domani sarà il sud ! ). Non l’ho accolto in casa, se n’è rimasto sulla
soglia. Non è entrato in casa, ma mi ha portato con sé sul mare, appena
mi sono addormentata. E comunque tutto ciò non significa altro se non:
Ti Amo. Marina. 1926
...
Rilke stava morendo di leucemia . dicembre
1926
serenavitale.it - aetnanet.org
LETTERE
CVETAEVA RILKE PASTERNAK .PDF
Sappiate che esistono solo omicidi
Al mondo nessuno si è mai suicidato
Bride of Ice - la casa di ghiaccio
La casa di ghiaccio" è un'immagine della Russia del passato (XVIII e XIX
secolo) e insieme un atto lucido, d'impietoso amore per la terra
divenuta, dopo tanti anni di consuetudine con i suoi massimi scrittori,
seconda patria spirituale dell'autrice. Lasciati sullo sfondo, quasi
comparse, i grandi protagonisti della storia, Serena Vitale ridà vita a
una variegata folla di personaggi apparentemente marginali nelle cui
gesta, l'"anima russa" si rivela con l'evidenza dell'incubo o della
follia. Il libro è basato su documenti e rigorose ricerche storiche, a
dimostrare i misteriosi e complessi rapporti tra verità dei fatti e
finzione romanzesca.
ibs
Alla piccola ombra
Uno straordinario rapporto, umano non meno che letterario,
in una stagione crudele del Novecento russo: è quanto questo libro
riesce a ricostruire, gettando una luce abbagliante sul laboratorio
poetico e sulla storia disperata e commovente di una delle più grandi
poetesse del XX secolo, Marina Cvetaeva. Nel punto d'osservazione è
rappresentato dal legame, fortissimo e complesso,
con la figlia Ariadna, grafica e pittrice. Dalle poesie di
Marina, dalle pagine di un diario e infine dalle addolorate lettere alla
figlia, prigioniera politica nei campi di lavoro,
emergono la forza e il coraggio di una donna che seppe illuminare con
potenza visionaria la tragedia di un'epoca, prima di abbandonarsi alla
morte volontaria nel 1941. A fare da controcanto alle parole altissime
di Marina, quelle della figlia, consegnate alle pagine memoriali sulla
madre e alle lettere su di lei scambiate con Pasternak. Il risultato è
un intreccio irripetibile di sentimenti, passioni, verità che, così
ricomposto, ci appare come una delle più potenti
pagine letterarie e testimoniali del Novecento.
lafeltrinelli.it
Tu sarai innocente e leggera
Incantevole - a tutti estranea
!
Un’ amazzone impetuosa
Una padrona - ammaliatrice
.
E le tue trecce probabilmente
Tu le porterai come un elmo
Tu sarai la regina del ballo
E di tutti i giovani poemi .
E molti trafiggerà,
regina
La tua lama d'ironia
E tutto ciò - che io sogno solo
Tu l’avrai ai tuoi piedi
.
Tutto ti sarà dovuto
Tutti in soggezione - davanti a te .
Tu - come me di certo -
Anche meglio scriverai versi
...
Ma ti stringerai
- chissà -
Le tempie mortalmente ?
Ecco, come ora le stringe
La tua giovane madre
.
5
giugno 1914
|
non so dove sei tu e dove sono io .
le stesse canzoni e gli stessi affanni .
cosi amiche noi due !
cosi orfane tutt'e due !
e stiamo cosi bene insieme noi due .
senza casa senza sonno
e grezze ...
due uccelli - appena alzate cantiamo .
due pellegrine - il mondo ci nutre .
poesie per la figlia ariadna efron
- alja
pangea.news/pasterak-ariadna-efron-lettere
lettere tra
ariadna e boris pastrnak
|
... La mia mamma è molto strana .
La mia mamma non assomiglia per
niente a una mamma . Le mamme sono sempre contente della loro
prole e specialmente dei bambini, però a Marina non piacciono i
bambini piccoli . I suoi capelli sono rosso chiari, con dei
riccioli dalle parti. Ha gli occhi verdi, il naso con una gobba e le
labbra rosee . È alta, mi piacciono le sue mani . La sua
festa preferita è l’Annunciazione . È triste, svelta, ama le
poesie e la musica . Anche lei scrive poesie . È
paziente, sopporta fino all’estremo . Si arrabbia e ama ...
diario di ariadna efron - a 6 anni di
età - |
Quando le Donne vengono coinvolte
esse realizzano il
miracolo di vincere su ogni cosa
Io
mi
identificherei
unicamente nell'amore
di chi mi avesse scelta
fra tutte le creature
passate presenti future
maschili femminili
creature dell'acqua del fuoco
dell'aria della terra del cielo.
E fra tutte le altre ancora
giacché esistono altri pianeti !
Così sono io.
Se vi do pena
perdonatemi di essere.
le
notti fiorentine
incantesimo
Ti ho versato nel
bicchiere
una manciata di
capelli bruciati
perché tu non mangi,
non canti
non beva, non dorma .
Perché la giovinezza
non ti sia gioia
perché lo zucchero
non ti sia dolce .
Perché tu non te la
intenda
nel buio della notte
con la giovane moglie
.
Come i capelli tuoi
d'oro
sono divenuti cenere
grigia
così gli anni miei
giovani
diventeranno bianco
inverno .
Perché tu diventi
cieco-sordo
perché ti dissecchi
come il muschio
perché ti dilegui
come un sospiro.
3 nov 1918
Amico caro
la mia furia non è di parole
ma non è neanche di atti
sono passioni dell’anima
assolutamente diverse dalle altre.
Nella vita - in una stanza -
io sono tranquilla educata
sfioro appena gli altri con lo sguardo
e con la voce
e non prendo mai per prima una mano.
Con un essere umano
io sono ciò che lui vede
per avermi vera
bisogna vedere la me vera
in me ci sono troppe anime - tutte
.
a volte senza
volerlo induco in errore ...
|
un bianco sole
e basse
basse nubi
lungo gli orti
dietro il muro bianco
un cimitero.
e sulla sabbia file di
spauracchi di paglia
sotto le traverse a statura d'uomo.
e penzolandomi oltre
i paletti dello steccato
vedo strade alberi soldati sbandati
una vecchia contadina
cosparso di sale grosso
mastica e mastica
un tozzo di pane nero...
come hanno potuto incolleriti
queste nere capanne signore !
e perchE a tanti
mitragliare il petto?
passa un treno e ulula e si mettono
a ululare i soldati
e leva polvere
leva polvere la strada che
indietreggia...
no morire ! meglio non essere mai nati
che questo lamentoso penoso
carcerario ululato
per le belle dalle nere ciglia.
ah e pure cantano
adesso i soldati ! oh signore dio mio!
Superficialità !
Caro peccato
Compagna mia e nemica mia carissima!
Tu versasti il sorriso nei miei occhi
E la mazurka in tutte le mie vene.
Da te ho imparato a non tener l’anello
Non m’avrebbe la vita presa in sposa!
A cominciare a caso dalla fine,
E a finire però sempre daccapo.
A essere fuscello, e essere acciaio
In questa vita in cui si può sì poco...
A scioglier la tristezza
con la cioccolata
E a sorridere in viso
a chiunque passa!
3 marzo 1915
russianecho.net
|
Marina Ivanovna Cvetaeva
-
Mosca 26
settembre
- 8
ottobre
(?) - 1892.
A sei anni cominciò a
scrivere poesie. Seguendo la madre, gravemente malata di
tubercolosi, ebbe modo di soggiornare a lungo all'estero
- in Italia nel 1902; in seguito Marina e Asja studiarono
dapprima a Losanna, poi a Friburgo. Dopo la
morte della madre, avvenuta nel 1906, Marina si iscrisse
a un ginnasio di Mosca.
Marina Cvetaeva Dopo la Russia
Poesia del Novecento
A Parigi, nel 1928, veniva pubblicato il libro più
importante di Marina Cvetaeva (1892-1941), Dopo la
Russia, che riuniva le poesie scritte dal 1922 - l'anno
in cui la Cvetaeva lasciò la Russia per raggiungere in
Boemia il marito - al 1925, quando si trasferì a Parigi
con la famiglia.
L'esilio dava nuove ragioni al suo costituzionale
ROMANticismo, al culto del poeta-paria, contemporaneo
solo dell'eterno. Dai grandi ROMANtici mutuava la nozione
di poesia come pratica dell'assoluto, esperienza
dell'indicibile. E, sempre, come negazione: della vita
quotidiana e di tutti i suoi "indizi terrestri", del
tempo e dello spazio - del reale. Scandagliando e
sondando con rigoroso furore la forma dell'assoluto,
Marina Cvetaeva - ignorata dalla sua epoca, ignara della sua epoca, -
raggiunge il cuore segreto del nostro tempo. La sua poesia matura, dove
si fondono ROMANticismo,
avanguardia postsimbolista, folclore e un arcano disegno
neoclassico, scrive un decisivo capitolo della lirica
europea del Novecento.
Il presente volume, esemplarmente curato e tradotto da
Serena Vitale, insieme a un'ampia scelta delle liriche di
Dopo la Russia, raccoglie il Poema della montagna e il
Poema della fine - mirabili racconti in versi sull'amour
impossible, scritti entrambi nel 1924 -, e propone anche
ciò che la Cvetaeva scrisse in poesia negli anni
successivi (Dopo la Russia rimase l'ultima raccolta di
versi pubblicata in vita), ultime scintille di
un'avventura intellettuale tragica e vertiginosa.
mondadori.it
gay.ru
|
amate la poesia ?
se la risposta è no
leggete solo l'indice
marina cvetaeva
La lettura è innanzitutto con-creazione …
Sei stanco della mia cosa
vuol dire che hai letto bene
e hai letto una cosa buona .
La stanchezza del lettore
non è una stanchezza che svuoti ma creativa .
Con-creativa .
Fa onore al lettore e a me .
pag 40 poesie marina
cvetaeva - trad. e cura dipietro a. zveteremich
|
krugosvet.ru
|
There were others who cheated Stalin,
such as the poets Vladimir
Mayakovsky (who shot himself in the heart), Marina
Tsetaeva (who hanged herself) and Sergei Esenin (who
wrote his last poem in the blood of his cut wrists--a
wave of sympathetic suicides swept Russia days after)
wweek.com
ditemi
come va con l'altra ?
Meglio? meno grane ? - Mano ai remi! -
Vana linea costiera s'assottiglia,
scompare la memoria estrema
di me, isola fluttuante
( per cielo, non per mare ... )
Anime, anime: sorelle! Anime :
amiche - mai più amanti!
Come vi va con la creatura
semplice? Senza divinità? E poi?
Voi, sceso dal trono, voi
che avete deposto la regina
come vivete? Non c'è male ?
Non più beghe?
E bevete - quanto, adesso ?
E la cucina ?°
Il dazio della mediocrità immortale
come lo pagate, poveretto?
"Basta con le scenate, con gli eccessi -
cambio casa, vado via!"
Con la qualunque - come state
di che vivete, voi - mio eletto ?
Mangiate - e dopo pranzo un sonnellino ?
- Non lamentarti quando sarai sazio ! ... -
Con il simulacro come state
voi che avete dissacrato
il Sinai? Come vivete con la donna
terrestre? Per la costola vi piace ?
Non vi frusta la fronte la vergogna ?
La briglia di Giove vi dà pace?
E la salute? E i nervi? Senza
problemi? A letto tutto bene ?
L'immortale piaga della coscienza
come la curate, poveretto ?
Come vivete con la merce da mercato ?
Troppo cara la vita? Vi assilla
l'alto prezzo? Dopo i marmi di Carrara
che ve ne fate del tritume
di gesso? ( E' in pezzi
il dio scolpito nell'argilla ... )
Come ci state con la milleunesima
voi - che avete conosciuto Lilith?
Già v'annoia l'ultima trovata
della moda? Sottratto all'incantesimo
dite, come ve la passate
con l'umana senza il sesto senso ?
In coscienza - sei felice?
No? In quel disastro senza dei
come stai, amore? E' dura? Sì ?
Come per me con l'altro ?
cercati meno esigenti amiche
più tenere in fatto di prodigi.
So che Venere è un fatto di mani
artigiano, conosco il mio mestiere
dal silenzio più solenne fino
a sterminare l'anima - tutta
la divina scala -
da: mio respiro!
a: non respirare!
dopo la russia
|
domenica
disgelo
sì, pensiamo
è andata così
in mezzo alla pioggia
per rastrellare
un po’ di emozioni
incapace
di mercanteggiare
smarrito
con un vestito sciupato
probabilmente
camminando
sulla sabbia
a piedi nudi
I versi crescono
come le stelle e come le rose
come la
bellezza - inutile in famiglia .
E, alle
corone e alle apoteosi -
una sola
risposta : ' Di dove questo mi viene ?'
Noi
dormiamo, ed ecco, oltre le lastre di pietra
il celeste
ospite, in quattro petali .
Mondo, cerca
di capire !
Il poeta - nel
sonno - scopre
la legge
della stella e la formula del fiore .
14
agosto 1918
mi
alzo
il vago grigiore
della finestra
il freddo
la polvere della strada
la notte si affila
s’interroga di colpo
mentre si riscaldano
le foglie sui rami
assumono luminosità
tagliente
la voce
la complessione
soldi indizi tracce
la corda tesa vibra
per questo slancio
per quell’altezza
alla base
uno sguardo
verticale
assoluto
|
you're me in the way. i used to
wlak so, without looking up.
stop, passerby! don't refuse to.
i beg and i pray you -- stop!
you'll read, as you lay the glowing
red blossoms on the mound of grass:
marina. and then more slowly:
the dates -- of my birth and death.
yes, there is a grave, but leave it
and hount you i won't, no fear.
i too, you can well believe it,
once laught in the midst of tears.
the blood through my veins coursed freely,
the locks curled around my face.
stop, passerby! can't you feel it?
i too, passerby, once was.
a strawberry. pluck it, eat it!
it's there, near the very ground.
no berries are ever sweeter
then those in a graveyard found.
but only no gloom, no tightly
closed lips, do not brood or fret.
think lightly on me, and lightly
my name, passerby, forget.
the sun's dust-like beams caress you,
your shoulders and head they lave.
please don't let the voice distress you
that cames to you from grave.
|
cammini a me somigliante
gli occhi puntando in basso.
Io li ho abbassati - anche!
Passante, fermati!
Leggi - di ranuncoli
e di papaveri colto un mazzetto
- che io mi chiamavo Marina
e quanti anni avevo.
Non credere che qui sia - una tomba
che io ti apparirò minacciando...
A me stessa troppo piaceva
ridere quando non si può !
E il sangue fluiva alla pelle
e i miei riccioli s'arrotolavano ...
Anch'io esistevo, passante !
Passante, fermati !
Strappa uno stelo selvatico per te
e una bacca - subito dopo.
Niente è più grosso e più dolce
d'una fragola di cimitero.
Solo non stare così tetro
la testa chinata sul petto.
Con leggerezza pensami
con leggerezza dimenticami.
Come t'investe il raggio di sole !
Sei tutto in un polverio dorato ...
E che almeno però non ti turbi
la mia voce di sottoterra.
epitaffio scritto il 3 maggio 1913 a 20 anni
'vedendosi' morta e sepolta
|
ecco ancora una finestra
dove ancora non dormono.
Forse - bevono vino
forse - siedono così.
O semplicemente - le due
mani non staccano.
In ogni casa, amico
c'è una finestra così.
Non candele o lampade
hanno acceso il buio:
ma gli occhi insonni!
Grido di distacchi e d'incontri:
tu, finestra nella notte !
Forse, centinaia di candele
forse, tre candele ...
Non c'è, non c'è per la mia
mente quiete.
Anche nella mia casa
è entrata una cosa come questa.
Prega, amico, per la casa insonne
per la finestra con la luce.
poesie 1979 |
nell'ora che il mio caro fratello
Passò l'ultima meta
(Di sospiri immaginari - Indietro !)
Erano le lacrime - più grandi degli occhi.
Nell'ora che il mio caro amico
Doppiava l'ultimo promontorio
(Di sospiri immaginari: - Ritorna !)
Erano i movimenti - più grandi delle braccia !
Le braccia vogliono scappare - dalle spalle !
Le labbra vogliono inseguire - scongiurare !
Ha disperso i suoni il discorso
Ha disperso le dita una falange
Nell'ora che l'ospite caro ...
- Guardaci, o Signore ! -
Erano le lacrime - più grandi degli occhi
Degli uomini - e delle stelle
Atlantiche ... |
amore
fuoco ? uragano ? terremoto ?
andiamoci più piano ...
dolore noto come agli occhi
il palmo della mano
e alle labbra
il nome del proprio bambino ...
dopo la russia
...
L’ultra-assurda parola
se-pararsi - Una delle cento ?
Semplicemente
una parola di quattro sillabe
dietro le quali c’è - il vuoto ...
poema della fine
notte
... la luce ti amo perspicace notte.
dammi voce per cantare o progenitrice
delle canzoni nella cui mano
è la briglia dei quattro venti.
chiamando te glorificandoti sono soltanto
una conchiglia dove ancora
non s’è taciuto l’oceano.
notte! ho gia scrutato a sazietà
nelle pupille umane.
inceneriscimi nero sole – notte !
|
non aveva paura di niente
stava ritto in piedi e gridava
e più forte gridava
più lo ascoltavano le
masse
più le masse l’ascoltavano
più forte gridava
a
majakovskij :
Con il suo passo veloce
è arrivato lontano
molto lontano
dal nostro tempo, e da qualche parte
dietro qualche
angolo, gli toccherà aspettarci
ancora a lungo
-MC
A Majakovskij
Più alto
delle croci e dei tubi Battezzato nel fuoco e nel fumo
Arcangelo dal passo pesante - Salve
nei secoli, Vladimir !
Egli cocchiere e cavallo Egli capriccio e ragione . Sospirò,
sputò sul palmo : -
Resisti, gloria da tiro !
Cantore di prodigi di piazza - Salve, superbo e sporco Che la
pesante pietra hai scelto Sdegnando il diamante .
Salve, rombo di selci !
Ha sbadigliato
si è
vantato - e di nuovo Rema con le stanghe - l’ala D’un
arcangelo da tiro .
18 settembre 1921
|
La testa ad altro
– diverso e mai trovato come un tesoro -
decapitavo passo dopo passo
tutto il giardino.
Farà lo stesso la morte
distratta
sui bordi di un campo d’estate
staccherà la mia testa
sul suo cammino.
5-6 settembre 1936
tutti i poeti sono ebrei
cioè ogni poeta è fuori luogo
in viaggio
non appartenenza
erranza
tutti i poeti sono in
esilio
.
poema della fine
|
indizi
Come spostando pietre
geme ogni giuntura !
Riconosco l’amore dal dolore
lungo tutto il corpo.
Come un immenso campo
aperto alle bufere.
Riconosco l’amore dal lontano
di chi mi è accanto.
Come se mi avessero scavato
dentro fino al midollo.
Riconosco l’amore dal pianto delle vene
lungo tutto il corpo.
Vandalo in un’aureola di vento !
Riconosco l’amore dallo strappo
delle più fedeli corde vocali
ruggine, crudo sale
nella strettoia della gola.
Riconosco l’amore dal boato
- dal trillo beato -
lungo tutto il corpo !
23
marzo 1923
|
.
LA PRINCIPESSA GUERRIERA
. Leggete Zar-fanciulla !
Dov’è il senso della storia ? In lei, la Guerriera, e
in lui, lo Zarevič, ma anche nella tragedia del mancarsi :
l’amore è un passarsi accanto … Il mio Zarevič non sa amare
nessuno, lui ama solo la gusla .
-Marina Cvetaeva
- dopo 100 anni dalla stesura viene pubblicata la prima traduzione
italiana.
Una Vergine guerriera possente come il sole, uno Zarevič inetto e
perseguitato dalla sua Matrigna, un vecchio Zar ubriacone: i personaggi
della tradizionale fiaba russa Zar-fanciulla acquistano una nuova vita
nei versi di uno dei più grandi poeti russi del Novecento. Marina
Cvetaeva compone questo poema nei difficili anni della guerra civile,
poco prima di partire per l’esilio, riuscendo con la sua tipica potenza
immaginifica a fondere la cultura popolare e folcloristica di una Russia
che stava per scomparire con le storie di personaggi biblici, ovidiani,
shakespeariani. L’opera esprime nella maniera più compiuta il geniale
talento di Cvetaeva nel creare complesse tramature di temi e di stili.
marilena rea - sandrotetieditore.it - 2020
eastjournal.net
-
laltroveappuntidipoesia.com
- 2021
...
Oh tu, mio Zar, Zar-fanciulla
Zar-Incendio, Zar-Tempesta !
Con te le parole non valgono nulla
pace non dai a questa vecchia .
Guardo la criniera dei tuoi ricci
guardo la fiamma dei tuoi occhi
non mi sembri
nutrita dal mio latte
ma dal sangue di leonessa selvaggia !
...
|
Giovani e vecchi, non giudicate !
Questa fiamma da un corpo
a un altro deve passare
o rischiamo di andare a fuoco .
Lo zigano ha le stelle
il tiranno - le guerre
il nobile - l’onore
noi donne - la passione .
Sangue che ulula come
lupo Sangue che
infuria come drago
Sangue che un dolce incarnato
da baciare - ci fa desiderare !
|
.
Ogni manoscritto è
indifeso E
io sono tutta un manoscritto
da lettera ad arsenij tarkovskij 1940
.
LA PAROLA - IL MIO SERVO PIU' FEDELE
8 OTTOBRE
welcome cvetaeva
links
https://youtu.be/JySJWvQwZBM - tentativo di
gelosia - monologo di milva
www.poetryloverspage.com/tsvetaeva/tsvetaeva
poesie
http://it.wikipedia.org/wiki/Marina_Ivanovna_Cvetaeva
www.odysseo.it/la-poetessa-russa-marina-cvetaeva
http://biografieonline.it/biografia
www.pulplibri.it/marina-cvetaeva-la-principessa-guerriera
www.peoples.ru/art/poetry/contemporary/tsvetaeva
www.pangea.news/mur-figlio-cvetaeva
www.pangea.news/marina-cvetaeva
www.pangea.news/cvetaeva principessa guerriera
www.pangea.news/tarkovskij-ritratto-amore-cvetaeva
www.doppiozero.com/cvetaeva-diario-dellammutolire
www.corriere.it/cvetaeva-poesia-come-furia-d-una-donna-non-perbene
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